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Custodia colposa: quando il custode è responsabile

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per custodia colposa di un ciclomotore sequestrato. La sua negligenza, consistita nel trasferirsi senza comunicarlo e nel non denunciare la sparizione, è stata ritenuta causa dell’agevolazione della sottrazione da parte di terzi, integrando il reato di cui all’art. 335 c.p. Inadeguati i motivi su attenuanti e tenuità del fatto.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Colposa: La Responsabilità del Custode per Beni Sequestrati

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ribadisce i confini della responsabilità penale per custodia colposa di beni sottoposti a sequestro. Il caso riguarda un individuo condannato per aver negligentemente permesso la dispersione di un ciclomotore affidatogli in custodia. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui doveri del custode e sulle conseguenze legali della loro violazione, anche quando la sottrazione materiale del bene è opera di terzi.

I Fatti di Causa

Il procedimento nasce dalla condanna di un soggetto per il reato di cui all’art. 335 del codice penale. L’imputato era stato nominato custode di un ciclomotore sottoposto a sequestro amministrativo. Successivamente, il veicolo era sparito dal luogo di custodia, che coincideva con la vecchia residenza dell’imputato, un luogo accessibile a terzi.

La Corte di Appello di Palermo aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo l’imputato responsabile. La difesa aveva quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che non vi fosse prova della sua condotta colposa e che la sparizione del mezzo potesse essere attribuita a terzi estranei, data la facile accessibilità del luogo.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi principali:

1. Violazione di legge sulla responsabilità: Si contestava la mancanza di prove che la condotta colposa dell’imputato avesse causato direttamente la dispersione del ciclomotore, data la possibilità che estranei avessero avuto accesso al luogo.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si chiedeva una riduzione della pena in virtù della presunta minima capacità a delinquere e della scarsa offensività del fatto, trattandosi di un veicolo vecchio e sequestrato da tempo.
3. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si sosteneva che il reato dovesse essere considerato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p., per la tenuità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’offesa.

Le Motivazioni della Cassazione sulla custodia colposa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo motivazioni precise. In primo luogo, ha chiarito che il reato di custodia colposa previsto dall’art. 335 c.p. si configura in due ipotesi: quando il custode cagiona direttamente la dispersione del bene, oppure quando, con la propria condotta negligente, agevola la sottrazione o la soppressione avvenuta ad opera di terzi.

Nel caso specifico, la colpa dell’imputato è stata individuata non tanto nell’impossibilità di prevenire un furto, quanto in due omissioni decisive:

* Aver trasferito la propria residenza senza comunicare la circostanza alle autorità competenti.
* Non aver denunciato prontamente la sparizione del ciclomotore.

Questi comportamenti, secondo la Corte, hanno oggettivamente agevolato la sottrazione del bene, rendendo vana ogni successiva ricerca. La mera circostanza che il luogo fosse accessibile a terzi non esclude la colpa, ma, al contrario, avrebbe dovuto imporre al custode un dovere di diligenza ancora maggiore.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte li ha ritenuti generici e aspecifici, in quanto non contestavano efficacemente la valutazione già operata dalla Corte di Appello. In particolare, riguardo all’art. 131-bis c.p., i giudici hanno sottolineato come il ricorrente non avesse considerato la motivazione della sentenza di primo grado, che aveva escluso tale beneficio ravvisando un concreto pericolo di recidiva, elemento ostativo all’applicazione della norma.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di custodia di beni sequestrati: i doveri del custode non si esauriscono nella mera conservazione passiva del bene. Egli è tenuto a un comportamento attivo e diligente, che include la comunicazione di ogni circostanza rilevante alle autorità (come un cambio di residenza) e la pronta denuncia di eventuali sottrazioni o dispersioni. La negligenza in questi obblighi integra pienamente il reato di custodia colposa, anche se l’autore materiale della sottrazione è un terzo. Questa decisione serve da monito sulla serietà dell’incarico di custode e sulle precise responsabilità penali che ne derivano.

Quando il custode di un bene sequestrato è penalmente responsabile se il bene viene rubato da terzi?
Il custode è responsabile per il reato di custodia colposa (art. 335 c.p.) quando la sua condotta negligente ha agevolato la sottrazione del bene da parte di terzi. Nel caso specifico, trasferirsi in un’altra residenza senza comunicarlo alle autorità e non denunciare prontamente la sparizione del bene sono state considerate condotte colpose sufficienti.

È sufficiente, per escludere la colpa del custode, affermare che il luogo di custodia era accessibile ad altre persone?
No. Secondo la sentenza, la mera possibilità di accesso da parte di terzi non esime il custode dalle sue responsabilità. Anzi, proprio questa circostanza avrebbe dovuto indurlo a una maggiore diligenza e, in caso di sparizione, a denunciare immediatamente il fatto alle autorità.

Perché la Corte non ha applicato la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso inammissibile perché non si confrontava con la motivazione della sentenza di primo grado, la quale aveva già escluso l’applicazione di tale norma ravvisando un ‘concreto’ pericolo di recidiva da parte dell’imputato, un elemento che osta alla concessione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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