Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20381 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20381 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 06/10/1998
avverso l’ordinanza del 03/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Catanzaro Letto il ricorso ed esaminati gli atti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, in funzione di Giudice del riesame, con ordinanza depositata i 4 dicembre 2024, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Castrovillari in data 18 novembre 2024.
I fatti oggetto del procedimento attengono all’arresto del ricorrente COGNOME unitamente al coindagato NOME COGNOME avvenuto in data 14 novembre 2024 presso l’Autogrill di Frascineto Est, a seguito di un controllo effettuato da personale della Po di Stato sull’autovettura TARGA_VEICOLO giunta a velocità sostenuta presso l’Autogrill Frascineto Est.
Durante la verifica, questi si dimostravano immediatamente insofferenti, cercando di eludere l’attività di controllo e tentando di rientrare all’interno dei locali dell’Au momento dell’apertura dello sportello dell’autovettura da parte del ricorrente COGNOME p recuperare il proprio documento d’identità, i militari percepivano un forte odore riconducibi sostanza stupefacente di tipo marijuana, procedendo così ad effettuare una perquisizione.
L’attività di perquisizione dava esito positivo, poiché sotto il sedile anterior passeggero era rinvenuto, ben occultato, un beauty case trasparente contenente sostanza stupefacente. Il narcotest, successivamente eseguito dal personale di Polizia Scientifica de Commissariato di Castrovillari, consentiva di verificare che la sostanza era composta da hashish (199,57 gr) e sostanza vegetale del tipo marijuana (7,90 gr).
Nel corso della perquisizione la P.G., inoltre, trovava un bilancino di precisione, una pist beretta Cal. 6,35, due proiettili inesplosi cal. 6,35, una maschera di plastica, un coltello d cm, uno sfollagente telescopico, nonché alcuni cellulari, un tablet e danaro contante pari 32.045,30 euro, suddiviso in banconote di diverso taglio e monete.
In conseguenza dei fatti sopra descritti, il GIP presso il Tribunale di Castrovillari ordinanza del 18 novembre 2024, applicava al ricorrente la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati contestati in concorso con NOME
Avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Castrovillari, la difesa del ricorrente ha proposto istanza di riesame ex art. 309 cod.proc.p contestando tanto il quadro indiziario quanto quello cautelare.
Il Tribunale del Riesame ha rigettato l’istanza di riesame, condividendo pienamente la ricostruzione operata dal GIP tanto in punto di gravità indiziaria quanto in relazione esigenze cautelari.
Nel dispositivo dell’ordinanza, depositato in data 4 dicembre 2024, è stato indicato termine di giorni 45 per il deposito delle motivazioni.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente, a mezzo del proprio difensore di fiducia, proposto ricorso per cassazione, articolando i seguenti motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo di ricorso, ha dedotto la nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art lett. c) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 125 e 309, comma 10 cod.proc.pen., avere il Tribunale del Riesame omesso di motivare in punto di proroga del termine ordinario di 30 giorni previsto dall’art. 309, comma 10, cod.proc.pen. per il deposito della motivazione.
In particolare, la difesa ha evidenziato che il Tribunale ha genericamente indicato n dispositivo dell’ordinanza, emesso all’esito della camera di consiglio del 3 dicembre 2024, termine di giorni 45 per il deposito delle motivazioni, senza specificare le “ragio complessità” che sole possono giustificare la deroga al termine ordinario di trenta gior previsto ex art. 309, comma 10, cod.proc.pen.
La difesa ha richiamato la sentenza della prima Sezione Penale di questa Corte, n. 145 del 2023, secondo cui sarebbe necessaria la specifica indicazione delle ragioni che, a mente dell’art. 309 comma 10, penultimo periodo, cod.proc.pen., avrebbero giustificato il differimen del deposito della motivazione entro i quarantacinque giorni dal deposito del dispositivo.
Nel caso in esame, oltre alla mancata indicazione nel dispositivo delle ragioni complessità, la difesa ha sottolineato che nell’ordinanza depositata in data 10 gennaio 2025 s legge “motivi contestuali”, il che contrasterebbe con il termine di 45 giorni indicato dispositivo.
Pur riconoscendo l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale meno rigoroso (Cass. pen. Sez. VI n. 11737 del 2024), la difesa ha argomentato che, in ogni caso, la motivazione dell’ordinanza avrebbe dovuto esplicitare le ragioni a fondamento del termine più lungo, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Inoltre, secondo la difesa, nel caso specifico, mancherebbe anche in concreto la complessità richiesta dalla norma, essendo solo due gli arrestati e solo tre le imputazion peraltro di ordinaria frequenza.
2.2 Con il secondo motivo, ha eccepito l’erronea applicazione dell’art. 606 lett. b) ed cod.proc.pen. in relazione agli artt. 273 cod.proc.pen., 110 cod. pen. e 73, comma IV, cod. pen., artt. 110 cod. pen. e 4 della I. 110 del 1975, artt. 110 cod. pen. e 2 della I. 895 del per violazione di legge e vizio motivazionale.
Il ricorrente ha contestato che il Tribunale abbia desunto la non credibilità del narrato ricorrente dalla mera divergenza tra le versioni fornite dai due coindagati, senza procedere un accurato vaglio degli elementi forniti da COGNOME in sede di interrogatorio, in violazio quanto imposto dalla giurisprudenza di legittimità (è richiamata Cass. pen., Sez. I, n. 655 d 2025).
In particolare, ha evidenziato che il Tribunale ha omesso di apprezzare la convergenza delle dichiarazioni dei due indagati in ordine alla non attribuibilità al ricorrente della so stupefacente, del denaro contante e delle armi rinvenute nell’autovettura (eccezion fatta per coltellino marca Buck). Infatti, il coindagato NOME ha dichiarato esplicitamente che sostanza stupefacente era di sua proprietà e destinata a uso personale.
Il Tribunale, prosegue il ricorrente, ha seguito un iter logico argomentativo del t illogico, deducendo la non credibilità del COGNOME non dall’assenza di valenza argonnentati della versione dallo stesso fornita, ma dalla mera divergenza rispetto al dichiarato d coindagato, trascurando che su un aspetto dirimente come l’attribuibilità della sostanz stupefacente, della parte consistente del denaro e delle armi, le due versioni convergevano nell’escludere la responsabilità di COGNOME.
2.3 Con il terzo motivo, strettamente collegato al precedente, ha lamentato che i Tribunale del Riesame non abbia proceduto ad una distinta ponderazione delle dichiarazioni dei due coindagati, omettendo di considerare alcune circostanze differenziali.
La sussistenza di plurime circostanze inverosimili riferite dal COGNOME – oggetto attenzione anche da parte del GIP e finanche dal suo stesso difensore – e contrastanti con varie circostanze, invece, oggetto di puntuale descrizione da parte del COGNOME.
A sostegno di tale censura, la difesa ha prodotto documenti provenienti dall’azienda di RAGIONE_SOCIALE di Lannezia Terme, che confermerebbero la versione dei fatti fornita dal ricorrente, in particolare riguardo al cambio di autovettura avvenuto il 14 novembre, con passaggio da un’Audi Al a un’Audi Q5, proprio come riferito dal ricorrente.
La difesa ha anche evidenziato le incongruenze nel racconto del COGNOME, ad esempio quando questi ha dichiarato di aver chiesto la collaborazione di COGNOME perché in possesso di patente, ammettendo però di essere stato lui stesso alla guida dell’autovettura prim dell’arresto. Similmente, è stato sottolineato come lo stesso difensore del COGNOME, durant l’interrogatorio, abbia manifestato perplessità sulla veridicità delle dichiarazioni del p assistito riguardo al rinvenimento della pistola.
Ulteriori elementi a favore della credibilità del ricorrente sarebbero il fatto ch 32.045,30 euro rinvenuti nell’abitacolo, solo 390 euro erano riconducibili al Frontino, dena che il ricorrente aveva prelevato per pagare l’assicurazione della propria auto, com documentato da spontanee comunicazioni fatte alla Procura tramite il proprio difensore.
È stata sottolineata la sussistenza di plurimi precedenti penali, anche specifici, a carico COGNOME
Infine, è stata prospettata l’ipotesi della connivenza non punibile, perché priva qualsivoglia contributo agevolativo.
2.4 Con il quarto motivo, la difesa ha eccepito la violazione dell’art. 606 lett. b), c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 125, 292, 275, comma 2-bis e 309 cod.proc.pen., per ave il Tribunale del Riesame omesso il giudizio prognostico di condanna superiore agli anni tre, che sola può giustificare l’applicazione della custodia cautelare in carcere.
È stato evidenziato che l’ordinanza impugnata non dedica alcun passaggio motivazionale a questo aspetto, in violazione dell’art. 275, comma 2-bis, cod.proc.pen. (“non può applicarsi misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, l detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni”).
Secondo la difesa, i limiti edittali dei reati contestati (da 2 a 6 anni per la detenzione di spaccio e da 8 mesi a 5 anni e 4 mesi per la detenzione di armi, in ragione dell’applicazion dell’attenuante dell’arma comune da sparo che opera ex officio ai sensi dell’art. 7 d medesimo testo normativo) sono tali da far legittimamente presumere una pena contenuta in concreto al di sotto dei tre anni di reclusione, anche in considerazione della procura specia rilasciata ai fini di un’eventuale giudizio abbreviato, con conseguente decurtazione, per scelta del rito.
2.5 Con il quinto ed ultimo motivo, ha lamentato l’erronea applicazione degli artt.274 275 cod.proc.pen. e la manifesta illogicità della motivazione in punto di valutazione del esigenze cautelari, per non aver il Tribunale tenuto conto di elementi decisivi.
In particolare, sarebbe stata trascurata la sostanziale incensuratezza del ricorrente, che h riportato un unico precedente penale peraltro contravvenzionale (art. 4 della I. 110 del 1975) I’ occasionalità dell’incontro intervenuto con il COGNOME, per come peraltro riferito da entra gli indagati; l’occupazione lecita del ricorrente e le relative entrate afferenti tale lavorativa, chiaramente evocative di un percorso di vita non antisociale.
La difesa ha richiamato la giurisprudenza di legittimità formatasi a seguito della rifor intervenuta con I. 49 del 2015, secondo cui il requisito dell’attualità del pericolo di reiter del reato impone la previsione, in termini di alta probabilità, che all’imputato si pre effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, e la rela prognosi deve fondarsi su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continu ed effettività del pericolo (Cass. Pen., Sez. V, 15 marzo 2017, n. 12618).
Sulla base di tali argomentazioni, la difesa ha concluso per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Va ribadito che, in tema di riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, il Tribunale che adotta il termine superiore a trenta giorni previsto dall’art. 309, comma decimo cod. proc. pen., ha l’onere di indicare tale termine nel dispositivo senza necessità di partico formule che diano atto della scelta effettuata in relazione alla particolare complessità d motivazione (Sez. 6, sent. n. 11737 del 31/01/2024 – Rv. 286203 – 01; Sez. 1, n. 11166 del 22/12/2015, dep. 2016, Pardo, Rv. 266211).
L’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. sanziona, infatti, con la perdita di effica dell’ordinanza applicativa di misura coercitiva, la sola inosservanza dei termini prescritti p decisione (dieci giorni dalla ricezione degli atti) e per il deposito dell’ordinanza del Tribun cancelleria (trenta giorni o, al massimo, quarantacinque giorni dalla decisione), senza imporr
al giudice alcun obbligo motivazionale a sostegno del termine più lungo eventualmente disposto e indicato nel dispositivo della decisione.
Inconferente è il richiamo alla sentenza n. 145 pronunciata dalla prima Sezione Penale di questa Corte in data 28 settembre 2022 (dep. 5 gennaio 2023), riguardante un’ipotesi del tutto differente.
In quel caso infatti, nel dispositivo depositato in cancelleria all’esito dell’udienza came era assente qualsivoglia disposizione relativa alla riserva di un termine più lungo di que ordinario di trenta giorni; successivamente, a quarantacinque giorni di distanza dalla data d deposito del suddetto dispositivo, venivano contestualmente depositati l’ordinanza del Tribunale del riesame completa di motivazione, nella parte dispositiva della quale, prima dell data, figurava la dicitura “Giorni 45 per la motivazione” e il connesso provvedimento d correzione di errore materiale del primo dispositivo. La Corte ha pertanto ritenuto l’illegitt del provvedimento, ritenendo che il Giudice del riesame, mediante la procedura della correzione materiale, avesse sostituito ex post una decisione già assunta.
È evidente la differenza dal caso in esame, in relazione al quale è indiscusso che nel dispositivo depositato all’esito della camera di consiglio, a cui occorre necessariamente f riferimento per l’individuazione del termine di deposito della motivazione, fosse indicato termine di deposito di giorni 45, puntualmente rispettato dal Tribunale del Riesame.
Il riferimento alla contestualità della motivazione contenuto nell’ordinanza depositata ne termine riservato è evidentemente frutto di un refuso.
I motivi secondo e terzo, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione logica e argomentativa, sono manifestamente infondati.
2.1 Secondo l’orientamento della Corte di Cassazione in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denunci l violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione d provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez.6, n. 11194 del 8/03/2012, COGNOME, Rv. 252178-01; Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, COGNOME, Rv. 241997-01).
Allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculi natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merit dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante l valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diri governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Con riguardo alla determinazione dei parametri che devono orientare l’interprete nella materia regolata dall’art.273 cod.proc.pen. ai fini dell’emissione di ordinanze che dispongono misure coercitive, l’orientamento tradizionale della Corte di Cassazione (Sez. 4, n. 53369 de 09/11/2016, COGNOME, Rv. 26868301; Sez. 6, n. 7793 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 25505301; Sez. 4, n. 37878 del 6/07/2007, COGNOME, Rv. 23747501; Sez. V, n.36079 del 5/06/2012, COGNOME, Rv. 25351101) ritiene che, ai fini della prova del fatto, anche dopo le modific introdotte dalla legge n. 63 del 2001, sia sufficiente il requisito della sola gravità degli posto che l’art. 273, comma 1-bis, cod.proc.pen. (introdotto dalla legge citata) richiam espressamente il terzo ed il quarto comma dell’art. 192, ma non anche il secondo comma (che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indiz ne consegue che, in sede di giudizio de libertate, la valutazione degli indizi non va opera secondo i parametri richiesti ai fini dell’affermazione di responsabilità all’esito del giudi cognizione.
Il diverso regime trova evidente giustificazione nella diversità dell’oggetto della delibazi cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole ed alta probabilità colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione del certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (in tema di chiamata di correo, Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, Rv. 23459801; Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 26968301).
2.2 In tale contesto, le doglianze difensive inerenti alla valutazione degli elementi indi e alla presunta mancata considerazione di circostanze a discarico, si risolvono, nella sostanza, in una inammissibile richiesta di rivalutazione nel merito della vicenda cautelare, preclusa sede di legittimità.
Entrando nel merito delle specifiche censure, il ricorrente lamenta che il Tribunale de Riesame avrebbe desunto la non credibilità del narrato di COGNOME dalla mera divergenza tra le versioni fornite dai due coindagati, senza procedere ad un accurato e individuale vaglio degl elementi forniti dal ricorrente in sede di interrogatorio. Censura, inoltre, l’om considerazione della convergente attribuzione al solo COGNOME della titolarità della sostanz stupefacente, del denaro e delle armi rinvenute.
Tali doglianze non colgono nel segno.
Il Tribunale del Riesame, infatti, ha condotto un’analisi approfondita e articolata de dichiarazioni rese dai coindagati, non limitandosi a registrare le divergenze tra le rispet versioni, ma evidenziando specificamente i profili di intrinseca contraddittoriet inverosimiglianza del racconto fornito dal ricorrente.
L’apparato motivazionale dell’ordinanza impugnata, lungi dal fondarsi sulla mera divergenza tra le versioni dei coindagati, si sviluppa attraverso una disamina analitica de elementi indiziari, valorizzando tanto le incongruenze interne alla narrazione di COGNOME quanto la sua incompatibilità con i dati oggettivi emersi dall’attività investigativa.
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In particolare, il Tribunale ha dapprima adeguatamente motivato in ordine alla destinazione dello stupefacente allo spaccio e alla sussistenza dei reati in materia di armi.
Ha infatti evidenziato come la natura stessa dei reperti rinvenuti (significativa quantit stupefacente già suddiviso, bilancino di precisione, ingente somma di denaro, armi), deponesse per la concreta ravvisabilità delle ipotesi di reato contestate.
E, per quanto di specifico interesse in relazione ai motivi di ricorso, ha fornito una lo spiegazione in ordine al concorso del Frontino.
Al riguardo, dopo aver rammentato che entrambi gli indagati viaggiavano su un’auto intestata a terzi, ha sottolineato le contraddizioni nella ricostruzione dell’itinerario e deg di partenza fornita dal ricorrente, con specifico riferimento alle incertezze sull’orario di par da Cosenza (“le dieci-dieci e mezza” e poi “da Cosenza forse erano le dodici, dodici e qualcosa o prima”).
Ha valorizzato le contraddizioni inerenti alla telefonata che il ricorrente avrebbe fatt padre, al quale avrebbe chiesto ausilio per essere prelevato dal posto in cui si trovava: prim ha riferito di aver effettuato la chiamata al momento della discesa all’Autogrill, riport testualmente le parole dette al genitore, ma poi, a fronte di domande incalzanti sull’ora e s numero chiamato, ha sostanzialmente ammesso di non aver fatto alcuna telefonata, perché non ha fatto in tempo essendo intento a pagare la consumazione.
Il Tribunale, inoltre, ha sottolineato le giustificazioni incoerenti fornite dal medesimo l’odore di narcotico percepito dagli operanti: il ricorrente ha prima dichiarato che il Bess avesse uno spinello in bocca (“l’aveva in bocca”), poi ha modificato la versione affermando “l’ha tolta dalla tasca e l’aveva già fatta”, senza spiegare come fosse possibile che un so spinello, peraltro spento, potesse emanare tutto l’odore percepito dagli agenti al momento della perquisizione.
Ha spiegato le inverosimiglianze relative al rinvenimento della pistola, con un racconto che il Tribunale ha definito “contraddittorio” nelle circostanze del ritrovamento: mentre l’arm stata rinvenuta occultata all’interno di un cappello di lana, COGNOME ha dichiarato di av trovata in una fondina con un cappello di lana “buttato nel portaoggetti”, per poi aggiunger che il COGNOME, una volta arrivati all’Autogrill, avrebbe sistemato la pistola all’inter cappuccio rimettendola nel portaoggetti.
Infine, ha correttamente evidenziato l’esistenza di elementi oggettivi incompatibili con versione difensiva, tra cui le circostanze del controllo e il tentativo di eludere l’attiv operanti, cercando di rientrare nei locali dell’Autogrill.
Quanto alla censura relativa alla mancata considerazione della convergente attribuzione al solo COGNOME della paternità della sostanza stupefacente e delle armi, il Tribunale non h omesso di valutare tale circostanza, ma l’ha ritenuta superata dal complesso degli elementi indiziari raccolti, dai quali ha ricavato il consapevole coinvolgimento di entrambi gli indagat trasporto del materiale illecito, certamente non equiparabile alla prospettata connivenza no punibile.
Tale complessiva valutazione degli elementi indiziari non presenta profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, risultando invece frutto di un’analisi accurata e raziona materiale probatorio, conforme ai canoni ermeneutici delineati dalla giurisprudenza di legittimità.
I documenti prodotti dalla difesa a sostegno della versione del ricorrente – in particol quelli provenienti dall’azienda di RAGIONE_SOCIALE Ruffo di Lamezia Terme, che confermerebbero il cambio di autovettura avvenuto il 14 novembre, con il passaggio da un’Audi Al a un’Audi Q5 -, e così pure la ripartizione del danaro rinvenuto, non sono stati ritenuti decisivi dal Tribun che li ha implicitamente considerati inidonei a superare il complesso degli elementi indizia convergenti verso la piena consapevolezza e volontarietà della condotta di concorso da parte del ricorrente.
Alla luce di tali considerazioni, la motivazione dell’ordinanza impugnata, quanto all sussistenza della gravità indiziaria, si presenta immune da vizi logici e giuridici rilevabili i di legittimità, essendo il risultato di un’analisi complessiva e coerente degli elementi probat condotta secondo i parametri ermeneutici propri della fase cautelare.
3. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’ordinanza genetica contiene, infatti, specifica motivazione in merito alla prognosi cir l’irrogazione di una pena detentiva superiore a tre anni all’esito del giudizio, presuppo necessario per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere ai sensi dell’a 275, comma 2-bis, cod. proc. pen.
Tale disposizione, come modificata dal d.l. 26 giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117, stabilisce che “non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, l detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni”.
La valutazione predittiva circa la condanna a pena superiore ai tre anni si colloca nella fas genetica della misura cautelare: l’obbligo ad essa relativo impone al Giudice della cautela d valutare, nella scelta della custodia in carcere piuttosto che di altre misure, se l’imputato p essere destinatario di una condanna a pena ultratriennale. Solo nel caso in cui questo vaglio si concluda con esito positivo, il Giudice investito della richiesta del pubblico ministero p applicare, nella ricorrenza degli altri presupposti di legge, la misura di massimo rigore.
Poiché si tratta di un passaggio dell’iter delibativo sulla richiesta della massima misu esso deve trovare riscontro nella motivazione, nella quale il Giudice della cautela dovrà dar atto di avere svolto la prognosi in parola, enunziando le ragioni per le quali essa si concluda senso sfavorevole al destinatario del vincolo.
Nel caso di specie, nell’ordinanza genetica, a pagina 4 (penultimo capoverso), è fatto specifico riferimento alla prognosi di pena ultratriennale ex art. 275, comma 2-bis, cod. pro pen..
4. Il quinto motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il Tribunale del Riesame ha adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, con particolare
riferimento al pericolo di reiterazione del reato, attraverso una valutazione complessiva dell fattispecie concreta, apprezzando tanto la gravità dei fatti contestati (trasporto e detenzione
considerevoli quantitativi di sostanze stupefacenti unitamente a una pistola, proiettili e ar bianche), quanto le modalità della condotta e la presenza di strumenti di pesatura, indici d
organizzazione dell’attività illecita.
La valorizzazione di tali elementi non presenta profili di illogicità o contradditto manifesta, risultando coerente con il complessivo quadro probatorio e con l’interpretazione
giurisprudenziale dei requisiti di concretezza e attualità del pericolo di reiterazione, rich dalla novella dell’art. 274 cod. proc. pen. ad
opera della legge n. 47 del 2015.
Nel caso di specie, l’idoneità della misura carceraria a fronteggiare le esigenze cautelari stata motivata dal Tribunale in considerazione della verosimile inserimento del ricorrente in un
contesto organizzativo più ampio, della gravità delle condotte e della necessità di recidere legami con gli ambienti criminosi.
Tale valutazione non presenta profili di manifesta illogicità o contraddittorietà e risu idonea a supportare la decisione impugnata.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186/2000), al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così è deciso, 10/04/2025
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