Danneggiamento di Beni Sequestrati: Smontare l’Auto in Custodia è Reato
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla responsabilità del custode di beni sottoposti a sequestro. La Corte interviene per definire i contorni del reato di danneggiamento di beni sequestrati, stabilendo che lo smontaggio di parti strutturali di un veicolo affidato in custodia integra pienamente tale delitto. Questa pronuncia ribadisce la severità con cui l’ordinamento tutela i beni vincolati da provvedimenti giudiziari.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto, nominato custode di un’autovettura sequestrata, che era stato condannato per aver smontato diverse parti del veicolo. L’imputato ha tentato di difendersi sostenendo due argomenti principali: in primo luogo, ha affermato di aver agito in buona fede, non ritenendo che la sua condotta costituisse reato; in secondo luogo, ha addotto l’impossibilità di restituire le parti asportate a causa del suo stato di detenzione. La Corte d’Appello aveva già respinto tali argomentazioni, confermando la sua responsabilità penale.
La Decisione della Cassazione e il Danneggiamento di Beni Sequestrati
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando i motivi presentati come manifestamente infondati. I giudici hanno chiarito senza mezzi termini che la condotta posta in essere, ovvero lo ‘smontaggio di parti dell’autovettura di cui si aveva la custodia’, costituisce di per sé la fattispecie di reato prevista dall’art. 334 del codice penale. Tale norma punisce chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a sequestro. Secondo la Corte, l’azione di smontare le parti strutturali di un veicolo rientra a pieno titolo nel concetto di ‘deterioramento’.
Le Motivazioni
La Corte ha fondato la propria decisione su due pilastri argomentativi solidi e chiari.
In primo luogo, ha operato una distinzione cruciale: il caso in esame non riguardava l’asportazione di oggetti riposti all’interno del veicolo, un’ipotesi per cui certa giurisprudenza in passato aveva escluso il reato. Al contrario, l’imputato aveva asportato parti strutturali dell’auto, un’azione che ne compromette l’integrità e il valore, configurando un vero e proprio deterioramento del bene sequestrato.
In secondo luogo, la Suprema Corte ha demolito la tesi della buona fede. I giudici hanno sottolineato che l’ignoranza della legge penale non può essere invocata come scusante, secondo il principio consolidato sancito dall’art. 5 del codice penale (‘ignorantia legis non excusat’). La presunta buona fede dell’imputato si risolve, quindi, in un irrilevante errore di diritto, che non esclude la sua colpevolezza. La condotta era oggettivamente illecita e l’imputato, in qualità di custode, aveva il dovere di conoscere gli obblighi legali connessi al suo ruolo.
Le Conclusioni
Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative. Essa funge da monito per chiunque assuma il ruolo di custode di un bene sequestrato: gli obblighi non si limitano a una mera conservazione passiva, ma impongono un dovere attivo di astenersi da qualsiasi atto che possa danneggiare, deteriorare o diminuire il valore del bene. La decisione rafforza la tutela dei beni vincolati dalla giustizia, assicurando che mantengano la loro integrità fino alla conclusione del procedimento. Infine, viene ribadito un principio cardine del nostro ordinamento penale: la responsabilità personale non può essere elusa adducendo la non conoscenza delle norme, specialmente quando si assumono specifici doveri legali.
Smontare le parti di un’auto sequestrata di cui si è custodi costituisce reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che lo smontaggio di parti strutturali di un’autovettura in custodia integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 334 del codice penale, in quanto costituisce un’azione che deteriora la cosa.
È possibile invocare la buona fede o l’ignoranza della legge per giustificare il danneggiamento di un bene in custodia?
No, la Corte ha chiarito che la presunta buona fede si risolve in un errore sulla legge penale, che secondo l’art. 5 del codice penale non scusa. L’ignoranza della legge penale non è una giustificazione valida.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato manifestamente infondato?
Quando un ricorso è ritenuto manifestamente infondato, viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44638 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44638 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALMI il 18/10/1960
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME Giuseppe
OSSERVA
Ritenuto che i motivi di ricorso con cui si censura l’integrazione del reato ex art. 334 co pen. in ragione della sola asportazione di parti di auto – che si assume fossero a disposizion ma si fosse impossibilitati a restituire perché detenuto – e la dedotta buona fede son manifestamente infondati, tenuto conto che la condotta posta in essere (smontaggio di parti dell’autovettura di cui si aveva la custodia), integra ex se la fattispecie di reato che punisce chi deteriora la cosa in custodia, avendo correttamente la Corte territoriale smentito che nel cas di specie operasse quella giurisprudenza che escludeva l’integrazione del reato in ipotesi d asportazione di quanto riposto all’interno del mezzo, evenienza non corrispondente a quella sottoposta al vaglio di merito che, invero, prevedeva l’asportazione di parti struttu dell’auto;
rilevato che giuridicamente corretta risulta la parte della decisione che ha escluso, in casi, la sussistenza della buona fede, evidentemente risolvendosi in un errore sulla legge penale ex art. 5 cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/10/2024