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Custodia cautelare: quando resta valida in detenzione?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro un’ordinanza di custodia cautelare per spaccio di droga. La Corte ha stabilito che lo stato di detenzione per altra causa non esclude il pericolo di reiterazione del reato, soprattutto se il soggetto ha commesso il nuovo reato approfittando di permessi premio. La decisione sottolinea che la custodia cautelare in carcere è l’unica misura idonea a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche all’interno del penitenziario.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Applicabile Anche a Chi è Già Detenuto?

La custodia cautelare rappresenta una delle misure più afflittive che il nostro ordinamento prevede prima di una condanna definitiva. Ma cosa accade se il destinatario di tale misura si trova già in carcere per scontare un’altra pena? Questa situazione, apparentemente paradossale, è stata al centro di una recente pronuncia della Corte di Cassazione, che ha confermato la validità del provvedimento restrittivo anche in costanza di detenzione.

I Fatti del Caso

Un individuo, già detenuto con una pena da scontare fino al 2027, è stato raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il nuovo provvedimento era relativo a un’imputazione provvisoria per spaccio di sostanze stupefacenti, reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990.

Il Tribunale della Libertà di Palermo aveva precedentemente confermato la misura, ritenendo sussistenti le esigenze cautelari. La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, non contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma sostenendo che la detenzione in corso rendesse le esigenze cautelari prive di concretezza e attualità. Secondo il ricorrente, essendo già recluso, non avrebbe potuto commettere altri reati, e si sarebbero potute applicare misure alternative meno afflittive.

La questione della custodia cautelare in stato di detenzione

Il punto centrale del ricorso verteva sulla presunta inutilità di una misura cautelare per un soggetto già privato della libertà. La difesa ha argomentato che, con un fine pena fissato a diversi anni di distanza, mancasse il pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, presupposto fondamentale per l’applicazione di qualsiasi misura cautelare secondo l’art. 274 cod. proc. pen.

Inoltre, il ricorso lamentava una motivazione generica da parte del Tribunale sull’inidoneità di misure meno gravose, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, a salvaguardare le esigenze di prevenzione.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente le argomentazioni difensive. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: lo stato di detenzione per altra causa non è di per sé incompatibile con la configurabilità di nuove esigenze cautelari.

La Corte ha spiegato che l’ordinamento penitenziario attuale non esclude in modo assoluto la possibilità per un detenuto di riacquistare, anche per brevi periodi, la libertà (ad esempio, tramite permessi premio). Proprio in questo caso, è emerso che l’indagato aveva sfruttato un permesso concessogli per procurarsi droga da spacciare poi all’interno del carcere. Questo comportamento ha dimostrato non solo la sua spiccata propensione a delinquere, ma anche la concretezza del rischio di reiterazione.

La motivazione della Corte si è fondata su due pilastri:

1. Concretezza del pericolo: Il rischio che l’indagato commetta altri reati non era astratto, ma basato su elementi concreti come i numerosi precedenti penali specifici e, soprattutto, la commissione del nuovo fatto proprio mentre era già sottoposto a misura cautelare. Questo ha reso evidente che nemmeno lo stato di detenzione era sufficiente a contenerne la pericolosità.
2. Inidoneità delle altre misure: Di conseguenza, nessuna misura meno afflittiva della custodia cautelare in carcere è stata ritenuta idonea. Gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, sono stati giudicati inadeguati perché il dispositivo si limita a segnalare l’allontanamento dal domicilio, ma non può impedire la commissione di reati all’interno dello stesso.

Conclusioni

La sentenza ribadisce con forza che la valutazione delle esigenze cautelari deve essere condotta in concreto, analizzando la specifica condotta e la personalità dell’indagato. Lo stato di detenzione non costituisce una “garanzia” automatica contro la commissione di nuovi reati. Al contrario, come dimostra il caso in esame, la capacità di delinquere può manifestarsi anche approfittando delle opportunità offerte dal regime penitenziario stesso. Per la Cassazione, quando la pericolosità sociale è così radicata e dimostrata dai fatti, la custodia cautelare in carcere rimane l’unico strumento efficace per tutelare la collettività, anche se il soggetto è già dietro le sbarre per un’altra causa.

Lo stato di detenzione per un’altra causa esclude l’applicazione di una nuova misura di custodia cautelare?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che lo stato di detenzione non è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato, poiché l’ordinamento penitenziario prevede possibilità, anche brevi, di riacquistare la libertà.

Perché gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico sono stati ritenuti inadeguati in questo caso?
Sono stati ritenuti inadeguati perché il dispositivo elettronico è idoneo solo a segnalare l’allontanamento dal luogo degli arresti, ma non può impedire la commissione di reati all’interno dello stesso luogo, rischio ritenuto concreto nel caso di specie.

Quali elementi hanno dimostrato la concretezza del pericolo di reiterazione del reato?
La concretezza del rischio è stata desunta dagli innumerevoli precedenti penali specifici dell’indagato e, soprattutto, dal fatto che avesse commesso il nuovo reato sfruttando un permesso-premio per procurarsi droga da vendere poi all’interno del carcere, dimostrando una spiccata tendenza a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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