Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6879 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NATO A PALERMO IL DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 09/10/2023 della TRIBUNALE di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 09/10/2023 ha confermato l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Palermo del 07/09/2023, che ha rigettato la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere allo stesso applicata dal G.i.p. del Tribunale di Palermo in data 02/12/2022 per le plurime contestazioni provvisorie allo stesso ascritte in rubrica (estorsione e danneggiamento seguito da incendio).
Avverso la predetta ordinanza il Cintura ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di ricorso che qui si riportano
nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’ad 173 disp.att. cod. proc. pen..
Con il primo motivo di ricorso è stato dedotto vizio della motivazione in relazione agli art. 272 e 274 lett.C 1 ) cod. proc. pen. perché mancante, contraddittoria e manifestamente illogica in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari; il giudice ha argomentato in modo generico ed apodittico, senza adeguatamente considerare la portata degli elementi nuovi allegati, ovvero la presenza di sentenza di condanna, l’ammissione della propria responsabilità, l’intervenuta concessione delle circostanze attenuanti generiche e l’esclusione della recidiva. Con il secondo motivo di ricorso è stato dedotto vizio della motivazione perché manifestamente illogica e violazione di legge in relazione all’art. 275 comma 3, cod. proc. pen. quanto all’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari.
Il AVV_NOTAIO generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sono tutti strettamente connessi e possono essere trattati congiuntamente; il ricorrente ha, infatti, denunciato, con diverse formulazioni (violazione di legge, motivazione contraddittoria e manifestamente illogica), la ricorrenza di motivazione sostanzialmente affetta da apparenza, illogicità, nonché contraddittorietà, non avendo il Tribunale riscontrato la presenza di fatti nuovi che avrebbero potuto giustificare la revoca o la sostituzione della misura cautelare in atto a carico del Cintura.
Ciò posto, la Corte deve in via preliminare richiamare il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il Tribunale del riesame non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali fatti nuovi, puntualmente allegati, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare in modo apprezzabile il quadro probatorio o ad escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 28229201; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676-01). La sua cognizione, quindi, non può superare i confini tracciati dai motivi, anche dalla natura del provvedimento impugnato, che è del tutto autonomo rispetto all’ordinanza genetica, non dovendo riesaminare la questione della sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura, ma stabilire se il provvedimento gravato sia immune da violazioni di legge ed adeguatamente motivato in relazione all’eventuale allegazione di fatti nuovi, fermo restando il dovere di revocare la misura al venir meno delle condizioni di sua applicabilità (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv.
282292-01; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 26676-01; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569-01; Sez. 1, n. 961 del 13/02/1996, Cotugno, Rv. 294696-01; Sez. 2, n. 1134 del 22/02/1995, COGNOME, Rv. 201863-01).
Il Tribunale del riesame ha fatto buon governo dei principi richiamati ed ha evidenziato con motivazione congrua, logicamente articolata, e del tutto priva di aporie, con la quale il ricorrente non si confronta, non solo la mancanza di elementi con carattere di novità, non potendosi ritenere tale l’esito del giudizio in primo grado, in mancanza di qualsiasi allegazione volta a connotarne la portata, così come l’affermazione relativa all’intervenuta concessione delle circostanze attenuanti generiche o alla esclusione della recidiva. Elementi questi ritenuti non rilevanti e significativi, in assenza di fatti nuovi ed effettivamente tali nella loro portata, senz che il ricorrente si confronti effettivamente con tale logica motivazione.
È stata, in altri termini, correttamente rilevata l’assenza di ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica quanto alla situazione oggetto di valutazione al momento dell’emissione della misura cautelare, tenuto conto altresì della particolare gravità delle condotte oggetto di contestazione che portavano ad una rilevante condanna del ricorrente ad esito del giudizio di primo grado. (Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, COGNOME. , Rv. 255652-01; Sez. 2, n. 47416 del 30/11/2011, COGNOME, Rv. 252050-01; Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013, COGNOME, Rv. 258191-01; Sez. 1, n. 24897 del 10/05/2013, COGNOME, Rv. 255832-01; Sez. 5, n. 16425 del 02/02/2010, COGNOME, Rv. 246868-01). Con tale motivazione il ricorrente non si confronta, limitandosi a reiterare gli argomenti già proposti con l’appello. Inoltre, è emersa la particolare rilevanza della pena inflitta in dibattimento, anche ai sensi dell’art. 275, comma 1-bis, cod. proc. pen.
Non ricorre dunque alcuna violazione di legge, né un vizio della motivazione tale da poter considerare la stessa apparente o assente, a fronte di una serie di doglianze che si caratterizzano oggettivamente per genericità, aspecificità in mancanza di confronto con la motivazione e del tutto prive di allegazioni a supporto delle critiche articolate al provvedimento del Tribunale.
Il Tribunale ha dunque correttamente applicato il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale, una volta formatosi il giudicato cautelare, solo la sopravvenienza di fatti nuovi può giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e rendere possibile la revoca e la modifica della misura applicata (Sez.1, n.19521 del 15/04/2010, COGNOME, Rv. 247208-01: Sez. 5, n. 17896 del 09/01/2009, COGNOME, Rv. 243974-01; Sez. 1, n. 15906 del 19/01/2007, Petta, Rv. 236278-01).
Le stesse considerazioni devono essere spese per il secondo motivo di ricorso, del tutto generico nella sua articolazione, atteso che la descrizione della particolare gravità delle condotte imputate e già oggetto di condanna sono state ritenute in modo
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logico ed argomentato significative del pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie, con conseguente ed evidente valutazione negativa, quale conseguenza logica del ragionamento argomentato, quanto all’eventuale adeguatezza di una misura gradata. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta affatto limitandosi a richiamare la disciplina di legge in senso del tutto astratto rispetto al provvedimento impugnato, che, con la sua motivazione logica ed argomentata, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto che qui si intende ribadire, secondo il quale l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso che esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestat maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785-01).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 12 gennaio 2023.