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Danneggiamento aggravato: quando la condotta è reato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato per il reato di danneggiamento aggravato, consistito nell’aver allagato per anni il terreno del vicino. La Corte ha ritenuto legittima la modifica del capo d’imputazione avvenuta in corso di processo, specificando l’aggravante del danno a piante da frutto, elemento che ha reso il reato penalmente rilevante. È stato inoltre chiarito che il reato ha natura progressiva e non istantanea, con conseguenze sul calcolo della prescrizione. La sentenza ha confermato le statuizioni civili a favore della parte danneggiata.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danneggiamento Aggravato: La Cassazione sul Continuo Allagamento del Fondo Vicino

Il reato di danneggiamento aggravato torna al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione, che offre importanti chiarimenti sulla natura della condotta illecita e su alcuni principi fondamentali del processo penale. La sentenza analizza un caso di continuo allagamento di un terreno agricolo, stabilendo la legittimità della modifica dell’accusa in corso di causa e definendo il reato come progressivo, con rilevanti conseguenze sulla prescrizione. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti: Un Orto Allagato e un Muro Danneggiato

La vicenda giudiziaria trae origine dalla condotta di un soggetto che, per un lungo periodo protrattosi fino all’agosto del 2014, aveva causato l’allagamento di un orto situato nel terreno contiguo di proprietà dei suoi vicini. L’imputato, attraverso lo sversamento continuo di acqua, aveva non solo danneggiato il muro di confine, ma anche reso impraticabile parte del fondo, provocando la formazione di pantani e melma e danneggiando le coltivazioni presenti, tra cui viti e alberi da frutto.

La Corte d’Appello, pur dichiarando la prescrizione del reato, aveva confermato le statuizioni civili, ovvero l’obbligo di risarcire i danni subiti dalle parti civili. L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

Le Doglianze del Ricorrente in Cassazione

La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su diversi motivi, tra cui:
1. Errata qualificazione del reato: Si sosteneva che si trattasse di un danneggiamento semplice, ormai depenalizzato, e che l’aggravante del danno a “piantate di viti e alberi fruttiferi” fosse stata aggiunta illegittimamente dal Pubblico Ministero durante il processo.
2. Violazione della correlazione tra accusa e sentenza: L’imputato lamentava che la condanna si basasse su condotte non specificate nell’accusa originaria, come l’uso di una pompa elettrica e la modifica della pendenza del terreno.
3. Errato calcolo della prescrizione: Secondo la difesa, il reato era da considerarsi istantaneo con effetti permanenti (legato all’apertura dei varchi nel muro) e, pertanto, la prescrizione sarebbe dovuta maturare prima della sentenza di primo grado.

L’Analisi della Corte sul Danneggiamento Aggravato

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, fornendo un’analisi dettagliata. In primo luogo, ha stabilito che la modifica del capo d’imputazione con l’aggiunta dell’aggravante era del tutto legittima. Le prove raccolte durante il dibattimento (dichiarazioni e fotografie) avevano fatto emergere chiaramente il danno alle coltivazioni. Tale modifica, secondo la Corte, non era altro che una specificazione di quanto già indicato nell’accusa originaria, dove si parlava di un terreno “adibito ad orto”. Questa aggravante ha reso il danneggiamento aggravato, e quindi penalmente rilevante e procedibile d’ufficio.

Inoltre, i giudici hanno escluso qualsiasi violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. I dettagli emersi, come l’uso di un tubo o l’accentuazione della pendenza, sono stati considerati semplici chiarimenti sulle modalità di esecuzione del danneggiamento, che non hanno alterato il fatto storico contestato e rispetto ai quali l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si sono concentrate sulla natura della condotta. Il reato non si è consumato istantaneamente con l’apertura dei varchi nel muro, ma ha avuto una natura progressiva e unitaria. Il vero danno penalmente rilevante è stato causato dall’immissione “continua” di acqua, che si è protratta fino all’agosto 2014. È questa condotta prolungata nel tempo a configurare il danneggiamento aggravato. Di conseguenza, il termine di prescrizione è stato correttamente calcolato a partire dalla cessazione della condotta lesiva.

La Corte ha anche sottolineato la piena consapevolezza e volontà (dolo) dell’imputato, il quale ha perseverato nella sua condotta illecita anche dopo aver ricevuto una diffida e non aver ottemperato a un precedente giudicato civile che gli imponeva di ripristinare lo stato dei luoghi. Questo comportamento ha dimostrato un’insistenza nell’attività dannosa che ha rafforzato la valutazione della sua responsabilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce che il capo di imputazione può essere precisato nel corso del dibattimento se le nuove emergenze probatorie non alterano la sostanza del fatto contestato. In secondo luogo, chiarisce la differenza tra reato istantaneo e reato a condotta progressiva, un aspetto cruciale per il calcolo dei termini di prescrizione. Infine, conferma un principio fondamentale: anche quando il reato si estingue per prescrizione, le responsabilità civili e l’obbligo di risarcire il danno alla vittima rimangono validi e possono essere confermati dal giudice penale.

È possibile modificare l’accusa contro un imputato durante il processo?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che la modifica del capo d’imputazione è legittima se le nuove circostanze (in questo caso, l’aggravante del danno alle coltivazioni) emergono dalle prove raccolte durante il dibattimento e costituiscono una specificazione del fatto già contestato, garantendo sempre il diritto di difesa dell’imputato.

Come si calcola la prescrizione per un reato di danneggiamento che si protrae nel tempo?
Per un reato come il danneggiamento causato da uno sversamento continuo di acqua, la condotta non è considerata istantanea ma progressiva e unitaria. Pertanto, il termine di prescrizione non inizia a decorrere dal primo atto (es. l’apertura di un varco), ma dal momento in cui cessa la condotta dannosa, ovvero dall’ultimo episodio di sversamento.

Se il reato viene dichiarato prescritto, la vittima ha ancora diritto al risarcimento del danno?
Sì. La sentenza ha confermato che la dichiarazione di prescrizione del reato non annulla le statuizioni civili. Il giudice penale, pur non potendo più applicare una pena, può confermare l’obbligo dell’imputato di risarcire i danni materiali e morali subiti dalla parte civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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