Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9345 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9345 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
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avverso l’ordinanza del 09/10/2023 del Tribunale di Cagliari
COGNOME LL:tiil visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria presentata per il ricorrente dall’AVV_NOTAIO, che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 9 ottobre 2023, e depositata in data 18 ottobre 2023, il Tribunale di Cagliari, pronunciando in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano che ha applicato ad D . A. la misura cautelare della custodia in carcere con riferimento al delitto di cui agli articoli 81 e 609 -quinquies cod. pen.
/N
Il Tribunale ha escluso l’esistenza di un giudicato cautelare sui medesimi fatti, rilevando come l’annullamento in sede di riesame di un’ordinanza di custodia cautelare per vizi formali non esclude la riemissione di analogo provvedimento, ed ha inoltre esposto le ragioni per le quali debbono ritenersi sia la sussistenza di eccezionali esigenze cautelari in relazione al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, sia l’indispensabilità dell’applicazione della custodia in carcere.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe D.A. , con atto sottoscritto dall’AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 309, comma 10, cod. proc. pen. e 1, 6, 9, 10, 13, 14 e 17 della CEDU, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla violazione dei termini per il deposito dell’ordinanza del Tribunale del riesame.
Si deduce che l’ordinanza del Tribunale del riesame è inefficace, perché depositata oltre i termini di legge. L’invio degli atti del procedimento alla cancelleria del suddetto organo è infatti avvenuto in data 28 settembre 2023, mentre il deposito del dispositivo finale è avvenuto più di 10 giorni dopo, in data 9 ottobre 2023.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge nonché vizio di motivazione, a norma dell’artt. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla violazione del principio del ne bis in idem cautelare.
Si deduce che l’ordinanza adottata dal G.i.p. del Tribunale di Cagliari costituisce l’esatta reiterazione di un precedente provvedimento cautelare, emesso in relazione ai medesimi fatti, ed annullato dal Tribunale del riesame a causa di mancanza di motivazione. Si rappresenta che il Tribunale, nel disporre l’annullamento della prima ordinanza, era entrato nel merito delle censure, e, quindi, non si era limitato ad una pronuncia su questioni attinenti irregolarità formali. Si conclude, dunque, che, per effetto della precedente pronuncia del Tribunale del riesame, si è formata una preclusione processuale, dalla quale discende la nullità o comunque l’annullabilità dell’ordinanza impugnata.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 274 e 284, cod. proc. pen., 81 e 609-quinquies cod. pen. e 1, 6, 9, 10, 13, 14 e 17 CEDU, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautela ri.
Si deduce che l’ordinanza impugnata ha= posto a fondamento dell’accertamento della sussistenza delle esigenze cautelari le dichiarazioni della
persona offesa, una minore infraquattordicenne, senza procedere ad un corretto vaglio della loro attendibilità e, per questo, inidonee a sostenere tale decisione. Si deduce, inoltre, che il Tribunale non ha motivato in maniera adeguata la richiesta di sottoporre l’indagato alla misura degli arresti domiciliari presso la casa della sorella, come alternativa alla detenzione in carcere.
2.4. Con il quarto motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 275, comma 4, cod. proc. pen, 81 e 609-quinquies cod. pen. e 1, 6, 9, 10, 13, 14 e 17 della CEDU, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata indicazione delle eccezionali ragioni necessarie per giustificare l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere ad un imputato ultrasettantenne.
Si deduce che l’ordinanza impugnata non indica in alcun modo leesistenza di quei motivi eccezionali che, per legge, sono necessari per applicare la misura della custodia cautelare in carcere ad un imputato ultrasettantenne.
3 In data 7 gennaio 2024, l’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, ha depositato un atto con il quale ripropone le censure e le conclusioni formulate nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano la violazione del termine di dieci giorni previsto a pena di inammissibilità dall’art. 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen., deducendo che l’ordinanza è stata depositata oltre dieci giorni dopo la ricezione degli atti da parte del Tribunale.
Occorre rilevare che: a) secondo quanto indicato nel ricorso, la ricezione degli atti risulta avvenuta il 28 settembre 2023, mentre il dispositivo dell’ordinanza impugnata è stato depositato in data 9 ottobre 2023; b) risultano effettivamente decorsi undici giorni, ma 1’8 ottobre 2023, data ultima entro la quale avrebbe dovuto essere depositato il dispositivo per rispettare i termini di cui all’art. 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen., era domenica, ossia un giorno festivo.
Ora, a norma dell’art. 172, comma 3, cod. proc. pen., «1 termine stabilito a giorni, il quale scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo». E in applicazione di questa regola, la giurisprudenza ha più volte ribadito che la scadenza in giorno festivo del termine di dieci giorni previsto per la decisione del tribunale sulla richiesta di riesame delle misure cautelari ne comporta
la proroga di diritto al giorno successivo non festivo (così, in particolare: Sez. 2, n. 17434 del 13/01/2015, Prota, Rv. 263471-01; Sez. 6, n. 1795 del 21/05/1998, COGNOME, Rv. 211252-01; Sez. 2, n. 5699 del 21/10/1997, COGNOME, Rv. 209027-01).
Da quanto indicato, discende che, nella specie, non si è verificata alcuna violazione del termine di dieci giorni previsto a pena di inammissibilità dall’art. 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen.
Manifestamente infondate sono anche le censure formulate nel secondo motivo, che contestano la violazione del divieto di bis in idem, deducendo che l’ordinanza adottata dal G.i.p. del Tribunale di Cagliari costituisce l’esatta reiterazione di un precedente provvedimento cautelare, emesso in relazione ai medesimi fatti, ed annullato dal Tribunale del riesame a causa di mancanza di motivazione.
Costituisce, infatti, principio AVV_NOTAIO quello secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il vincolo del “giudicato cautelare interno” opera solamente nel caso in cui vi sia stata una valutazione sul merito della domanda cautelare del pubblico ministero (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 8695 del 09/01/2018, COGNOME, Rv. 272217-01, e Sez. 2, n. 18131 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 267117-01).
Nella specie, risulta chiaramente indicato nell’ordinanza impugnata che il primo provvedimento coercitivo era stato annullato dal Tribunale del riesame per mancanza di motivazione, da parte del G.i.p., in ordine alle eccezionali esigenze cautelari che, ai sensi dell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., devono essere esplicitate qualora la misura restrittiva sia applicata, come nel caso in esame, nei confronti di soggetto ultrasettantenne.
In altri termini, il precedente annullamento era stato pronunciato esclusivamente per il difetto di un indispensabile requisito dell’ordinanza genetica, e, perciò, per motivi formali, senza che fosse intervenuta alcuna valutazione del merito della domanda cautelare del pubblico ministero.
Ne consegue che nessun giudicato cautelare e nessuna preclusione processuale si sono formati ed è pertanto giuridicamente ammissibile la reiterazione di provvedimento coercitivo di identico contenuto di quello annullato, ferma restano, ovviamente, la necessità di una esternazione delle ragioni di sussistenza delle eccezionali ragioni cautelari richieste dall’art. 275, comma 4, cod. proc. pen. in ragione dell’età del destinatario della misura custodiale.
Prive di specificità, e comunque manifestamente infondate, sono le censure enunciate nel terzo motivo, che contestano l’affermazione di sussistenza delle esigenze cautelari e deì gravi indizi di colpevolezza, deducendo che l’ordinanza
impugnata non ha valutato in modo adeguato l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e non ha validamente motivato sulla richiesta di applicazione degli arresti domiciliari a casa della sorella dell’indagato.
Il Tribunale, infatti, ha motivato correttamente con riguardo ad entrambi i profili oggetto delle censure contenute nel motivo.
Precisamente, quanto al quadro indiziario, l’ordinanza impugnata rappresenta che la minore, vittima di abusi sessuali da parte dell’imputato, oggetto di altro procedimento, e per questo ricoverata in una casa-famiglia, ha raccontato alla psicologa di aver visto con l’indagato filmati pornografici, dei quali ha descritto particolari precisi e dettagliati, di aver subito in quelle occasioni gli abusi sessuali oggetto dell’altro procedimento, e di aver visto due pistole mostrategli dall’uomo. Aggiunge che la perquisizione nell’abitazione dell’attuale ricorrente ha dato piena conferma del racconto della persona offesa, perché ha consentito di rinvenire due pistole scacciacani, nonché filmati pornografici del tipo descritto dalla minore e ben 33.000 immagini pornografiche sul telefono cellulare in uso all’uomo. Osserva, inoltre, che l’indagato si è limitato a negare gli addebiti e ad affermare che i filmati pornografici rinvenuti e corrispondenti alle descrizioni della vittima erano di proprietà del fratello, e che questo dato è irrilevante atteso il rinvenimento delle 33.000 immagini pornografiche nel suo telefono cellulare.
Quanto alle esigenze cautelari, poi, l’ordinanza impugnata ha valorizzato la negativa personalità dell’indagato e la sua vicinanza con la persona offesa e la famiglia della stessa. Ha quindi precisato che è del tutto inidonea a fronteggiare il pericolo di recidiva la misura degli arresti domiciliari nella casa della sorella, posto che questa è nel luogo in cui sarebbero stati commessi alcuni fatti ed è sita nelle immediate vicinanze alla residenza della famiglia della persona offesa.
Prive di specificità, infine, sono le censure proposte con il quarto motivo, che contestano la mancata indicazione, nell’ordinanza impugnata, delle eccezionali ragioni necessarie per giustificare l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere ad un imputato ultrasettantenne.
L’ordinanza impugnata, infatti, ritiene la sussistenza, nel caso di specie, delle eccezionali esigenze cautelari, in ragione della gravità delle condotte, commesse in danno di minore di età per gran parte inferiore ai dieci anni, della negativa personalità dell’indagato, detenuto per i reati violenza sessuale in danno della medesima vittima, e dei rapporti dello stesso con la famiglia della persona offesa.
A fronte della esposizione delle indicate ragioni da parte dell’ordinanza impugnata, il ricorso denuncia l’assenza di motivazione in ordine alle eccezionali ragioni richieste dall’art. 275, comma 4, cod. proc. pen. mediante un mero rinvio
ai precedenti tre motivi e senza effettuare alcuna precisazione delle ragioni di diritto o degli elementi di fatto posti a fondamento di questa censura.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003.
Così deciso in data 19/01/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente