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Custodia cautelare: quando non si retrodata?

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato. La corte ha stabilito che non si applica la retrodatazione della custodia cautelare se il reato associativo è proseguito dopo l’emissione della prima ordinanza. La persistenza del vincolo associativo, anche dopo un arresto, impedisce l’applicazione dell’art. 297 c.p.p.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione della Custodia Cautelare: No se il Reato Associativo Continua

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11186/2024, affronta una questione cruciale in materia di custodia cautelare: la possibilità di retrodatare i termini di detenzione quando a una prima misura cautelare per un reato ne segue una seconda per un reato associativo. La decisione chiarisce che se la partecipazione all’associazione criminale prosegue anche dopo il primo arresto, la retrodatazione non è applicabile. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un individuo arrestato in flagranza per detenzione di stupefacenti (reato previsto dall’art. 73 D.P.R. 309/90) e sottoposto a custodia cautelare. Successivamente, nei suoi confronti veniva emessa una nuova ordinanza cautelare per il più grave reato di associazione finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R. 309/90).

La difesa dell’indagato ha sostenuto che i termini della seconda misura dovessero essere retrodatati, facendoli decorrere dalla data del primo arresto, ai sensi dell’art. 297, comma 3, del codice di procedura penale. Tale norma prevede la retrodatazione quando, per fatti diversi, vengono emesse più ordinanze, ma i fatti oggetto della seconda ordinanza erano già stati commessi prima dell’emissione della prima.

Il Tribunale di Ancona aveva respinto questa tesi, e la difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione.

Il Principio di Diritto sulla Custodia Cautelare Associativa

Il cuore della questione giuridica ruota attorno al concetto di “anteriorità” dei fatti nel contesto di un reato associativo. Il reato associativo è un reato permanente, la cui consumazione perdura finché il vincolo criminale non viene meno.

La Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: ai fini della retrodatazione della custodia cautelare, il presupposto dell’anteriorità dei fatti non sussiste se il secondo provvedimento riguarda un reato associativo e la condotta di partecipazione al sodalizio si è protratta anche dopo l’emissione della prima ordinanza. In altre parole, se l’indagato continua a far parte dell’associazione anche dopo essere stato arrestato per un singolo episodio criminoso, la condotta associativa non può considerarsi un “fatto anteriore”.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e confermando pienamente la decisione del Tribunale. I giudici hanno evidenziato che la contestazione mossa all’indagato descriveva una condotta associativa “in corso alla data del 29/10/2022” (data del primo arresto), indicando una natura “aperta” e non conclusa del reato.

Secondo la Corte, il Tribunale ha correttamente valorizzato elementi che dimostravano la persistenza del vincolo associativo e l’operatività del sodalizio anche dopo l’arresto dell’indagato. Tra questi elementi figurano:

1. La capacità del sodalizio di sopravvivere agli arresti, rimodulandosi e continuando le proprie attività illecite.
2. La storia stessa dell’indagato, fatto arrivare dall’estero e dotato di alloggio e mezzi per occultare lo stupefacente, a riprova della piena operatività dell’organizzazione.
3. Il contenuto di alcune intercettazioni, in cui altri membri del gruppo, commentando l’arresto, affermavano con certezza che l’indagato, una volta uscito, si sarebbe “fatto vivo da solo”, dimostrando la consapevolezza della persistenza del legame criminale.

L’assenza di ulteriori episodi criminosi specifici dopo l’arresto non è stata ritenuta sufficiente a dimostrare la cessazione del vincolo associativo. La vitalità dell’associazione e la persistenza dell’adesione dell’indagato erano supportate da solidi elementi di fatto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito che la retrodatazione della custodia cautelare non può essere concessa se la partecipazione a un’associazione criminale non è cessata prima dell’emissione della misura cautelare precedente. La sentenza rafforza l’idea che l’arresto per un singolo reato-fine non interrompe automaticamente il reato associativo permanente. Per un indagato, ottenere la retrodatazione richiede la prova della sua dissociazione dal sodalizio criminoso, prova che in questo caso mancava del tutto. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché impedisce che i termini cautelari per reati associativi vengano indebitamente ridotti in presenza di una continuità nel vincolo criminale.

Quando non si applica la retrodatazione della custodia cautelare ai sensi dell’art. 297, comma 3, c.p.p.?
Non si applica quando la seconda ordinanza coercitiva riguarda un reato associativo e la condotta di partecipazione al sodalizio criminoso si è protratta anche dopo l’emissione della prima ordinanza. In questo caso, i fatti non possono essere considerati “anteriori”.

L’arresto per un singolo reato interrompe automaticamente la partecipazione a un’associazione criminale?
No. Secondo la sentenza, l’arresto non implica di per sé la cessazione del vincolo associativo. Se esistono prove che il sodalizio continua a operare e considera l’arrestato ancora un suo membro, la condotta partecipativa si considera persistente.

Quali elementi possono dimostrare che un’associazione criminale è ancora attiva dopo l’arresto di un membro?
La sentenza indica come prove rilevanti la capacità dell’organizzazione di rimpiazzare i membri arrestati, il continuo supporto logistico fornito ai sodali e le conversazioni intercettate tra gli altri membri che dimostrano la convinzione della persistenza del legame con la persona arrestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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