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Custodia cautelare: sì anche se già detenuto

La Corte di Cassazione ha confermato l’applicazione della custodia cautelare in carcere per un indagato per rapina, nonostante fosse già detenuto per altra causa. La decisione si fonda sull’elevata pericolosità sociale del soggetto e sul concreto rischio di reiterazione del reato, elementi che rendono la misura necessaria. La Corte ha ritenuto irrilevante lo stato di detenzione preesistente e ha validato l’identificazione dell’autore basata sulla testimonianza della vittima, corroborata da segni distintivi come tatuaggi.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Legittima Anche se l’Indagato è Già Detenuto?

La recente sentenza n. 18439/2024 della Corte di Cassazione affronta un’interessante questione di procedura penale: è possibile applicare una nuova misura di custodia cautelare a un soggetto che si trova già detenuto per un’altra causa? La risposta degli Ermellini è affermativa e si basa su una valutazione concreta della pericolosità sociale e del rischio di recidiva, confermando un principio fondamentale del nostro ordinamento: ogni procedimento penale ha una sua autonomia, anche in fase cautelare.

I Fatti del Caso: La Rapina e l’Ordinanza del Riesame

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma che, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha disposto la custodia in carcere per un uomo indagato per il reato di rapina (art. 628 c.p.). Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura. L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’insussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza sia delle esigenze cautelari. In particolare, la difesa sosteneva che la misura fosse superflua, dato che l’indagato si trovava già ristretto in carcere per un altro motivo, e contestava la scelta della misura più afflittiva.

La Decisione della Cassazione e la Validità della Custodia Cautelare

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e respinti dal Tribunale del Riesame. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le censure difensive, offrendo importanti chiarimenti su due aspetti cruciali: l’attendibilità degli elementi indiziari e la valutazione delle esigenze cautelari.

L’Identificazione dell’Indagato: Il Valore delle Dichiarazioni della Vittima

Sul fronte dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte ha sottolineato la piena attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. La vittima non solo ha descritto con precisione la condotta violenta subita – un tentativo di strangolamento per vincerne la resistenza – ma ha anche fornito elementi certi per l’individuazione dell’autore. L’identificazione fotografica è stata ritenuta sicura e ulteriormente rafforzata dalla presenza di segni distintivi e altamente individualizzanti, come dei tatuaggi sotto gli occhi dell’indagato. Questo conferma un orientamento consolidato secondo cui la testimonianza della vittima, se credibile e precisa, costituisce un solido fondamento indiziario.

La Preesistenza di un’Altra Misura Cautelare non Esclude il Pericolo

Il cuore della pronuncia risiede nella valutazione delle esigenze cautelari. La difesa sosteneva che, essendo l’indagato già detenuto, non vi fosse un attuale pericolo di reiterazione del reato. La Cassazione ha ribadito un principio giurisprudenziale costante: lo stato di detenzione per altra causa non è di per sé ostativo alla configurabilità di nuove esigenze cautelari. Il giudice deve compiere una valutazione autonoma e concreta del periculum libertatis in relazione al reato specifico per cui si procede. Anche se l’indagato è ristretto, la misura cautelare serve a ‘coprire’ il periodo successivo a un’eventuale, e non prevedibile, scarcerazione per l’altra causa, garantendo così che un soggetto ritenuto socialmente pericoloso non torni in libertà senza vincoli.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando la ‘spiccata pericolosità sociale’ e ‘l’allarmante rischio di recidivanza’ dell’indagato, desunti dai suoi gravi precedenti penali. Questa valutazione negativa ha portato a escludere l’efficacia di misure meno gravose della detenzione in carcere. La scelta della massima misura è stata ulteriormente giustificata dal fatto che l’indagato, in passato, si era già reso protagonista di un’evasione dagli arresti domiciliari. Tale comportamento dimostra una totale inaffidabilità e una propensione a sottrarsi ai controlli, rendendo la custodia cautelare in carcere l’unica misura idonea a fronteggiare il concreto pericolo di reiterazione di gravi delitti contro la persona e il patrimonio.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 18439/2024 rafforza due importanti principi. Primo, la credibilità della vittima, se supportata da riscontri oggettivi come dettagli fisici specifici, è un elemento probatorio di primario valore. Secondo, e più importante, l’applicazione di una misura cautelare deve basarsi su una valutazione autonoma della pericolosità del soggetto in relazione al singolo reato, indipendentemente dal suo attuale stato di detenzione. La giustizia deve poter disporre degli strumenti necessari per prevenire futuri reati, anche quando le contingenze sembrerebbero rendere il pericolo meno immediato. La custodia cautelare si conferma così uno strumento essenziale per la tutela della collettività, la cui applicazione deve essere sempre rigorosamente ancorata a un giudizio concreto e attuale.

È possibile applicare la custodia cautelare a una persona che si trova già in carcere per un’altra causa?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, lo stato di detenzione per altra causa non impedisce di per sé l’applicazione di una nuova misura cautelare. La valutazione delle esigenze cautelari, come il pericolo di reiterazione del reato, deve essere condotta in modo autonomo per il nuovo procedimento, in previsione di una possibile futura scarcerazione.

Quali elementi rendono attendibile l’identificazione di un sospettato da parte della vittima?
L’identificazione è ritenuta attendibile quando la dichiarazione della vittima è credibile, precisa e supportata da elementi oggettivi. Nel caso di specie, la Corte ha valorizzato la presenza di segni fisici altamente individualizzanti, come dei tatuaggi sotto gli occhi, che hanno reso sicura l’individuazione dell’autore del reato.

Perché la Corte ha ritenuto necessaria la misura più grave della custodia cautelare in carcere?
La Corte ha ritenuto la custodia in carcere l’unica misura adeguata a causa della spiccata pericolosità sociale e dell’allarmante rischio di recidiva dell’indagato, comprovati da gravi precedenti penali. Inoltre, una precedente evasione dagli arresti domiciliari ha dimostrato l’inefficacia di misure meno afflittive e la totale inaffidabilità del soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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