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Custodia cautelare ultrasettantenni: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per associazione mafiosa, confermando la custodia cautelare in carcere nonostante l’età superiore ai 70 anni. La decisione si basa sulla sussistenza di eccezionali esigenze cautelari e sulla perdurante pericolosità sociale, superando il divieto generale per la custodia cautelare ultrasettantenni.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare Ultrasettantenni: Quando l’Età Non Ferma il Carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna a pronunciarsi su un tema delicato: i limiti e le eccezioni alla custodia cautelare ultrasettantenni. La decisione offre un’importante chiave di lettura sull’applicazione delle misure restrittive nei confronti di soggetti di età avanzata, specialmente quando sono coinvolti in reati di associazione mafiosa. Questo provvedimento chiarisce come la pericolosità sociale, se ritenuta attuale e di eccezionale rilevanza, possa prevalere sulla regola generale che vieta la detenzione in carcere per chi ha superato i 70 anni.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo, condannato in primo grado con rito abbreviato a otto anni e cinque mesi di reclusione per reati gravissimi, tra cui associazione di tipo mafioso (con la dote di “vangelo”), usura, estorsioni e interposizione fittizia. Sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, l’imputato, avendo superato i 70 anni, presentava istanza per la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari presso la consorte, con l’applicazione del braccialetto elettronico.

Il Tribunale del Riesame di Torino, confermando la decisione del Giudice per le Indagini Preliminari, rigettava la richiesta. La difesa decideva quindi di ricorrere per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte del Tribunale.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla custodia cautelare ultrasettantenni

Il ricorrente basava le sue doglianze su diversi punti, incentrati principalmente sulla presunta violazione dell’articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale, che pone un divieto di massima alla custodia cautelare in carcere per gli ultrasettantenni.

Secondo la difesa:
1. Il Tribunale non avrebbe fornito una motivazione “rafforzata” per giustificare la sussistenza di esigenze cautelari eccezionali.
2. La motivazione era illogica perché non considerava fattori favorevoli come il tempo trascorso dai fatti (oltre tre anni), la durata della cautela già sofferta (circa diciotto mesi) e il fatto che la porzione di pena per il reato associativo fosse già stata espiata.
3. Non erano stati valutati gli esiti processuali favorevoli, come l’assoluzione per alcuni capi d’imputazione e il riconoscimento delle attenuanti generiche.
4. In presenza di un divieto di custodia in carcere, la presunzione di adeguatezza si sarebbe dovuta spostare sugli arresti domiciliari, misura idonea data l’età avanzata e l’assenza di elementi concreti di pericolosità attuale.

In sintesi, la difesa sosteneva che il Tribunale si fosse limitato a richiamare la gravità dei reati senza una reale e attuale valutazione della pericolosità del soggetto, rendendo la custodia cautelare ultrasettantenni ingiustificata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, ritenendo la decisione del Tribunale del Riesame corretta sia sotto il profilo logico che giuridico.

La Cassazione ha evidenziato che il Tribunale ha correttamente individuato la sussistenza di esigenze cautelari di “eccezionale rilevanza”, tali da superare il divieto previsto dalla legge. La motivazione del giudice della cautela è stata considerata congrua e logica nell’evidenziare che:

* La condotta associativa è perdurante: Il vincolo mafioso è tendenzialmente stabile e l’obbligo di restare a disposizione del sodalizio non cessa con l’arresto. Pertanto, i contatti criminali devono presumersi attuali e immediatamente destinati a essere ripresi.
* La pericolosità non è diminuita con l’età: I reati satellite sono stati commessi tra il 2018 e il 2021, periodo in cui l’imputato aveva già compiuto 70 anni. Questo dimostra che il suo stato fisico-mentale non è fragile né deteriorato e che l’età non ha rappresentato un freno alla sua capacità criminale.
* L’assenza di dissociazione: Il Tribunale ha correttamente sottolineato che, per superare la presunzione di pericolosità, sarebbe necessaria una manifestazione di presa di distanza dal sodalizio criminale, che nel caso di specie è totalmente mancata.

La Corte ha inoltre ribadito un principio consolidato: la pericolosità intrinseca del reato di associazione mafiosa “impregna” e qualifica anche gli altri titoli cautelari, giustificando un giudizio di pericolosità complessivo più severo.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rafforza un importante principio di diritto: il divieto di custodia cautelare in carcere per gli ultrasettantenni non è assoluto. Può essere derogato in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, che il giudice ha l’obbligo di motivare in modo particolarmente approfondito. Nel contesto dei reati di mafia, la stabilità del vincolo associativo, unita alla commissione di gravi reati anche in età avanzata e all’assenza di segnali di ravvedimento, costituisce un quadro indiziario sufficiente a configurare quelle esigenze eccezionali che rendono la detenzione in carcere l’unica misura adeguata a tutelare la collettività, anche per un soggetto ultrasettantenne.

È possibile disporre la custodia cautelare in carcere per una persona con più di 70 anni?
Sì, è possibile in presenza di “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”. La legge prevede un divieto generale, ma questo può essere superato se il giudice fornisce una motivazione rafforzata che giustifichi la misura detentiva in carcere.

Cosa ha considerato la Corte per giustificare la custodia cautelare ultrasettantenni in questo caso specifico?
La Corte ha considerato la perdurante operatività dell’associazione mafiosa, la tendenziale stabilità del vincolo criminale, il rischio concreto di ripresa dei contatti e il fatto che i reati satellite fossero stati commessi quando l’imputato aveva già superato i 70 anni, dimostrando una pericolosità non attenuata dall’età.

L’età avanzata dell’imputato è stata considerata un fattore sufficiente per la concessione degli arresti domiciliari?
No. Nonostante l’età ultrasettantenne, il Tribunale ha ritenuto che lo stato fisico-mentale dell’imputato non fosse fragile o deteriorato e che la sua pericolosità sociale, legata al vincolo mafioso, fosse ancora attuale e prevalente, rendendo inadeguata la misura degli arresti domiciliari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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