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Danneggiamento aggravato: quando è di pubblica utilità?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9372/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per danneggiamento aggravato per aver rovinato la porta di un centro parrocchiale. I giudici hanno stabilito che, ai fini dell’aggravante e della procedibilità d’ufficio, ciò che rileva è la destinazione del bene a un servizio di pubblica utilità, essendo irrilevante che la proprietà appartenga a un soggetto privato.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Danneggiamento aggravato: conta la funzione del bene, non la proprietà

Il reato di danneggiamento aggravato torna al centro di un’interessante pronuncia della Corte di Cassazione, che chiarisce un punto fondamentale: per la configurabilità dell’aggravante legata alla pubblica utilità, è decisiva la funzione del bene e non la natura, pubblica o privata, del suo proprietario. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno confermato la condanna per un soggetto che aveva danneggiato la porta di un centro parrocchiale adibito a funzioni di assistenza.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in Corte d’Appello per il reato di danneggiamento. L’atto contestato era l’aver rovinato la porta d’ingresso di un centro appartenente a una parrocchia, un luogo che svolgeva attività di assistenza pubblica. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, contestando principalmente la correttezza della motivazione che aveva portato a considerare il reato perseguibile d’ufficio. Secondo la difesa, mancava il presupposto della destinazione del bene a funzioni di pubblica utilità, elemento che configura l’aggravante prevista dall’articolo 635 del codice penale.

La Questione Giuridica sul Danneggiamento Aggravato

Il cuore della controversia legale verteva sull’interpretazione dell’aggravante di cui all’art. 635, comma 2, n. 1, c.p. Questa norma prevede una pena maggiore se il danneggiamento riguarda ‘cose destinate a pubblica utilità o reverenza’. La difesa sosteneva che, essendo la parrocchia un ente di natura privatistica, il bene danneggiato (la porta) non potesse rientrare in tale categoria. Di conseguenza, il reato avrebbe dovuto essere perseguibile solo a querela della persona offesa e non d’ufficio.

La Decisione della Corte d’Appello

I giudici di secondo grado avevano respinto questa tesi, ritenendo che la funzione di assistenza pubblica svolta dal centro parrocchiale fosse sufficiente a conferire alla porta d’ingresso la qualifica di bene destinato a pubblica utilità, rendendo così il reato procedibile d’ufficio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile, confermando in toto la visione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si è basato su un principio consolidato: ai fini della configurabilità del danneggiamento aggravato, l’elemento cruciale è la destinazione funzionale del bene all’esercizio di un pubblico servizio.

I giudici hanno specificato che la ‘connotazione pubblicistica’ dell’attività a cui il bene è destinato prevale sulla natura giuridica del proprietario. In altre parole, è del tutto ininfluente che il proprietario sia un soggetto di natura privatistica, come una parrocchia, o che operi in regime di appalto o concessione. Ciò che conta è che il bene serva a una funzione di interesse per la collettività.

Nel caso specifico, il centro parrocchiale svolgeva funzioni di assistenza pubblica, un servizio di chiara utilità sociale. Pertanto, la sua porta d’ingresso è stata correttamente considerata una pertinenza di un luogo di culto destinato a pubblica utilità. La Corte ha inoltre sottolineato che l’aggravante era stata correttamente contestata fin dall’inizio, mettendo la difesa nelle piene condizioni di esercitare i propri diritti.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio di diritto di notevole importanza pratica. La tutela penale rafforzata prevista per il danneggiamento aggravato non si limita ai beni di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici, ma si estende a tutti quei beni che, indipendentemente dalla titolarità, sono al servizio della comunità. Questa interpretazione garantisce una protezione più ampia a tutte quelle strutture, anche private, che svolgono un ruolo fondamentale per il benessere collettivo, come centri di assistenza, volontariato o altre attività di rilevanza sociale. La decisione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha reso definitiva la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando il danneggiamento di un bene di proprietà privata è considerato aggravato per la destinazione a pubblica utilità?
Il reato è considerato aggravato quando il bene, a prescindere da chi ne sia il proprietario, è destinato all’esercizio di un pubblico servizio o a funzioni di pubblica utilità. Come nel caso esaminato, la porta di un centro parrocchiale che svolge assistenza pubblica rientra in questa categoria.

La natura privata dell’ente proprietario del bene danneggiato esclude l’aggravante della pubblica utilità?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la natura privatistica del soggetto proprietario è ininfluente. Ciò che è determinante per configurare l’aggravante è la connotazione pubblicistica dell’attività a cui il bene è destinato.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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