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Custodia Cautelare: Quando il rischio è concreto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per spaccio di stupefacenti. La Corte ha ritenuto che la decisione del Tribunale del riesame fosse ben motivata, basandosi sull’elevato numero di cessioni (298) e sulla professionalità dell’attività illecita, elementi che dimostrano un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato. La richiesta di una misura meno afflittiva è stata respinta, confermando l’adeguatezza della custodia cautelare.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare per Spaccio: La Cassazione e il Pericolo Concreto di Reiterazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20849/2024, torna a pronunciarsi sui presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere, in particolare per i reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. La decisione sottolinea la distinzione tra il giudizio di merito, incentrato sulla valutazione delle prove, e quello di legittimità, limitato al controllo sulla corretta applicazione della legge. Questo caso offre uno spaccato chiaro su come viene valutato il pericolo di reiterazione del reato, elemento chiave per giustificare la misura più restrittiva della libertà personale.

Il caso: dalla misura cautelare al ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da un’ordinanza del GIP del Tribunale di Palermo, che disponeva la custodia cautelare in carcere per un individuo indagato per numerosi episodi di spaccio di stupefacenti. Il Tribunale del riesame, pur riqualificando alcuni episodi come di minore gravità, confermava la misura carceraria. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza delle esigenze cautelari, in particolare il pericolo che l’indagato potesse commettere altri reati.

I motivi del ricorso: una difesa contro la custodia cautelare

La difesa dell’indagato fondava il proprio ricorso su diversi punti. Sosteneva l’insussistenza di un concreto pericolo di reiterazione, evidenziando l’assenza di prove su contatti attuali con altri trafficanti e il mancato rinvenimento di sostanze stupefacenti nella disponibilità del proprio assistito. Inoltre, veniva sottolineato lo stato di incensuratezza dell’indagato e la mancanza di procedimenti a suo carico per reati analoghi successivi a quelli contestati. Infine, si lamentava una motivazione carente da parte del Tribunale circa l’inadeguatezza di misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari.

La decisione della Suprema Corte: l’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo integralmente le argomentazioni difensive. La decisione si articola su due principi fondamentali del nostro sistema processuale.

La rilettura dei fatti e i limiti del giudizio di legittimità

In primo luogo, la Corte ribadisce un principio cardine: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Suprema Corte non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Le censure mosse dalla difesa, secondo i giudici, miravano proprio a una “rilettura” degli elementi di fatto, un’operazione preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione è verificare se la motivazione del provvedimento impugnato sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto.

La valutazione del pericolo di reiterazione

Nel merito delle esigenze cautelari, la Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse motivato in modo corretto e adeguato. Il pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato non è stato desunto da mere congetture, ma da elementi fattuali precisi.

Le motivazioni della Corte sulla custodia cautelare

Le motivazioni della Corte si sono concentrate sulla correttezza del ragionamento del Tribunale del riesame. Quest’ultimo aveva basato la sua decisione su risultanze investigative solide, come i servizi di videosorveglianza e osservazione, che avevano documentato un numero “particolarmente allarmante” di cessioni di droga, pari a 298. Questo dato, unito alla “evidente padronanza della piazza di spaccio” e ai “connotati professionali dell’attività delittuosa”, disegnava un quadro di stabile inserimento dell’indagato nel settore del traffico illecito.

La Corte ha inoltre ritenuto corretta la valutazione sull’inadeguatezza di misure meno afflittive. La personalità dell’indagato, gravato da altri procedimenti penali (sebbene per reati diversi), e il suo inserimento in contesti criminali sono stati considerati elementi tali da rendere misure come gli arresti domiciliari inefficaci. Tali misure, infatti, non sarebbero state sufficienti a impedire all’indagato di comunicare con soggetti terzi e di riattivare i suoi canali criminali.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza riafferma che, in tema di misure cautelari, la valutazione del giudice di merito, se logicamente motivata sulla base di elementi concreti, è difficilmente censurabile in sede di Cassazione. Il numero elevato di episodi di spaccio, la loro sistematicità e le modalità organizzate possono costituire da soli gravi indizi di colpevolezza e, al contempo, fondare un giudizio di elevato pericolo di reiterazione del reato. La decisione evidenzia anche come la valutazione della personalità complessiva dell’indagato, inclusi eventuali procedimenti pendenti per altri reati, sia rilevante per determinare la misura cautelare più adeguata a prevenire la commissione di ulteriori delitti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le lamentele dell’indagato non riguardavano errori di diritto, ma chiedevano una nuova valutazione dei fatti. La Corte di Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti.

Quali elementi hanno convinto i giudici a confermare la custodia cautelare in carcere?
I giudici hanno confermato la custodia cautelare basandosi sull’elevato numero di cessioni di droga (298), che dimostrava la professionalità e lo stabile inserimento dell’indagato nel traffico illecito. Questi elementi, confermati da video e osservazioni, hanno fondato un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.

Perché non è stata concessa una misura meno grave, come gli arresti domiciliari?
Una misura meno grave non è stata ritenuta adeguata a causa della personalità negativa dell’indagato, del suo stabile inserimento in contesti criminali e della presenza di altri procedimenti penali a suo carico. Secondo la Corte, restrizioni minori non sarebbero state sufficienti a impedirgli di comunicare con terzi e di riallacciare i collegamenti con l’ambiente criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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