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Custodia cautelare stupefacenti: la decisione della Corte

Un soggetto ricorre contro la custodia cautelare per stupefacenti, sostenendo la debolezza degli indizi e l’ipotesi dell’uso personale. La Cassazione respinge il ricorso, confermando la solidità del quadro probatorio basato su intercettazioni e la correttezza della misura carceraria, data l’ingente quantità di droga e il concreto pericolo di reiterazione del reato, ritenendo irrilevante il tempo trascorso.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare Stupefacenti: Quando è Legittima? L’Analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27689/2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i presupposti per l’applicazione della custodia cautelare per stupefacenti. La decisione offre importanti chiarimenti sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, sulla distinzione tra spaccio e uso personale e sulla concretezza del pericolo di recidiva, anche a distanza di tempo dai fatti contestati. Analizziamo insieme i passaggi fondamentali di questa pronuncia.

I Fatti del Caso: Accuse di Traffico di Stupefacenti

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava la misura della custodia in carcere per un individuo accusato di plurimi episodi di acquisto di ingenti quantitativi di cocaina. Secondo l’accusa, l’indagato si era reso cessionario, in diverse occasioni, di centinaia di grammi di sostanza stupefacente a fronte del pagamento di migliaia di euro, con la chiara finalità di rivendere la droga a terzi. Le indagini si basavano principalmente su intercettazioni telefoniche e ambientali, integrate da servizi di osservazione della polizia giudiziaria.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione articolando diverse censure:
1. Mancanza di autonoma valutazione: Si lamentava che i giudici di merito si fossero limitati a un ‘copia-incolla’ della richiesta del Pubblico Ministero, senza un’analisi critica e indipendente degli elementi a carico.
2. Debolezza degli indizi: Le conversazioni intercettate venivano definite generiche, congetturali e non idonee a fondare un giudizio di gravità indiziaria. La difesa proponeva inoltre spiegazioni alternative per gli incontri documentati dagli inquirenti.
3. Errata qualificazione del fatto: Si sosteneva che la condotta dovesse essere ricondotta all’uso personale di stupefacenti (art. 75 T.U. Stup.) e non allo spaccio (art. 73), poiché la quantità e il prezzo non sono elementi univoci e non erano stati rinvenuti né droga né strumenti per il confezionamento.
4. Carenza delle esigenze cautelari: Infine, si contestava l’attualità del pericolo di recidiva, dato il notevole lasso di tempo trascorso dai fatti e un precedente provvedimento che attestava la cessata pericolosità sociale dell’indagato.

L’Analisi della Corte sulla Custodia Cautelare per Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati. In primo luogo, ha escluso il vizio del ‘copia-incolla’, evidenziando come il giudice avesse indicato puntualmente le parti della sua ordinanza in cui svolgeva una valutazione autonoma e specifica per ogni capo di imputazione.

Sul punto cruciale della gravità indiziaria, la Corte ha affermato che il compendio investigativo, composto da intercettazioni chiare e riscontri fattuali, era solido e sufficiente a sostenere l’accusa. Le argomentazioni difensive sono state giudicate inidonee a smontare un quadro probatorio robusto, dal quale emergeva chiaramente il ruolo dell’indagato come destinatario finale della cocaina destinata al mercato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha affrontato con particolare attenzione la distinzione tra uso personale e spaccio. Ha ribadito un principio consolidato: l’acquisto, in un arco temporale di pochi mesi, di un quantitativo eccezionalmente elevato di droga (oltre 900 grammi di cocaina) a fronte di esborsi economici rilevanti è un elemento più che sufficiente per concludere, in fase cautelare, che la destinazione della sostanza sia lo spaccio. Questa valutazione rende palesemente infondata la richiesta di derubricazione a uso personale.

Infine, per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Cassazione ha chiarito che l’attualità del pericolo di reiterazione del reato non dipende solo dalla recentezza dei fatti. Deve essere valutata alla luce della gravità delle condotte, della loro sistematicità e dell’inserimento dell’indagato in un contesto criminale professionale. La ricaduta in reati così gravi, dopo una precedente condanna, dimostra una ‘sicura pervicacia criminale’ che rende concreto e attuale il rischio di recidiva. Per questo, la custodia cautelare per stupefacenti in carcere è stata ritenuta l’unica misura idonea a interrompere i contatti con fornitori e acquirenti, neutralizzando il pericolo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi cardine in materia di misure cautelari per reati di droga. Sottolinea come un quadro indiziario solido, basato su intercettazioni e riscontri, possa legittimare la custodia in carcere anche senza il sequestro materiale della sostanza. Inoltre, chiarisce che l’enorme quantità di droga acquistata è un fattore decisivo per presumere la finalità di spaccio e che la valutazione del pericolo di recidiva deve tenere conto della personalità complessiva dell’indagato e della sua persistenza nel commettere reati.

Quali elementi giustificano la custodia cautelare per stupefacenti anche in assenza di un sequestro di droga?
La sentenza chiarisce che un solido quadro indiziario, basato su intercettazioni telefoniche e ambientali chiare e riscontrate da servizi di osservazione, è sufficiente. Anche se la droga non viene fisicamente sequestrata, la discussione inequivocabile su quantità, qualità e prezzi, unita ai contatti documentati tra i soggetti coinvolti, può costituire gravi indizi di colpevolezza.

Come si distingue l’acquisto per spaccio dall’uso personale in fase cautelare?
La Corte sottolinea che l’acquisto di quantitativi ingenti di sostanza stupefacente (in questo caso, oltre 900 grammi di cocaina in sei mesi) e il pagamento di somme rilevanti sono elementi sufficienti a motivare la destinazione allo spaccio, escludendo l’ipotesi dell’uso personale, anche in assenza di ritrovamento di strumenti per il confezionamento o la vendita.

Il tempo trascorso dal commesso reato può rendere illegittima una misura cautelare?
No, non automaticamente. La Corte spiega che il giudizio sull’attualità del pericolo di reiterazione non si basa solo sulla vicinanza temporale dei fatti, ma anche sulla gravità delle condotte, sulla loro ripetitività e sull’inserimento dell’indagato in un contesto criminale professionale. La ‘ricaduta nel reato’ dopo una precedente condanna può dimostrare una ‘pervicacia criminale’ che mantiene attuale il pericolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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