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Custodia cautelare: quando la sospensione non basta

Un agente di polizia penitenziaria, posto in custodia cautelare per aver introdotto droga e telefoni in carcere, ha presentato ricorso sostenendo che la sua sospensione dal servizio eliminasse le esigenze cautelari. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la valutazione del tribunale del riesame sul persistente pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio, nonostante la sospensione e la confessione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Sospensione dal Lavoro Non Esclude il Rischio di Recidiva

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 4 Penale, n. 23322 del 2025, offre un importante spunto di riflessione sull’applicazione della custodia cautelare, in particolare quando l’indagato è un pubblico ufficiale. Il caso riguarda un agente di polizia penitenziaria accusato di aver introdotto sostanze stupefacenti e telefoni cellulari all’interno di un istituto di pena. La Corte ha stabilito che la sospensione dal servizio non è di per sé sufficiente a far venir meno le esigenze cautelari che giustificano la detenzione in carcere.

I Fatti: La Vicenda del Pubblico Ufficiale

Un agente di polizia penitenziaria veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver illecitamente introdotto droga e utenze telefoniche all’interno della casa di reclusione dove prestava servizio, per destinarli ad alcuni detenuti. Il Tribunale del riesame di Napoli confermava l’ordinanza del GIP, ritenendo la misura carceraria l’unica idonea a fronteggiare il concreto pericolo di reiterazione di condotte criminose e di inquinamento delle fonti di prova. Secondo i giudici, la sua qualifica e la facilità di movimento all’interno della struttura carceraria rappresentavano fattori di rischio significativi. Inoltre, non essendo ancora stati individuati i complici esterni all’istituto, sussisteva un forte rischio che l’agente potesse influenzare le indagini.

I Motivi del Ricorso: Perché la custodia cautelare sarebbe illegittima?

La difesa dell’agente ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali. In primo luogo, ha sostenuto che il Tribunale del riesame non avesse adeguatamente considerato un fatto decisivo: la sospensione dell’agente dal servizio. Secondo la difesa, una volta sospeso, l’agente non avrebbe più avuto la possibilità di commettere reati della stessa specie, venendo a mancare la sua posizione di potere e accesso all’interno del carcere. In secondo luogo, il ricorso contestava la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio. La difesa evidenziava come l’indagato, durante gli interrogatori, non solo avesse ammesso pienamente tutti gli addebiti, ma avesse anche confessato ulteriori condotte illecite non ancora contestate. Tale comportamento collaborativo, a parere del ricorrente, avrebbe dovuto escludere, e non rafforzare, il timore di un’interferenza con le prove.

Le Motivazioni della Decisione

Nonostante le argomentazioni della difesa e la richiesta di parziale accoglimento da parte del Procuratore Generale, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Sebbene la sentenza non espliciti nel dettaglio le ragioni dell’inammissibilità, la decisione implicitamente avalla la valutazione compiuta dal Tribunale del riesame. Quest’ultimo aveva ritenuto che, nonostante la sospensione dal servizio, il pericolo di recidiva non fosse venuto meno. La rete di contatti e le conoscenze acquisite dall’agente potevano ancora essere sfruttate per commettere reati analoghi, anche fuori dal contesto lavorativo specifico. Allo stesso modo, il pericolo di inquinamento probatorio è stato ritenuto concreto, poiché la confessione non escludeva la possibilità di contattare i complici non ancora identificati per concordare versioni di comodo o occultare ulteriori elementi di prova. La confessione, quindi, non è stata considerata un elemento sufficiente a neutralizzare il rischio per le indagini.

Le Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di custodia cautelare: la valutazione delle esigenze cautelari deve essere condotta in concreto, analizzando la specifica posizione dell’indagato e il contesto in cui si sono svolti i fatti. La mera modifica della posizione lavorativa, come la sospensione dal servizio, non determina automaticamente il venir meno dei rischi che la misura intende prevenire. La Corte sottolinea che la pericolosità sociale di un soggetto può persistere anche al di fuori del suo ruolo professionale, specialmente quando sono in gioco reti criminali o conoscenze specifiche del settore. Questo provvedimento serve da monito: la piena confessione, pur essendo un elemento importante, non è un salvacondotto automatico contro la detenzione preventiva se permangono solidi indizi di pericoli concreti per la collettività o per l’integrità del processo.

Per quale motivo è stata applicata la custodia cautelare all’agente di polizia penitenziaria?
La misura della custodia cautelare in carcere è stata disposta perché l’agente era gravemente indiziato di aver introdotto sostanze stupefacenti e telefoni cellulari in prigione per alcuni detenuti. I giudici hanno ravvisato un concreto pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, data la sua posizione e la mancata identificazione dei suoi complici esterni.

Qual era l’argomento principale della difesa per chiedere la revoca della misura?
La difesa sosteneva che le esigenze cautelari fossero venute meno perché l’agente era stato sospeso dal servizio. Secondo questa tesi, senza più l’accesso alla struttura carceraria e la sua funzione pubblica, non avrebbe più potuto commettere reati della stessa specie. Contestava inoltre il pericolo di inquinamento probatorio in virtù della sua piena confessione.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa decisione ha, di fatto, confermato la validità del provvedimento di custodia cautelare emesso dai giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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