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Custodia Cautelare: sì anche per chi è già in carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3793/2024, ha stabilito che è legittima l’applicazione della custodia cautelare anche nei confronti di un soggetto già detenuto per scontare una lunga pena definitiva. La Corte ha chiarito che la detenzione in atto non esclude automaticamente il ‘periculum libertatis’ (pericolo per la società), specialmente in contesti di criminalità organizzata. La nuova misura cautelare funge da garanzia per evitare che l’imputato possa tornare in libertà qualora il precedente titolo detentivo dovesse estinguersi.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Legittima anche per chi è già Detenuto per Altro Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3793/2024) affronta un quesito giuridico di grande rilevanza pratica: è possibile applicare una misura di custodia cautelare a una persona che si trova già in carcere per scontare una condanna definitiva? La risposta affermativa della Suprema Corte delinea i confini della coesistenza tra un titolo detentivo definitivo e uno cautelare, sottolineando come la pericolosità sociale dell’individuo resti un criterio centrale di valutazione.

I Fatti del Caso: Una Complessa Situazione Giuridica

Il caso riguarda un imputato condannato in appello alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per reati di eccezionale gravità. Al momento della condanna, l’individuo si trovava già in carcere, dovendo scontare una pena complessiva di oltre ventisette anni per altri reati, con una data di fine pena prevista per il 2040. A seguito della condanna all’ergastolo, il Pubblico Ministero aveva richiesto l’applicazione di una nuova misura di custodia cautelare in carcere.

Inizialmente, la Corte di assise di appello aveva respinto la richiesta, ritenendola non necessaria dato lo stato di detenzione già in atto. Tuttavia, il Pubblico Ministero impugnava tale decisione e il Tribunale, in funzione di giudice dell’appello cautelare, accoglieva la richiesta, applicando la misura. Contro quest’ultima ordinanza, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la motivazione fosse solo apparente e non tenesse conto della concreta situazione del detenuto.

Le Argomentazioni della Difesa

La difesa lamentava che il Tribunale avesse ignorato il fatto che l’imputato era già sottoposto a un lungo periodo di detenzione e che, per la natura dei reati, non avrebbe potuto accedere a benefici penitenziari. Secondo i legali, mancava quindi una valutazione concreta e attuale del periculum libertatis (il pericolo di fuga o di reiterazione del reato), rendendo la nuova misura cautelare un atto puramente formale e non sorretto da esigenze reali.

La Decisione della Cassazione sulla custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della difesa, confermando la piena legittimità dell’ordinanza che applicava la custodia cautelare. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: lo stato di detenzione per un’altra causa non è, di per sé, un ostacolo all’applicazione di una nuova misura coercitiva.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nella valutazione del pericolo sociale e nella funzione preventiva della misura cautelare. I giudici hanno spiegato che l’ordinamento penitenziario, pur prevedendo pene lunghe, non esclude in termini assoluti la possibilità che un detenuto possa, per svariate ragioni giuridiche, riacquistare la libertà anche solo per brevi periodi. Un titolo detentivo definitivo, infatti, può sempre andare incontro a cause di estinzione.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto sussistente e attuale il pericolo di recidiva, basandosi su due elementi chiave:

1. La caratura criminale dell’imputato: Si trattava di un soggetto con un ruolo di elevato spessore all’interno della criminalità organizzata, con una persistente vicinanza all’ambiente mafioso di appartenenza.
2. La funzione di garanzia del titolo cautelare: La nuova misura serve proprio a prevenire l’ipotesi che l’estinzione del precedente titolo di detenzione possa consentire all’imputato di tornare in libertà e riallacciare i contatti con il proprio clan, anche solo per un breve periodo. La custodia cautelare, quindi, agisce come una ‘rete di sicurezza’ per la collettività.

La Corte ha concluso che la motivazione del Tribunale non era affatto apparente, ma coerente con la giurisprudenza consolidata e basata su una corretta valutazione delle esigenze cautelari, che non vengono meno solo perché il soggetto è già ristretto.

Conclusioni: L’Importanza del Titolo Cautelare come Garanzia

Questa sentenza riafferma con forza il principio secondo cui la valutazione delle esigenze cautelari deve essere autonoma e svincolata dalla mera esistenza di un altro titolo detentivo. La coesistenza di una misura cautelare e di una pena definitiva è non solo ammissibile, ma necessaria quando la pericolosità del soggetto, desunta dalla gravità dei fatti e dal suo profilo criminale, permane attuale. La decisione sottolinea come il sistema giuridico debba prevedere strumenti efficaci per garantire che individui di elevata pericolosità sociale non possano sfruttare eventuali vuoti normativi o procedurali per tornare a delinquere.

È possibile applicare una misura di custodia cautelare a una persona che sta già scontando una pena detentiva in carcere per un’altra condanna?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di detenzione per altra causa non è di per sé in contrasto con la necessità di una nuova misura cautelare, poiché non esclude in modo assoluto la possibilità che l’individuo possa, in futuro, riacquistare la libertà, anche per brevi periodi.

Perché la Corte ha ritenuto attuale il pericolo di recidiva nonostante l’imputato fosse già in carcere con una lunga pena da scontare?
La Corte ha ritenuto il pericolo attuale e concreto basandosi sulla gravità dei reati, sul ruolo di spessore dell’imputato all’interno della criminalità organizzata e sulla sua persistente vicinanza all’ambiente mafioso. Il titolo cautelare serve a prevenire un suo riavvicinamento al clan nel caso in cui il precedente titolo detentivo venisse meno per qualsiasi motivo.

Qual è lo scopo di un nuovo titolo di custodia cautelare se la persona è già detenuta?
Lo scopo è escludere l’ipotesi che una futura estinzione del titolo detentivo definitivo (per qualsiasi causa prevista dalla legge) possa consentire all’imputato di tornare in libertà. Il nuovo titolo cautelare agisce come un’ulteriore garanzia per la collettività, assicurando che la persona rimanga in stato di detenzione in relazione ai nuovi e gravi reati per cui è stata processata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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