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Custodia cautelare: quando il tempo non basta

La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per un soggetto accusato di associazione finalizzata al narcotraffico. La Corte ha stabilito che il lungo tempo trascorso dai fatti non è sufficiente a escludere le esigenze cautelari se la pericolosità sociale dell’indagato è attuale e concreta, desumibile da precedenti penali e da una persistente capacità delinquenziale.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Pericolosità Attuale vs. Tempo Trascorso

La custodia cautelare è una delle misure più severe previste dal nostro ordinamento, limitando la libertà di una persona prima ancora di una condanna definitiva. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21097/2024) offre spunti cruciali su un tema dibattuto: il rapporto tra il tempo trascorso dai fatti contestati e la valutazione della pericolosità attuale dell’indagato. Il caso riguarda un’accusa di partecipazione a un’associazione per il narcotraffico e la decisione della Corte chiarisce che il semplice passare del tempo non è sufficiente a escludere il carcere preventivo se emergono elementi concreti che dimostrano un attuale rischio di recidiva.

Il Caso: Associazione a Delinquere e Narcotraffico

Il Tribunale di Bari aveva confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un individuo, accusato di far parte di un’associazione criminale finalizzata al traffico di cocaina tra il 2016 e il 2018. Secondo l’accusa, l’uomo agiva come componente della catena di spaccio, ricevendo mensilmente un quantitativo di droga da un’organizzazione di vertice per poi distribuirla ai clienti finali.

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse obiezioni, tra cui la presunta mancanza di prove sulla sua partecipazione stabile all’associazione e, soprattutto, la cessazione delle esigenze cautelari, dato il notevole lasso di tempo intercorso dai fatti.

I Motivi del Ricorso: Tra Vizi di Forma e Questioni di Sostanza

La difesa ha articolato il ricorso su cinque punti principali:
1. Mancanza di autonoma valutazione da parte del giudice sulle esigenze cautelari.
2. Insussistenza del reato associativo, sostenendo che il suo coinvolgimento fosse sporadico e il suo consenso “estorto” dall’organizzazione.
3. Insussistenza dell’aggravante mafiosa per mancata consapevolezza.
4. Carenza di prove per il reato di spaccio.
5. Cessazione delle esigenze cautelari, data la fine dell’attività dell’associazione e il tempo trascorso.

Il punto più rilevante, e quello su cui la Cassazione si sofferma con maggiore dettaglio, è proprio l’ultimo: può un periodo di “silenzio” criminale far venir meno la necessità della custodia cautelare?

La Valutazione della Custodia Cautelare e il Pericolo di Recidiva

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso. Mentre ha dichiarato inammissibili i primi quattro motivi, ritenendoli generici o mere ripetizioni di argomentazioni già respinte, ha giudicato infondato il quinto motivo, fornendo una spiegazione dettagliata sui criteri di valutazione della pericolosità.

La Corte ha riconosciuto l’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali riguardo al “tempo silente”. Un primo orientamento ritiene che, per reati gravi come quelli associativi, la presunzione di pericolosità prevista dalla legge (art. 275, comma 3, c.p.p.) sia così forte da non poter essere superata dal solo decorso del tempo. Un secondo orientamento, a cui la Corte in questa sentenza aderisce idealmente pur giungendo alla stessa conclusione, sostiene invece che un lungo periodo di tempo senza nuove condotte criminali debba essere considerato dal giudice come un elemento potenzialmente idoneo a dimostrare che le esigenze cautelari non sono più attuali.

Tuttavia, in questo caso specifico, la valutazione non poteva basarsi solo sul calendario.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Corte si fonda su un’analisi concreta della personalità dell’indagato. I giudici hanno sottolineato che, al di là del tempo trascorso, esistevano elementi fattuali che dimostravano una pericolosità sociale ancora attuale e concreta. In particolare, il Tribunale aveva correttamente evidenziato:

* Numerosi precedenti penali: L’indagato aveva già condanne per spaccio ed estorsione.
* Mancanza di un’occupazione lavorativa: Un fattore che aumenta il rischio di ricadere in attività illecite.
* Spiccata capacità delinquenziale: Durante lo stesso procedimento, mentre era agli arresti domiciliari, l’uomo aveva messo a disposizione dell’organizzazione la sua lista clienti per assicurare la continuità dello spaccio.
* Un arresto successivo: Nel 2020, l’indagato era stato arrestato per un altro gravissimo reato (art. 416-bis c.p., associazione di tipo mafioso).

Questi elementi, nel loro insieme, hanno disegnato il profilo di un soggetto con una radicata propensione al crimine, la cui pericolosità non era affatto scemata con il passare degli anni. Pertanto, la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare non era superata, ma anzi rafforzata da prove concrete.

Le Conclusioni

La sentenza n. 21097/2024 ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva non è un esercizio astratto, ma un’analisi approfondita e ancorata alla realtà. Il tempo trascorso da un reato è un fattore rilevante, ma non decisivo. Se la storia criminale di un individuo e la sua condotta, anche recente, dimostrano una persistente e attuale pericolosità, la custodia cautelare in carcere rimane una misura giustificata e necessaria per proteggere la collettività, anche a distanza di anni dai fatti per cui si procede.

Il tempo trascorso da un reato è sufficiente per escludere la custodia cautelare?
No. Secondo la sentenza, il solo decorso di un apprezzabile lasso di tempo non è di per sé sufficiente a superare la presunzione di pericolosità, specialmente se esistono altri elementi fattuali (come precedenti penali e condotte recenti) che indicano un pericolo attuale e concreto di recidiva.

Cosa significa che il pericolo di reiterazione del reato deve essere ‘attuale e concreto’?
Significa che il giudice non deve basarsi su una mera supposizione, ma deve effettuare una valutazione prognostica fondata su elementi specifici e recenti. Questi includono la personalità dell’indagato, le modalità del reato, il suo contesto di vita e la sua condotta successiva ai fatti, per stabilire se esista una probabilità reale che commetta altri reati.

Una partecipazione ‘forzata’ a un’associazione criminale esclude la colpevolezza?
No. La Corte ha chiarito che, anche in presenza di una pressione da parte dell’organizzazione per ottenere il monopolio, la scelta libera dell’individuo di proseguire l’attività di spaccio per conto del sodalizio e di accettarne le condizioni implica la sussistenza della volontà di farne parte (la cosiddetta ‘affectio societatis’), rendendo irrilevante l’eventuale pressione iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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