Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21097 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Foggia DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa il 17 agosto 2023 dal Tribunale di Bari visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bari ha confermato l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME per i reati di cui all’articolo 74 DPR 309/1990 (Capo 1 dell’imputazione provvisoria), avendo l’indagato rivestito la qualità di partecipe dell’associazione finalizzata al narcotraffico dal novembre del 2016 al 1° Febbraio 2018, con il ruolo di componente della catena di spaccio di quantitativi di cocaina
assegnati mensilmente, nonché del reato di cui all’articolo 73 d.P.R. citato, in concorso con terzi, per avere ricevuto da NOME NOME e COGNOME NOME, componenti di vertice della batteria Sinesi/Francavilla, in epoca antecedente il 27 Marzo 2017 e fino al 1° Febbraio 2018, 50 grammi al mese cocaina al prezzo di 50/55 euro al grammo, che cedeva nelle piazze di spaccio della città di Foggia ai clienti finali.
NOME COGNOME ricorre per cassazione deducendo cinque motivi di ricorso, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1 Con il primo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione alla dedotta eccezione di mancanza di autonoma valutazione in ordine alle esigenze cautelari. Deduce il ricorrente che il primo Giudice non ha distinto le singole posizioni, ma si è acriticamente riportato alla richiesta di applicazione della misura cautelare. Tale lacuna non è stata colmata dall’ordinanza impugnata, nonostante il ricorrente avesse rappresentato che i precedenti penali a suo carico risalgono al 1995 e che, allo stato, non vi sono procedimenti pendenti.
2.2 Con il secondo motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria relativo al reato di cui all’art. 74 d. n. 309 del 1990. Ciò sulla base dei seguenti elementi: 1) l’associazione era in via di formazione e non era ancora attiva ed operativa; 2) il ricorrente non è tra coloro che percepivano uno stipendio e si è limitato a contatti sporadici ed occasionali; 3) non vi è alcuna prova che il ricorrente abbia ottenuto delle forniture raddoppiate né tantomeno della sua partecipazione ai colloqui relativi a dette forniture. Oltre a censurarsi la sussistenza nel caso in esame degli elementi costitutivi dell’associazione, in particolare dell’elemento organizzativo, rileva il ricorrente che mancano sia l’accordo che l’elemento psicologico del reato atteso che, nel caso di specie, vi era una imposizione da parte del c.d. “Direttorio” a rifornirsi della sostanza stupefacente. In presenza di un consenso “estorto”, manca dunque il presupposto dell’accordo necessario alla configurabilità del reato.
2.3 Con il terzo motivo deduce i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, avuto riguardo, in particolare, alla mancata individuazione degli elementi di fatto sintomatici della consapevolezza da parte del ricorrente della finalità perseguita dal c.d. “Direttorio” e da NOME, ovvero della destinazione dei proventi del narcotraffic:o alla consorteria mafiosa.
2.4 Con il quarto motivo deduce i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. Rileva il ricorrent che nel caso in esame sussistono a suo carico indizi desumibili esclusivamente
dalle intercettazioni (c.d. “droga parlata”); che né il Giudice per le indagin preliminari né il Tribunale del riesame hanno valutato adeguatamente il materiale indiziario; che l’ordinanza impugnata è illogica in quanto non spiega perché i quantitativi indicati e intercettati sarebbero stati ricevuti tutti i mesi e non second cadenze diverse né se il raddoppio della fornitura sia effettivamente avvenuto o è rimasta una mera intenzione del “Direttorio”.
2.5 Con il quinto motivo deduce i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, avendo il Tribunale omesso di considerare che il c.d. “sistema della droga” e, con esso il sodalizio che lo gestiva, è cessato nel novembre 2018, quando sono stati arrestati i componenti del “Direttorio” o, al più, nel dicembre 2019 quando sono state rinvenute le liste presso l’abitazione di COGNOME. Aggiunge il ricorrente che l’affermazione del Tribunale, secondo la quale l’associazione sarebbe ancora operativa, è del tutto svincolata da elementi fattuali. Aggiunge, infine, che proprio il rinvenimento di tali liste, contenenti i nomi dei presunti “grossi spacciatori”, uno dei quali è NOME COGNOME, tenuti al pagamento del pizzo all’associazione, evidenzia la cessazione dell’associazione ed il passaggio ad un diverso regime operativo non più fondato sulla fornitura in esclusiva della droga ma sulla imposizione del pizzo per l’attività di spaccio.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo è inammissibile in quanto, oltre a dedurre per la prima volta, in termini particolarmente generici, la carenza di autonoma valutazione in ordine alle esigenze cautelari (in sede di riesame l’eccezione aveva, infatti, interessato il giudizio di gravità indiziaria), è privo del necessario requisito del specificità. Va, infatti, ribadito che in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti “de libertate”, il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496).
2. Il secondo e quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, sono inammissibili poiché meramente reiterativi delle medesime censure dedotte in sede di riesame e privi di adeguato confronto critico con le argomentazioni dell’ordinanza impugnata che, con motivazione immune da manifesta illogicità o contraddittorietà, ha adeguatamente argomentato in merito ai gravi indizi di colpevolezza relativi sia alla sussistenza del sodalizio ed alla partecipazione del ricorrente che al reato di cui all’art. 7 d.P.R. n. 309 del 1990.
L’ordinanza impugnata ha, inoltre, adeguatamente esaminato la questione, genericamente riproposta con il ricorso, in ordine alla rilevanza della pressione esercitata dal sodalizio al fine di ottenere il monopolio nella fornitura della sostanza stupefacente. Con argomentazione immune da vizi logici, completamente ignorata dal ricorrente, il Tribunale ha escluso che tale circostanza possa incidere sul giudizio di gravità indiziaria e, in particolare, sulla sussistenza della “affectio societatis”, ponendo l’accento sul fatto che il ricorrente ha liberamente scelto di proseguire a spacciare per conto del sodalizio, e, conseguentemente, ha anche liberamente accettato le condizioni di monopolio da questo imposte.
E’ sufficiente, a tale riguardo, sottolineare che il giudizio di gravità indiziar risulta saldamente ancorato al contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed ai riscontri emersi dalle conversazioni intercettate sulla base dei quali è stato ricostruito sia l’assetto organizzativo dell’associazione (si vedano le pagine 8 e 9) che il ruolo svolto dal ricorrente, quale stabile spacciatore della sostanza stupefacente che gli veniva fornita con cadenza regolare dai medesimo sodalizio. In particolare, dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono stati desunti s la risalente operatività del sodalizio, genericamente censurata dal ricorrente, che il ruolo di quest’ultimo, il cui nome, peraltro, risulta inserito nella lis spacciatori sequestrata 18 giugno 2017. Le conversazioni valorizzate dal Tribunale hanno, inoltre, posto in evidenza il suo rapporto con NOME, non solo in relazione alla fornitura della sostanza stupefacente, ma anche all’impegno e disponibilità del ricorrente ad assicurare l’operatività del sodalizio nel periodo in cui era sottoposto agli arresti domiciliari (si veda la conversazione a pagina 13 intercorsa tra COGNOME e NOME in merito alla consegna a quest’ultimo della lista di una decina di clienti riforniti dal ricorrente). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse del ricorrente, stante l’inidoneità dell’eventuale esclusione dell’aggravante ad incidere sull’an o sul quomodo della misura.
Va, infatti, ribadito il consolidato principio di diritto in forza del quale, in di impugnazioni avverso misure cautelari personali, sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione di un’aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull'”an o sul “quomodo” della misura (così, da ultimo, Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, COGNOME, Rv. 284489).
Nel caso di specie già la mera partecipazione al sodalizio integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., sicchè l’esclusione dell’aggravante non produrrebbe per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole risultando, peraltro, analogo, il termine di fase (Sez. 3, n. 31633 del 15/03/2019, Irabor, Rv. 276237).
4. Il quinto motivo di ricorso è infondato.
4.1 Va, innanzitutto, premesso che, in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del “periculum” è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 274403 – 02). Inoltre, secondo l’indirizzo ermeneutico oggi dominante nella giurisprudenza di legittimità, dal Collegio pienamente condiviso e ribadito, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), c proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analis accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 6, n. 15978 del 27/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266988).
4.2 Va, tuttavia, considerato che, con riferimento alle fattispecie in cui opera la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nella giurisprudenza di legittimità sono emersi due indirizzi ermeneutici in ordine alla rilevanza del tempo decorso dai fatti contestati sulla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari.
Secondo un primo orientamento, il c.d. “tempo silente” (ossia il decorso di
un apprezzabile lasso di tempo tra l’emissione della misura e i fatti contestati), ove non accompagnato da altri elementi fattuali, è inidoneo a superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. Si afferma, infatti, che detta presunzione è prevalente, in quanto speciale, rispetto alle disposizioni generali stabilite dall’art. 274 cod. proc. pen. cosicché se il tito cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la presunzione in esame fa ritenere sussistente i caratteri di attualità e concretezza del pericolo, salvo prova contraria, non desumibile, tuttavia, dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, ove non accompagnata da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità (cfr. Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282766 – 02; Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282865; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, Poggiali, Rv. 282004).
4.3 Altro orientamento, cui il Collegio intende dare continuità, ritiene, invece, che, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le tante, Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 dei 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861).
4.4 Osserva il Collegio che il Tribunale, pur aderendo al primo orientamento ermeneutico, qui disatteso, ha adeguatamente evidenziato le circostanze di fatto dalle quali è stata desunta, con apprezzamento immune da censure, e dunque insindacabile in sede di legittimità, l’attuale e concreto pericolo di recidiva ponendo l’accento, oltre che sulle capacità operative del sodalizio e sul suo radicamento in seno al sodalizio mafioso operativo nel territorio foggiano, anche sulla personalità del ricorrente. Risulta, infatti, dall’ordinanza impugnata che il ricorrente è gravato da numerosi precedenti penali per spaccio e estorsione ed è privo di una occupazione lavorativa; lo stesso, inoltre, ha dimostrato la propria spiccata capacità delinquenziale anche nel corso del presente procedimento, mettendo a disposizione di NOME, mentre si trovava sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, la lista dei suoi clienti, in modo da assicurare al sodalizio prosecuzione dell’attività di spaccio; dall’ordinanza impugnata (si veda pagina 23),
risulta, infine, che il ricorrente è stato tratto in arresto il GLYPH 16/11/2020 GLYPH in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nel proc. 2169/2017 R.G.N.R. per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Al rigetto del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14 marzo 2024
Il Consigliere estensorP,
Il Presiden e