Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20849 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20849 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA av, ,,erso l’ordinanza del 24/10/2023 del Tribunale di Palermo visti oli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che :la concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 ottobre 2023, il Tribunale di Palermo, ha parzialmente con2rmato l’ordinanza del Gip del Tribunale di Palermo del 5 ottobre 2023, con la quale era stata applicata all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione a molteplici episodi di spaccio di stupefacenti integranti il reato di cu all’ad. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990. Il Tribunale del riesame, in parziale riforma dell’ordinanza emessa dal Gip, ha riqualificato, ai sensi dell’art. 73, comma 4, del
d.P.R. n. 309 del 1990, gli episodi non seguiti dal sequestro della sostanza stupefacente, confermando nel resto il provvedimento impugnato.
Avverso l’ordinanza l’indagato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, censurando, con un unico motivo di doglianza, la violazione degli artt. 274 e 311 cod. proc. pen., oltre che il vizio della motivazione e l’omessa valutazione di circostanze essenziali. Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione del reato, posto che non vi sarebbero elementi probatori che dimostrerebbero la sussistenza di contatti dell’indagato con altri soggetti dediti al traffico di stupefacenti, né sarebbe stata rinvenuta sostanza stupefacente nella sua disponibilità. Inoltre, si sostiene che COGNOME non è indagato per reati della stessa specie successivi a quelli contestati e che si dovrebbe prendere in adeguata considerazione lo stato di incensuratezza dello stesso. Inoltre, si afferma che non è stata dimostrata la concreta, effettiva ed attuale possibilità che al ricorrente possa presentarsi un’occasione per compiere ulteriori delitti. Il Tribunale non avrebbe risposto in maniera esaustiva alle doglianze esposte dalla difesa in merito all’inadeguatezza della misura inframuraria, mentre la presenza di procedimenti pendenti per altre tipologie di reato non si porrebbe in rapporto causale e logico con il pericolo di inosservanza delle prescrizioni connesse a misure meno afflittive.
2.2. Il ricorrente ha depositato memoria, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché il ricorrente propone doglianze che sollecitano, in realtà, una rivalutazione preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, il cui apprezzamento è, in via esclusiva, riservato al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrente più adeguata, lettura delle risultanze processuali (ex plurimis, Sez. 3, n, 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, Rv. 280601).
Il Tribunale del riesame ha correttamente motivato il provvedimento di conferma della custodia carceraria, facendo un appropriato uso delle risultanze indiziarie, dalle quali emerge, con l’elevato livello di probabilità richiesto in sed cautelare, che l’indagato abbia posto in essere un numero particolarmente allarmante di cessioni di sostanza stupefacente, come risulta confermato dai servizi di videosorveglianza e dall’attività di osservazione e controllo effettuata
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dagli operanti, da cui si sono ricavate immagini chiare, che rappresentano il passaggio della droga di mano in mano e talvolta anche lo scambio di denaro. Sul punto si rammenta che, in materia di applicazione delle misure cautelari, i gravi indizi di colpevolezza vanno individuati in quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che – contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono di per sé a dimostrare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato, e tuttavia consentono per la loro consistenza di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (ex plurimis, Sez. 3, n. 17527 del 11/01/2019, Rv. 275699 – 02). I giudici di merito hanno altresì correttamente ritenuto sussistente il concreto ed attuale pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, desumibile dall’elevato numero di cessioni – pari a 298 dall’evidente padronanza della piazza di spaccio, dai connotati professionali deWattività delittuosa che dimostrano uno stabile inserimento nel settore del traffico illecito di sostanze stupefacenti ed una sicura conoscenza dei canali di approvvigionamento. Infine, anche il giudizio sulla sola adeguatezza della misura inframuraria deve essere ritenuto logicamente coerente, posto che vi sono molteplici elementi denotanti la negativa personalità dell’indagato, il quale risulta stabilmente inserito in contesti criminali e gravato da procedimenti penali anche per altre tipologie di reati. Dunque risulta corretta la valutazione circa l’inadeguatezza di misure meno afflittive, posto che tali restrizioni non sarebbero funzionali ad impedire all’indagato di comunicare con soggetti terzi ovvero ad evitare che lo stesso riallacci quei collegamenti evidentemente intrattenuti nel settore criminale di riferimento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inarrimissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché queno del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle
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ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/02/2024