Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3793 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3793 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ISOLA DI CAPO RIZZUTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/03/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME NOME Il PG conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME e l’avvocato COGNOME si riportano al ricorso chiedendone raccoglimento.
da
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 maggio 2022, la Corte di assise di appello di Catanzaro, in accoglimento di gravame proposto dal Pubblico Ministero e in parziale riforma della pronuncia assolutoria emessa in esito al giudizio di primo grado sui capi di imputazione ivi rubricati come “5” e “6”, condannava NOME COGNOME alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per tali capi.
Il Pubblico Ministero chiedeva quindi alla Corte di assise di appello l’applicazione, nei confronti dell’imputato, della misura della custodia cautelare in carcere per i reati evidenziati.
Con ordinanza del 19 luglio 2022, la Corte di assise di appello respingeva la richiesta, rilevando che non era necessaria l’applicazione di un ulteriore provvedimento di contenimento della capacità criminosa dell’imputato, perché egli si trovava già ristretto in carcere, sia perché condanNOME per i reati contestati nel medesimo procedimento ai capi “1” e “2”, sia perché stava espiando la pena complessivamente determinata in ventisette anni, undici mesi e venticinque giorni inflittagli a seguito di un distinto procedimento; inoltre, le informazioni a cura del Questura di Crotone non attestavano la presenza di elementi attuali circa il pericolo di reiterazione criminosa.
Il Pubblico Ministero proponeva appello avverso il provvedimento di rigetto della richiesta cautelare, notando l’irrilevanza, in punto di esigenze cautelari, della esistenza di altro titolo di carcerazione e ritenendo attuali e concreti il pericolo fuga e di commissione di altri reati.
Con ordinanza del 16 marzo 2023, il Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’appello cautelare, annullava l’ordinanza impugnata e, per l’effetto, applicava a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere.
La difesa di COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizio di motivazione del provvedimento impugNOME, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., relativamente alla concretezza e all’attualità del periculum libertatis.
6.1. In particolare, la difesa sostiene che la motivazione dell’ordinanza impugnata è apparente, in quanto, con affermazioni astratte, si tralasciano le valutazioni sul concreto e attuale periculum libertatis. Il Tribunale avrebbe affermato solo in astratto la possibile coesistenza tra titolo cautelare e definitivo evidenziando l’opportunità che l’ordinamento prevede per l’attenuazione del
regime carcerario e il consequenziale rischio di riacquisto della libertà personale, nonché la possibilità di un qualunque titolo detentivo di andare incontro ad una qualsiasi causa che ne possa comportare l’estinzione. Possibilità, queste, che per la difesa non si confrontano con il dato concreto, per cui COGNOME è sottoposto all’esecuzione di una lunga pena detentiva (ventisette anni, undici mesi e venticinque giorni) con scadenza al 30 ottobre 2040, pera che, peraltro, è soggetta alla preclusione delle concessioni di benefici penitenziari, poiché opera l’art. 4-bis O.P.
6.2. La difesa evidenzia che le esigenze cautelari non possono riferirsi al tempo intercorso fra la condotta illecita e la richiesta della misura cautelare, ovvero alla gravità dei fatti contestati, in quanto deve necessariamente tenersi conto di ulteriori elementi capaci di rafforzare o affievolire la presunzione di un perículum IThertatis, come previsto dall’art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen. La difesa sostiene che nel caso in esame è assente la motivazione sul punto, in quanto il Tribunale avrebbe ritenuto sussistenti le esigenze cautelari sulla base della caratura personale di COGNOME, senza tener conto, ai fini della valutazione di sussistenza dei requisiti di attualità e concretezza del pericolo di fuga e di recidivanza, che COGNOME è sottoposto ad un lungo periodo di detenzione e che non potrà ottenere dei benefici sulla pena, in quanto i reati commessi sono ostativi ex art. 4-bis O.P.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. GLYPH La giurisprudenza di GLYPH legittimità GLYPH ha chiarito che GLYPH lo stato di detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiate non è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, ed in particolare di quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa, atteso che nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di :riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà. (Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021, dep. 2022, Rv. 282416 – 01).
1.2. Nel caso concreto ora in esame, le doglianze difensive non colgono nel segno, poiché il Tribunale ha correttamente affermato, in ossequio alla giurisprudenza di legittimità, l’ammissibilità della coesistenza tra titolo cautelar ed altro titolo custodiate, e che quest’ultimo non può incidere sulla valutazione del pericolo cautelare. Pertanto, ha coerentemente ritenuto che, nonostante COGNOME si trovi detenuto ad altro titolo in espiazione di una lunga pena, ciò non può
rappresentare un elemento ostativo, in termini assoluti, all’applicazione di un ulteriore provvedimento limitativo della libertà personale.
1.3. Con riguardo alle esigenze cautelari’ il Tribunale ha ritenuto sussistente il pericolo di recidivanza, notando la gravità dei fatti contestati all’imputat soggetto intraneo alla criminalità organizzata, con ruolo di elevato spessore e operatività nell’ambito degli affari associativi. Nonostante lo stato detentivo in atto, il Tribunale ha constatato la persistente vicinanza dell’imputato all’ambiente mafioso di appartenenza, tale da non consentire il superamento della presunzione di cui all’art. 275, cod. proc. pen. Il Tribunale ha evidenziato come il titolo cautelar sia necessario per escludere l’ipotesi dell’estinzione del titolo detentivo attualmente in atto, che potrebbe consentire a COGNOME di ottenere lo stato di libertà e di compiere un riavvicinamento con il clan di appartenenza, ancorché per un breve periodo di tempo, attraverso un qualunque beneficio di legge.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condanNOME al pagamento delle spese processuali.
P. Q.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. e di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 27 settembre 2023.