Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39603 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39603 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2024
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 1637/2024
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 03/10/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 22785/2024
NOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 03/01/1981
avverso la sentenza del 31/01/2024 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso;
udito, per la parte civile Ministero della Cultura – Soprintendenza Beni Archeologici di Pompei, il rappresentante dellÕAvvocatura generale dello Stato che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o che venga comunque rigettato con condanna del ricorrente alle spese, come da memoria e conclusioni scritte depositate in udienza unitamente alla nota spese;
udito, per il ricorrente, lÕAvv. COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso chiedendone lÕaccoglimento.
1.NOME COGNOME ricorre per lÕannullamento della sentenza del 31 gennaio 2024 della Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza del 20 settembre 2021 del Tribunale di Torre Annunziata, pronunciata allÕesito di giudizio ordinario e da lui impugnata, ha dichiarato non doversi procedere per i reati di cui agli artt. 349 e 733 cod. pen. e 175 d.lgs. n. 42 del 2004 perchŽ estinti per prescrizione e, qualificati i reati di cui ai capi 1 e 6 ai sensi dellÕart. 518 undecies cod. pen., ha rideterminato la pena nella misura di due anni e sei mesi di reclusione, ha revocato la pena accessoria dellÕinterdizione dai pubblici uffici, ha confermato nel resto la sentenza impugnata.
1.1.Con il primo motivo deduce lÕerronea qualificazione dei fatti di cui allÕabrogato art. 176 d.lgs. n. 42 del 2004 ai sensi dellÕart. 518 undecies cod. pen., non essendovi continuitˆ normativa tra le due fattispecie. Ne consegue, afferma, che tale ultima norma non solo non è applicabile ma non pu˜ essere nemmeno oggetto di prova, nŽ suscettibile di applicazione retroattiva.
1.2.Con il secondo motivo deduce la inutilizzabilitˆ dei risultati delle indagini preliminari protrattesi oltre il termine di sei mesi dalla data di iscrizione della notizia di reato senza che il Gip avesse concesso la proroga, peraltro nemmeno richiesta.
2.Con memoria trasmessa telematicamente il 17 settembre 2024, il Ministero della Cultura – Soprintendenza Beni Archeologici di Pompei, costituito parte civile rappresentata dallÕAvvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o sia comunque rigettato.
1.Il ricorso è inammissibile.
2.I residui capi 1 e 6 della rubrica imputano al ricorrente il delitto di danneggiamento di siti archeologici rubricato ai sensi dellÕart. 635, comma secondo, n. 3 cod. pen.
2.1.AllÕepoca della consumazione dei reati (dal 2014 al mese di agosto dellÕanno 2017) la norma cos’ recitava:
Ç 1 . Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309.
2 . La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso: Én. 3) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o
all’esercizio di un culto o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici ovvero su immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati, o su altre delle cose indicate nel numero 7 dell’articolo 625È .
2.2.Per effetto di successive modifiche normative la circostanza aggravante è stata trasformata in reato autonomo, previsto e sanzionato dal numero 1, secondo comma, dello stesso art. 635.
2.3.In particolare, per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016, la pena della reclusione prevista dal primo comma dellÕart. 635 è stata aumentata da sei mesi a tre anni, stessa pena precedentemente prevista per le circostanze aggravanti, laddove queste ultime sono state trasformate, a loro volta, in reato autonomamente punito dal secondo comma con la medesima pena (nel senso che sussiste continuitˆ normativa tra la nuova disposizione e le previgenti fattispecie aggravate di cui allÕart. 635 cod. pen., in quanto dette aggravanti, pur essendo ora elementi costitutivi del reato, rientrano nel modello legale del tipo di illecito con riferimento sia alla precedente che all’attuale formulazione normativa, Sez. 2, n. 37417 del 12/11/2020, COGNOME, Rv. 280464 01; Sez. 2, n. 28360 del 26/05/2017, COGNOME, Rv. 271002 – 01; Sez. 3, n. 15460 del 10/02/2016, Ingegneri, Rv. 267824 – 01; Sez. 2, n. 10208 del 16/02/2024, COGNOME, non mass. sul punto; Sez. 2, n. 21775 del 23/02/2022, COGNOME non mass. sul punto; Sez. 2, n. 42401 del 17/06/2021, COGNOME, non mass. sul punto).
2.4.La norma è rimasta invariata, per la parte di interesse, fino allÕentrata in vigore della legge 9 marzo 2022, n. 22;
2.5.LÕart. 1, comma 1, lett. b), legge 9 marzo 2022, n. 22, recante ÇDisposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturaleÈ ed entrata in vigore il 23 marzo 2022, ha aggiunto, nel libro II del codice penale, il Titolo VIII-bis: ÒDei delitti contro il patrimonio culturaleÓ e gli articoli, in esso contenuti, dal 518bis al 518undevicies , attribuendo al patrimonio culturale una autonoma oggettivitˆ giuridica.
2.6.In particolare, lÕart. 518duodecies (Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici) punisce con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000 chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui; il secondo comma punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000 chiunque, fuori dei casi di cui al primo comma, deturpa o imbratta beni culturali o paesaggistici propri o altrui, ovvero destina beni culturali a un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico ovvero
pregiudizievole per la loro conservazione o integritˆ (lÕart. 2, legge n. 6 del 2024, ha modificato il precetto inserendo le parole: Òove previstoÓ prima di Ònon fruibiliÓ).
2.7.LÕart. 5, comma 1, legge n. 22 del 2022 ha contestualmente soppresso le parole: Ço cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicateÈ contenute nellÕart. 635, comma secondo, n. 1), cod. pen.
2.8.Il ricorrente ne trae argomento per sostenere lÕabrogazione del reato a lui contestato e il divieto di applicazione retroattiva del nuovo art. 518duodecies cod. pen.
2.9.Il rilievo è manifestamente infondato.
2.10.Per un primo profilo, la condotta contestata al ricorrente integrava, fino al 6 febbraio 2016, lÕipotesi aggravata (per lÕoggetto) del reato di cui allÕart. 635 cod. pen., sicchŽ lÕeliminazione delle parole: Ço cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicateÈ, avrebbe semmai reso punibile la condotta ai sensi del primo comma della fattispecie incriminatrice, non lÕavrebbe di certo resa penalmente irrilevante.
2.11.Sotto altro, ma ben più pregnante profilo, è evidente che la fattispecie di nuovo conio non ha affatto modificato il precetto (semmai lÕha ampliato, come si vedrˆ) pur aggravando la pena.
2.12.Ed invero, i fatti di danneggiamento ai danni di beni di interesse storico o artistico consumati dopo il 6 febbraio 2016, costituivano giˆ ipotesi autonoma di reato (in continuitˆ normativa con la precedente ipotesi aggravata) sicchŽ il loro ricollocamento nel titolo VIII-bis del Libro II del codice penale non ha prodotto alcuna discontinuitˆ del medesimo precetto penale che è stato solo estrapolato dalla precedente norma e spostato nellÕambito dei delitti contro il patrimonio culturale, costituendone specifica modalitˆ di aggressione.
2.13.LÕunico elemento di novitˆ introdotto dallÕart. 518duodecies , primo comma, cod. pen., è costituito dalla incriminazione della condotta (estranea al testo dellÕart. 635 cod. pen.) del rendere non fruibili i beni culturali, propri o altrui; nel resto, la fattispecie incriminatrice è in tutto e per tutto sovrapponibile alle condotte tipizzate dal reato di cui allÕart. 635, secondo comma, cod. pen. sicchŽ tra le due fattispecie intercorre un rapporto di specialitˆ per aggiunta perchŽ il reato di cui allÕart. 518undecies cod. pen. è speciale per lÕoggetto (i beni culturali) rispetto al reato di cui allÕart. 635 comma primo cod. pen., allo stesso modo, del resto, con cui la precedente fattispecie aggravata della norma si poneva in rapporto di specialitˆ (e continuitˆ) con la fattispecie base.
2.14.SicchŽ, in caso di abrogazione dellÕart. 518duodecies cod. pen., le relative condotte sarebbero comunque punibili ai sensi dellÕart. 635, comma primo, cod. pen., salva – come detto – lÕipotesi del rendere non fruibili i beni culturali che costituisce una assoluta novitˆ.
2.15.Vi è dunque perfetta continuitˆ normativa tra la fattispecie di reato aggravata di cui allÕart. 635, cpv., n. 1) cod. pen., relativamente alle cose di interesse storico o artistico, il successivo reato autonomo di cui al secondo comma del medesimo art. 635 cod. pen., e la fattispecie di reato di cui allÕart. 518duodecies cod. pen., fatta salva lÕipotesi del rendere inservibili i beni culturali che costituisce, come detto, ipotesi del tutto nuova.
2.16.Si tratta di una ipotesi peculiare di abrogatio sine abolitione perchŽ, in realtˆ, il delitto di danneggiamento di beni culturali non è stato abrogato bens’ ricollocato altrove nellÕambito del medesimo corpo normativo, sicchŽ quel che rileva, ai sensi dellÕart. 2, quarto comma, cod. pen., è solo il trattamento sanzionatorio.
2.17.La pena per il reato di danneggiamento aggravato di cose di interesse storico o artistico era punito, allÕepoca dei fatti, con la reclusione da sei mesi a tre anni; il delitto di cui allÕart. 518duodecies cod. pen. è punito con la pena della reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000.
2.18.La Corte di appello ha applicato, per detto reato, la medesima pena di due anni e sei mesi di reclusione e della multa di 800 euro di multa determinata in primo grado nellÕambito della forbice edittale prevista per il delitto di cui allÕart. 635, secondo comma, cod. pen.
2.19.Di qui la assoluta infondatezza del primo motivo.
3.Il secondo motivo è inammissibile per genericitˆ.
3.1.Sostiene il ricorrente: a) il 3 marzo 2017 era stata iscritta la notizia di reato a suo carico; b) il 19 luglio 2017 lÕiscrizione era stata aggiornata con lÕaggiunta del reato di ricettazione di cui allÕart. 648 cod. pen.; c) il 6 febbraio 2018 il Pubblico ministero aveva chiesto la proroga del termine per le indagini preliminari specificando, a domanda del Gip, che la richiesta riguardava il solo delitto di ricettazione, essendo i termini giˆ scaduti per gli altri reati.
3.2.La Corte di appello afferma, al contrario, che la richiesta di proroga riguardava tutti i reati per i quali era stato iscritto il ricorrente, essendo irrilevante lÕassoluzione dal reato di ricettazione.
3.3.Il ricorrente se ne duole deducendo il sostanziale travisamento del provvedimento del Gip che, per˜, in violazione dellÕonere di autosufficienza del ricorso non allega, trattandosi di atto non inserito nel fascicolo del dibattimento.
3.4.In ogni caso, quando il ricorso per cassazione lamenta l’inutilizzabilitˆ di un elemento di prova a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilitˆ per aspecificitˆ, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a
giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 30271 dellÕ11/05/2017, COGNOME, Rv. 270303 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218 – 01; Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262011 – 01; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 259452 – 01).
3.5.Dalla lettura della sentenza di primo grado risulta lÕutilizzazione, in senso accusatorio, di numerose prove documentali e dichiarative molte delle quali (in particolare le prove documentali) acquisite ben prima della scadenza del termine semestrale decorrente dal 3 marzo 2017 (che scadeva il 2 ottobre di quello stesso anno tenuto conto del periodo di sospensione feriale dei termini); quanto alle prove dichiarative, la sanzione della inutilizzabilitˆ sterilizza la possibilitˆ di utilizzare, sia ai fini della loro lettura che ai fini delle contestazioni, i verbali delle dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari, non giˆ la prova formata nel dibattimento, nel contraddittorio tra le parti.
3.6.Il ricorrente si sottrae allÕonere di vincere la prova di resistenza, rendendo le proprie doglianze del tutto generiche sul punto.
4.Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
Alla declaratoria di inammissibilitˆ segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute nella presente fase di giudizio dalla parte civile liquidate come da dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3.686, oltre accessori di legge.
Cos’ deciso in Roma, il 03/10/2024.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME