Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13334 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13334 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli nel procedimento nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME nato in Germania il 27/7/1984
avverso l’ordinanza del 23/10/2024 del Tribunale di Napoli lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; del ricorso;
lette per COGNOME le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità o rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 ottobre 2024 il Tribunale di Napoli, provvedendo sulla richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 12 settembre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicata al COGNOME, oltre che ad altri soggetti, la misu cautelare della custodia in carcere in relazione al reato associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 (capo A della rubrica) e ad alcuni reati fine ex art. 73 d.P.R. 309/90 (di cui ai capi 4, 32, 34 e 52 della rubrica), ha annullato l’ordinanza nei confronti del COGNOME, ordinandone l’immediata scarcerazione, rilevando il decorso del termine massimo di custodia cautelare anteriormente alla emissione dell’ordinanza applicativa della misura.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, che lo ha affidato a un unico motivo, mediante il quale ha denunciato l’errata applicazione di disposizioni di legge processuale e la carenza e la manifesta illogicità della motivazione.
Ha esposto che nell’ambito del medesimo procedimento penale, n. 20178/2019 r.g., il 10/7/2020 era stata emessa ordinanza di custodia cautelare a carico, tra gli altri, di NOME COGNOME per la partecipazione alla associazione delinquere ex art. 74 d.P.R. 309/90 diretta da NOME COGNOME e operativa in Caivano tra il 19/5/2020 e il 2/6/2020; tale procedimento si era concluso con sentenza del 20/9/2021, divenuta irrevocabile il 22/11/2023. L’ordinanza di custodia cautelare dichiarata inefficace dal Tribunale di Napoli con l’ordinanza impugnata era, però, relativa a fatti diversi rispetto a quelli di cui alla precedent misura cautelare, in quanto questa riguardava reati in materia di droga e armi commessi tra il 29/5/2020 e il 1/6/2020, mentre quelli di cui alla seconda ordinanza, indicative della stabile partecipazione al sodalizio, attenevano a condotte commesse nel gennaio 2020 (capo 4), dicembre 2020 (capi 32 e 34) e il 2/6/2020 (capo 52), e anche la partecipazione al sodalizio era stata contestata in relazione a condotte antecedenti e successive rispetto a quelle già giudicate.
Tanto premesso, ha censurato la valutazione compiuta dal Tribunale, stante la diversità storico – naturalistica tra le precedenti condotte e quelle in relazion alle quali era stata emessa la nuova misura, poi dichiarata inefficace dal Tribunale con l’ordinanza impugnata, in quanto il diverso profilo storico – naturalistico non potrebbe considerarsi assorbito dalla contestazione iniziale, in quanto la precedente contestazione di reato associativo aveva carattere “chiuso”, era, cioè, limitata a un determinato periodo, con la conseguenza che la successiva contestazione era connotata da un diverso profilo temporale, che quindi non poteva considerarsi incluso nel precedente accertamento.
Ha contestato anche che il procedimento nel quale erano state emesse le due ordinanze di custodia cautelare fosse il medesimo, con la conseguente automaticità della retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, in quanto dall’originario procedimento n. 20178/2019 era stato stralciato quello n. 5587/2021, relativo ai fatti per i quali era stata applicata a COGNOME la prima misura cautelare, con l’ordinanza del 10/7/2020, con la conseguente insussistenza del dato formale della medesimezza del procedimento nel quale erano state applicate le due misure posto dal Tribunale a fondamento della propria decisione di annullamento.
Ha aggiunto che la prima richiesta di misura cautelare si fondava su preliminari risultanze investigative, che consentivano di contestare il reato associativo e i reati fine in materia di stupefacenti e armi per un periodo di tempo ristretto, mentre con riferimento alla successiva ordinanza di custodia cautelare, del 12/9/2024, i fatti erano stati contestati a numerosi indagati e per un periodo di tempo ben più ampio (da settembre 2019 ad agosto 2020), in quanto al momento della emissione della prima ordinanza tali fatti non erano desumibili dalle emergenze investigative disponibili.
Ha contestato anche la sussistenza del vincolo della continuazione tra il reato associativo e quelli fine oggetto della seconda ordinanza di custodia cautelare, non essendovi elementi dimostrativi della esistenza di una unica risoluzione criminosa, sin dal momento della adesione e della partecipazione alla associazione finalizzata alla commissione di reati in materia di stupefacenti.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando la genericità del ricorso, per non essere stati indicati gli elementi di novità emersi successivamente alla emissione della prima ordinanza di custodia cautelare, né la loro incidenza sul complessivo quadro indiziario a carico dell’indagato, né la riconducibilità a distinte notizie di reato dei due procedimenti nei quali erano state applicate le due misure cautelari (si richiama la sentenza delle Sezioni Unite n. 14535 del 2006, dep. 2007), né gli elementi ostativi al riconoscimento della connessione tra le condotte contestate all’indagato NOME COGNOME.
Con memoria del 13 marzo 2025 il difensore dell’indagato COGNOME, Avvocato NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso, richiamando le considerazioni esposte nelle richieste del Procuratore Generale a proposito della automatica applicabilità della retrodatazione della decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare nel caso, quale quello in esame, di ordinanze di custodia cautelare emesse nel medesimo procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile a causa della sua genericità.
2. Giova premettere, per la miglior comprensione della vicenda e per la corretta valutazione delle censure sollevate dal Pubblico ministero ricorrente, che il Tribunale di Napoli, nell’esaminare la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME ha sottolineato che nell’ambito del medesimo procedimento penale, n. 20178/2019 r.g.n.r., a seguito di fermo del 26 giugno 2020 e di ordinanza del 29/6/2020, il 10/7/2020 era stata emessa nei confronti del suddetto COGNOME ordinanza di custodia cautelare in carcere per la partecipazione alla associazione ex art. 74 d.P.R. 309/90 diretta da NOME COGNOME e operativa in Caivano dal 10/5/2020 al 2/6/2020 (si tratta, sottolinea il Tribunale, della medesima associazione oggetto dell’addebito di cui al capo A e in relazione alla quale è stata emessa l’ordinanza di custodia cautelare oggetto della richiesta di riesame poi accolta dal Tribunale con l’ordinanza impugnata); la prima misura cautelare riguardava reati fine contestati come commessi tra il 29/5/2020 e il 1/6/2020, mentre la seconda misura cautelare riguarda condotte accertate il 6/12/2019 (capo 34) e il 24/6/2020 (capo 52) e l’apporto al medesimo sodalizio ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo a) protratto da settembre 2019 ad agosto 2020; le condotte oggetto delle due ordinanze sono legate tra loro dal vincolo della continuazione, sia quanto alle condotte di partecipazione alla medesima associazione (scomposte solamente in ragione di scelte investigative del Pubblico ministero, trattandosi di vicenda associativa ontologicamente unitaria), sia quanto ai reati fine di cui ai capi 32), 34) e 52), realizzati con gli stessi concorre attuativi del programma criminoso della medesima associazione, commessi con modalità analoghe, nel medesimo contesto spazio – temporale (ossia il traffico di stupefacenti nel territorio del Comune di Caivano). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sulla base di questi elementi il Tribunale ha, quindi, operato la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., sottolineando l’identità deL procedimenti; l’anteriorità delle condotte in relazione alle quali era stata emessa la seconda misura cautelare al 26/6/2020 (data del fermo di Cipollettí), stante l’assenza di elementi dimostrativi della prosecuzione della partecipazione al sodalizio successivamente al suo arresto; l’esistenza del vincolo della continuazione tra tutte le condotte, con la conseguente non necessarietà della verifica in ordine alla desumibilità dagli atti, al momento della prima ordinanza, degli elementi idonei a giustificare l’emissione di quella successiva.
3. Ora, a fronte di tali rilievi, chiari e univoci, sulla base dei quali, applicazione del consolidato principio stabilito nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235911 – 01, secondo cui “nel caso di emissione nello stesso procedimento di più ordinanze che dispongono nei confronti di un imputato la medesima misura cautelare per lo stesso fatto, diversamente circostanziato o qualificato, o per fatti diversi, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive opera automaticamente, ovvero senza dipendere dalla possibilità di desumere dagli atti, al momento dell’emissione della prima ordinanza, l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le successive misure (art. 297, comma terzo, prima parte cod. proc. pen.). Nel caso in cui le ordinanze cautelari adottate nello stesso procedimento riguardino invece fatti tra i quali non sussiste la connessione prevista dall’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., la retrodatazione opera solo se al momento dell’emissione della prima esistevano elementi idonei a giustificare le misure applicate con le ordinanze successive”), il Tribunale ha retrodatato il momento iniziale di decorrenza del termine di fase di durata della custodia cautelare, il Pubblico ministero si è limitato ad affermare, in modo del tutto generico e senza alcun riferimento preciso agli atti di indagine, la differenza dei procedimenti nei quali sono state applicate le due misure, l’insussistenza del vincolo della continuazione tra le condotte, la non desumibilità degli elementi indiziari delle condotte oggetto della seconda ordinanza al momento della emissione della prima, omettendo di allegare gli elementi da cui ricavare la diversità tra i due procedimenti penali, nonché l’insussistenza del vincolo della continuazione (che è stata affermata dal Tribunale in modo logico sottolineando l’identità della associazione, la omogeneità dei reati fine, l’identità dei concorrenti, la medesimezza del contesto spazio – temporale), e anche della non desumibilità degli indizi di responsabilità in ordine ai reati di cui alla seconda ordinanza al momento della emissione della prima. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ne consegue l’inidoneità, a causa della sua genericità, del ricorso del Pubblico ministero a costituire valido e pertinente mezzo di critica dell’ordinanza impugnata, rispetto alla quale il ricorso si pone in termini di mero dissenso rispetto alla ricostruzione della vicenda, delle condotte e della loro qualificazione da parte del Tribunale, disgiunta da una analisi critica della motivazione e dalla individuazione di errate applicazioni di legge processuale e anche dal necessario riferimento agli atti processuali e a quanto emerso dalle indagini, cosicché non vi sono elementi per ritenere errate le suddette affermazioni contenute nella motivazione dell’ordinanza impugnata (circa la medesimezza del procedimento, la ravvisabilità del vincolo della continuazione, la desumibilità degli indizi già al momento della emissione della prima ordinanza).
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile a causa della sua genericità.
Non vi è luogo a condanna al pagamento delle spese del procedimento, trattandosi di ricorso presentato dalla sola parte pubblica.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 18/3/2025