Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18439 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18439 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/01/2024 del TRIBUNALE DEL RIESAME di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del PG NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di Tribunale del riesame – in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 19 luglio 2023, che aveva rigettato la richiesta di misura cautelare intramuraria – ha disposto la custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 628 cod. pen.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione, con cui lamenta, sotto il profilo della violazione di legge (in relazione agli artt. 125, comma 3, e 275, commi 1, 2, 2-bis e 3, cod. proc. pen.) e del vizio di motivazione, l’insussistenza delle esigenze
cautelari (essendo il ricorrente già in custodia cautelare per altra causa) e dei gravi indizi di colpevolezza (data l’incertezza della piattaforma investigativa), nonché la scelta della misura di massima gravità.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile alle impugnazioni proposte sino al 15 gennaio 2024, in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Le censure risultano meramente reiterative delle deduzioni già correttamente disattese dal Tribunale del riesame e comunque manifestamente infondate.
1.1. Chiariscono adeguatamente i giudici della cautela – pp. 2-3 – come, dalle dichiarazioni della persona offesa, emergano senza incertezze sia la condotta violenta esercitata per vincere la resistenza della vittima, stringendole il collo con una mano tanto da farle temere uno strangolamento (così confermando la qualificazione dei fatti ex art. 628 cod. pen.), sia la sicura individuazione dell’autore, a seguito di individuazione fotografica ritenuta attendibile in forza dell piena credibilità della dichiarante, a fortiori per la presenza di chiari segni altamente individualizzanti, quali i tatuaggi sotto gli occhi (cfr., Sez. 5, n. 230 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437; Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275548; Sez. 5, Sentenza n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267562).
1.2. Analogamente, è stata disattesa la valutazione di insufficienza delle esigenze cautelari, essendo COGNOME già ristretto senza prospettive di imminente scarcerazione, conformemente all’insegnamento di questa Corte secondo cui lo stato di detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiale non è di per sé solo in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, e in particolare di quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa (Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021, dep. 2022, Abouelseoud, Rv. 282416; Sez. 1, n. 48881 del 02/10/2013, Barranca, Rv. 258066).
La spiccata pericolosità sociale e l’allarmante rischio di recidivanza comprovati dai gravi precedenti fondano un giudizio di sussistenza di un rilevante periculum libertatis e la prognosi affatto negativa in termini di volontaria osservanza di eventuali prescrizioni imposte esclude l’efficacia di misure diverse da quella carceraria, atteso anche il già disposto aggravamento degli arresti domiciliari già applicati, a seguito di evasione.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 4 aprile 2024
Il Consilier estensore