Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7291 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 7291 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Vittoria (RG) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2023 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza in accoglimento del primo motivo di ricorso, e per l’inammissibilità dei restanti motivi;
lette le richieste del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Attraverso il proprio difensore, NOME COGNOME impugna la sentenza della Corte di appello di Catania del 21 febbraio 2023, che ne ha confermato la condanna per i delitti di resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato inflittagli dal Tribunale di Ragusa, per aver minacciato il funzionario delegato dal giudice delle esecuzioni immobiliari del medesimo
Tribunale e danneggiato l’autovettura dello stesso, così impedendogli d’immettersi nel possesso di un immobile di proprietà di sua moglie.
Due sono i motivi del suo ricorso.
2.1. Il primo consiste nella violazione di legge e nel vizio della motivazione con cui è stata negata la continuazione tra tali reati e quelli di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali commessi il 4 aprile 2019, per i quali egli ha già riportato condanna irrevocabile con sentenza del Tribunale di Ragusa dell’Il gennaio 2019.
La Corte d’appello ha escluso l’identità del disegno criminoso in ragione dell’intervallo temporale tra i due episodi, superiore ai due anni (quello oggetto del presente giudizio risale, infatti, al 10 febbraio 2017). Essa ha però trascurato – obietta il ricorso – la sostanziale coincidenza dei titoli di reato, l’identità del luogo di commissione di tutte quelle condotte e, soprattutto, l’identico dato di contesto delle stesse: ovvero la pendenza della procedura esecutiva immobiliare avviata in danno dell’imputato, protrattasi per tutti quegli anni e rispetto alla quale quegli, sin dall’episodio del 2017, si era espressamente dichiarato “disposto a tutto” pur di ostacolarla; né – si aggiunge – la sentenza indica alcun elemento da cui poter desumere l’estemporaneità della condotta successiva.
2.2. Il secondo motivo denuncia i medesimi vizi della decisione, nella parte relativa alla sussistenza ed alla procedibilità del delitto di danneggiamento.
Quanto al primo aspetto, lamenta l’assenza di motivazione in risposta all’obiezione difensiva della natura semplicemente colposa di quei danni, poiché derivati da un mero errore di manovra, causato dalla concitazione del momento.
In ogni caso, si sostiene che il reato sarebbe improcedibile per difetto di querela, dovendosi escludere l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7), cod. pen., in quanto il fatto sarebbe stato commesso alla presenza del titolare dell’oggetto danneggiato.
Ha depositato requisitoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, concludendo per l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente al diniego della continuazione con i reati di cui alla precedente condanna, e per l’inammissibilità dei restanti motivi.
Ha depositato argomentate conclusioni scritte la difesa ricorrente, insistendo particolarmente sull’improcedibilità del danneggiamento e chiedendo di accogliere il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, in tema di diniego della continuazione tra le condotte del febbraio 2017 e dell’aprile 2019, non è fondato.
1.1. Il riconoscimento della continuazione deve necessariamente passare attraverso la rigorosa, approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori – quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita – del fatto che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici di cui sopra, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea, di contingenze occasionali, di complicità imprevedibili, ovvero di bisogni e necessità di ordine contingente, o ancora della tendenza a porre in essere reati della stessa specie o indole, in virtù di una scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni (così, in motivazione, Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
1.2. Se è vero, dunque, che il semplice iato temporale teoricamente non è di per sé sufficiente ad escludere che i reati siano espressione di un medesimo disegno criminoso, tuttavia, quando esso – come nel caso in rassegna – sia particolarmente consistente, occorrono indici sintomatici particolarmente concludenti nel senso di una preventiva deliberazione complessiva di tutte le condotte, essendo se non altro improbabile, secondo l’ordinario atteggiarsi dell’agire umano, una programmazione di comportamenti per un periodo di tempo così ampio.
In questo senso deve interpretarsi lo stringato riferimento al «notevole lasso di tempo», in cui consiste la motivazione resa sul punto dalla sentenza impugnata, che può perciò reputarsi sufficiente.
Di contro, l’avversa deduzione difensiva si risolve nell’allegazione dell’analoga tipologia di condotte delittuose, della collocazione delle stesse all’interno di una più ampia vicenda personale critica e di una generica identità dello scopo attraverso di esse perseguito dall’imputato.
Si tratta, però, ad avviso del Collegio, di circostanze non decisive per vincere la forza dimostrativa, in senso contrario, del fattore cronologico e per rendere manifestamente illogica, in conseguenza, la motivazione della Corte d’appello. Esse, infatti, non consentono ragionevolmente di escludere che la risoluzione criminosa dell’imputato sia comunque maturata solamente al verificarsi di quelle situazioni contingenti, da lui non preventivate, verificatesi esclusivamente per opera di terzi e che, pertanto, non possono plausibilmente essere ritenute singoli
momenti esecutivi di un “medesimo disegno criminoso”: di un programma criminale, cioè, interamente deliberato in via preventiva e da definire successivamente, al più, soltanto nei dettagli.
Manifestamente infondato è il secondo motivo, nella parte in cui si duole dell’assenza di motivazione sulla dedotta natura colposa del danneggiamento.
Sul punto, invece, la sentenza risponde specificamente ed in modo pertinente e persuasivo, rilevando come l’imputato, alla guida della propria automobile iabbia colpito per ben tre volte quella del funzionario giudiziario: ipotesi, questa, innegabilmente inconciliabile con una sua semplice imperizia o disattenzione.
Ha fondamento, invece, la censura d’improcedibilità del delitto di danneggiamento /per difetto di querela.
La sentenza d’appello non risponde allo specifico motivo di gravame riguardante l’esclusione dell’aggravante dell’art. 635, secondo comma, n. 1), in relazione all’art. 625, primo comma , n. 7), cod. pen..
In verità, né dal capo d’imputazione, né dalla motivazione della sentenza d’appello, è dato comprendere con sicurezza quale delle varie fattispecie previste dal secondo comma dell’art. 635 sia stata, nel concreto, ipotizzata.
Laddove si tratti – come adduce la difesa’ richiamando la sentenza di primo grado – dell’esposizione alla pubblica fede delle cose danneggiate, deve considerarsi che la ratio della maggiore tutela accordata a tali beni va individuata nella minorata possibilità di difesa connessa alla loro particolare situazione, in quanto posti al di fuori dalla sfera di diretta vigilanza del proprietario e, quindi, affidati interamente all’altrui senso di onestà e di rispetto (così Sez. 2, n. 26857 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 270660, che ha escluso tale aggravante in un’ipotesi di forzatura della porta di ingresso di un locale pubblico all’interno del quale era presente il titolare; analogamente, Sez. 2, n. 27050 del 12/04/2023, COGNOME, Rv. 284769, nel caso di danni alla vetrina di un esercizio commerciale, al cui interno si trovava il personale addetto, il quale aveva la diretta percezione di quanto stesse avvenendo all’esterno). è sufficiente rilevare, perciò, che, nello specifico, il danneggiamento è avvenuto alla presenza del titolare dell’automobile, per escludere che tale circostanza aggravante possa essere ravvisata nei fatti oggetto di giudizio.
Esclusa, pertanto, ogni ipotesi aggravata, il delitto è perseguibile a querela della persona offesa, che non risulta presentata.
Ne consegue l’improcedibilità dello stesso, con l’inevitabile annullamento senza rinvio del relativo capo della sentenza.
Il venir meno di tale delitto, ritenuto dalle sentenze di merito in continuazione con quello più grave di resistenza, comporta l’eliminazione del relativo aumento di pena.
Considerato che quest’ultima, per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, era stata fissata dal primo giudice – con statuizione confermata in appello – in otto mesi di reclusione e che, sulla complessiva pena finale, era stata poi apportata la riduzione di un terzo per il rito abbreviato, la pena finale va definitivamente rideterminata in cinque mesi e dieci giorni di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di danneggiamento, per difetto della condizione di procedibilità.
Rigetta nel resto il ricorso e ridetermina lei pena in mesi cinque e giorni dieci di reclusione.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2023.