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Custodia cautelare stupefacenti: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare per reati legati agli stupefacenti. Il ricorso è stato giudicato generico perché non ha adeguatamente contestato né i gravi indizi di colpevolezza né, soprattutto, la presunzione legale di adeguatezza della detenzione in carcere per il reato di associazione finalizzata al traffico di droga, come previsto dall’art. 275 c.p.p.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare Stupefacenti: Quando un Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito i criteri di ammissibilità dei ricorsi in materia di custodia cautelare stupefacenti. Il caso analizzato offre spunti cruciali su come deve essere strutturato un ricorso per non essere dichiarato generico, specialmente quando si contesta un’ordinanza basata su presunzioni legali. La pronuncia sottolinea l’importanza di un confronto puntuale con le motivazioni del provvedimento impugnato, pena l’inammissibilità del ricorso stesso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame di Catania, che confermava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona indiziata per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 74 del D.P.R. 309/1990. Secondo l’accusa, l’indagata aveva un ruolo attivo nell’organizzazione, occupandosi della ricezione, del confezionamento e dell’introduzione di droga in carcere, oltre che della riscossione dei proventi e della tenuta della contabilità. La difesa proponeva ricorso per cassazione, contestando sia la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia la necessità delle esigenze cautelari.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte

Nel suo ricorso, la difesa sosteneva che il Tribunale del riesame avesse omesso di valutare adeguatamente la gravità degli indizi a carico dell’indagata. Inoltre, contestava la sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato, evidenziando la presenza di una sola precedente condanna e l’assenza di elementi specifici che potessero fondare tale rischio. La Corte di Cassazione ha rigettato completamente queste argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile per la sua manifesta genericità e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni: La Genericità del Ricorso sulla Custodia Cautelare Stupefacenti

La Corte Suprema ha basato la sua decisione di inammissibilità su due pilastri fondamentali, entrambi legati alla genericità e alla mancata pertinenza delle doglianze difensive rispetto alle motivazioni del provvedimento impugnato.

Sulla Carenza di Contestazione dei Gravi Indizi

In primo luogo, i giudici di legittimità hanno osservato come la critica relativa alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza fosse infondata. Il Tribunale del riesame, infatti, aveva dedicato un’analisi articolata e approfondita alle risultanze investigative, delineando con precisione il ruolo e le attività attribuite all’indagata. Il ricorso, al contrario, si limitava a una contestazione generica senza confrontarsi specificamente con gli elementi probatori valorizzati dal giudice del riesame. Questo modo di procedere rende il motivo di ricorso astratto e, di conseguenza, inammissibile.

Il Punto Nodale: L’Omessa Contestazione della Duplice Presunzione

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede però nella parte relativa alle esigenze cautelari. La difesa aveva omesso di confrontarsi con l’argomento decisivo utilizzato dal Tribunale: l’applicabilità della cosiddetta duplice presunzione prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, per reati di particolare allarme sociale come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, si presume non solo la sussistenza di un elevato rischio di reiterazione del reato, ma anche che la custodia cautelare in carcere sia l’unica misura adeguata a fronteggiare tale pericolo. La difesa, ignorando completamente questo profilo giuridico centrale nella decisione del riesame, ha reso il proprio ricorso privo di pertinenza e incapace di scalfire la logica giuridica del provvedimento impugnato. La mancata contestazione di questa presunzione legale ha reso il ricorso, anche sotto questo aspetto, del tutto generico.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Corte di Cassazione offre un importante monito: un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico e pertinente. Non è sufficiente una generica negazione degli addebiti o delle esigenze cautelari. È necessario, invece, un confronto puntuale e critico con ogni singolo argomento giuridico e fattuale posto a fondamento della decisione impugnata. In particolare, quando la legge prevede delle presunzioni, come nel caso della custodia cautelare stupefacenti per reati associativi, è onere della difesa fornire elementi concreti per superarle. Omettere di affrontare il nucleo argomentativo della decisione avversaria equivale a presentare un’impugnazione sterile, destinata a essere dichiarata inammissibile con tutte le conseguenze di legge.

Perché il ricorso contro la custodia cautelare è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico, in quanto non si è confrontato in modo specifico né con l’articolata analisi dei gravi indizi di colpevolezza fatta dal Tribunale, né con l’argomento giuridico dirimente della ‘duplice presunzione’ legale.

Cosa significa la ‘duplice presunzione’ menzionata nella sentenza?
È una presunzione legale prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. per reati di particolare gravità, come l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Secondo tale presunzione, si ritengono esistenti sia le esigenze cautelari (rischio di reiterazione del reato) sia l’esclusiva idoneità della custodia in carcere come misura, salvo che l’indagato fornisca prova contraria.

La Corte ha rivalutato nel merito la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza?
No, la Corte di Cassazione non ha rivalutato il merito. Ha dichiarato il ricorso inammissibile sul punto, rilevando che la difesa aveva mosso una critica generica senza confrontarsi con la dettagliata analisi delle risultanze investigative già svolta dal Tribunale del riesame, che aveva chiarito il ruolo specifico dell’indagata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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