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Danneggiamento: dolo e prove documentali in appello

La Corte di Cassazione conferma la condanna per danneggiamento, chiarendo la distinzione tra prova documentale (video) e prova dichiarativa. La sentenza stabilisce che un gesto di stizza integra il dolo generico richiesto dalla norma e che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere richiesta nei giudizi di merito e non per la prima volta in Cassazione.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danneggiamento: Quando Rabbia e Prove Video Portano alla Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul reato di danneggiamento, affrontando questioni cruciali come la natura delle prove video e la sufficienza del dolo generico. Il caso riguardava un imputato condannato in appello per aver danneggiato, con un pugno, la cassetta di un estintore in un istituto penitenziario. Questa pronuncia è un’occasione per approfondire i confini tra prova documentale, prova dichiarativa e l’irrilevanza degli stati emotivi ai fini della configurabilità del reato.

I Fatti del Caso

Un uomo, detenuto presso un istituto penitenziario, veniva assolto in primo grado dall’accusa di danneggiamento. Tuttavia, la Corte di Appello, in accoglimento del ricorso del Pubblico Ministero, riformava la sentenza e lo condannava. La decisione dei giudici di secondo grado si basava esclusivamente sulla visione di un filmato registrato dalle telecamere di sicurezza, che riprendeva chiaramente l’imputato colpire con un pugno la cassetta di un estintore, danneggiandola. L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

I Motivi del Ricorso e le Questioni Giuridiche

La difesa ha articolato il ricorso su quattro punti principali:

1. Violazione delle norme sulla rinnovazione dell’istruttoria: Si sosteneva che la condanna fosse basata su una fonte dichiarativa (la relazione di un agente di polizia penitenziaria) in contrasto con le immagini video, rendendo necessaria una nuova testimonianza dell’agente in appello.
2. Mancata rinnovazione mediante nuova visione del filmato: La difesa lamentava che il filmato non fosse stato visionato nuovamente in contraddittorio durante il processo d’appello.
3. Insussistenza del dolo: Si affermava che il gesto fosse stato un atto di stizza inconsulto, provocato da un severo intervento della polizia penitenziaria, e non un’azione mossa dalla volontà di danneggiare un bene dell’Amministrazione.
4. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si contestava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., in considerazione delle scuse presentate e della proposta di risarcimento.

L’Analisi della Corte sul Danneggiamento e le Prove

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi. L’analisi dei giudici si è concentrata su tre aspetti fondamentali del diritto penale e processuale.

Prova Dichiarativa vs. Prova Documentale

La Corte ha chiarito che l’obbligo di rinnovare l’istruttoria in appello, previsto dall’art. 603, comma 3-bis, c.p.p., riguarda esclusivamente le ‘prove dichiarative’ (come testimonianze o interrogatori). Un filmato di videosorveglianza, invece, costituisce una ‘prova documentale’, in quanto rappresenta direttamente un fatto. Di conseguenza, il giudice d’appello può fondare la propria decisione sulla base di un video senza dover procedere a una nuova escussione di testimoni, anche in caso di ribaltamento di una sentenza di assoluzione.

Il Dolo nel Reato di Danneggiamento

Sul punto dell’elemento soggettivo, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per il reato di danneggiamento è sufficiente il ‘dolo generico’. Ciò significa che basta la coscienza e la volontà di compiere l’azione che causa il danno, senza che sia necessario un fine specifico. Stati emotivi come la rabbia, la stizza o il risentimento non escludono il dolo, ma possono al massimo rappresentare i moventi dell’azione delittuosa, irrilevanti ai fini della configurabilità del reato, salvo che non integrino una vera e propria infermità mentale.

La Particolare Tenuità del Fatto: Una Richiesta Tardiva

Infine, riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha evidenziato una mancanza processuale da parte della difesa. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non era stata avanzata nel giudizio di appello. Secondo un principio affermato dalle Sezioni Unite, l’imputato non può lamentare in Cassazione la mancata concessione di un beneficio se non ne ha fatto specifica richiesta nel corso del giudizio di merito. Nonostante ciò, la Corte ha notato che i giudici d’appello avevano implicitamente valutato l’offensività del fatto, considerando anche l’abitualità dei comportamenti aggressivi dell’imputato, elemento che di per sé osta all’applicazione di tale beneficio.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e generico. Le censure non si confrontavano adeguatamente con le motivazioni della sentenza impugnata, che aveva ricostruito l’intera vicenda basandosi unicamente sull’interpretazione diretta del filmato. La volontarietà del gesto (un pugno contro la cassetta) emergeva in modo inequivocabile dalle immagini, rendendo corretta la qualificazione giuridica in termini di dolo generico. La distinzione tra prova documentale e dichiarativa ha reso infondata la richiesta di rinnovazione istruttoria, mentre la questione sulla particolare tenuità del fatto è stata preclusa dalla sua mancata richiesta in appello.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi cardine in materia di danneggiamento e prova nel processo penale. In primo luogo, consolida la natura di prova documentale dei filmati di videosorveglianza, con importanti conseguenze sulla dinamica del processo di appello. In secondo luogo, ribadisce che un impulso emotivo come la rabbia non è sufficiente a escludere la volontarietà del gesto e, quindi, il dolo richiesto per questo reato. Infine, sottolinea l’onere per la difesa di formulare tempestivamente, nei giudizi di merito, le richieste relative a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto, pena l’inammissibilità della doglianza in sede di legittimità.

Un filmato di videosorveglianza è una ‘prova dichiarativa’ che obbliga a sentire nuovamente i testimoni in appello?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che un filmato è una prova documentale, non dichiarativa. Pertanto, il giudice d’appello può riformare una sentenza di assoluzione basandosi sulla sua visione senza essere obbligato a rinnovare l’istruttoria sentendo nuovamente i testimoni, come invece previsto per le prove dichiarative.

Uno stato di rabbia o un gesto di stizza possono escludere la colpevolezza per il reato di danneggiamento?
No. Per il reato di danneggiamento è sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la coscienza e la volontà di compiere l’azione dannosa. Stati emotivi come rabbia o stizza non escludono l’elemento psicologico del reato, ma ne costituiscono al più il movente, che è irrilevante ai fini della sussistenza del dolo.

È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione l’applicazione della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
No. La Corte ha stabilito che l’imputato ha l’onere di richiedere l’applicazione di questo beneficio nel corso del giudizio di merito (primo grado o appello). Se la richiesta non viene formulata in tali sedi, la questione non può essere sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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