Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23417 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23417 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Venezia, investito di richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., confermava la misura della custodia cautelare in carcere, applicata dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 21 luglio 2023, nei confronti di NOME e di NOME COGNOME, in relazione al reato di tentato omicidio ai danni di NOME.
Il Tribunale del riesame richiamava in premessa gli esiti delle attività investigative, così come sunteggiati nell’ordinanza genetica.
In sintesi, per quanto qui d’interesse, il fatto oggetto di addebito provvisorio riguarda gli accadimenti del 3 luglio 2023, occorsi presso una struttura adibita a centro di accoglienza per migranti in Fiesso d’Artico, che avevano visto NOME vittima di un fendente sferrato, nel corso di una lite, da NOME, mentre NOME impediva che i presenti intervenissero in ausilio della vittima stessa.
2.1. La provvista indiziaria era costituita in primo luogo dalle dichiarazioni della vittima, ritenuto attendibile e le cui dichiarazioni erano confermate da più persone informate sui fatti che avevano assistito all’aggressione. Erano, inoltre, valorizzate una ripresa video effettuata da NOME COGNOME, presente ai fatti, con il proprio telefono cellulare, i filmati estratti dalle telecamere di videosorveglianza della Polizia locale, infine i referti medici attestanti la presenza di una profonda ferita da arma bianca in emotorace sinistro, dunque in sede di organi vitali, e la consulenza medico legale disposta dal Pubblico ministero.
2.2. Reputati presenti i gravi indizi, riguardo alle esigenze cautelari, i Tribunale riteneva che la gravità del fatto rendesse necessaria la misura cautelare massima, unica in grado di scongiurare il pericolo di reiterazione di condotte analoghe a quelle per cui si procede.
Ricorre per cassazione COGNOME, tramite il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, e articola due motivi.
3.1. Con il primo lamenta l’illogicità della motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame avrebbe depotenziato i dati obiettivi dell’ormai ventennale stato d’incensuratezza dell’indagato, dell’eccezionalità della condotta attuata e della sua non ripetibilità, e avrebbe trascurato di considerare che il provvedimento cautelare era stato eseguito un mese dopo i fatti, periodo
durante il quale tutti i protagonisti della vicenda avevano continuato a convivere pacificamente.
3.2. Con il secondo motivo, deduce l’assenza e, comunque, l’illogicità della motivazione in punto di diniego della più mite misura cautelare degli arresti domiciliari, invocati anche con il dispositivo elettronico del controllo a distanza.
Il Tribunale avrebbe confuso l’incapacità di autocontrollo dell’indagato, intesa come capacità di non cedere all’emotività e di controllare le proprie reazioni istintive, con quella di adesione alle prescrizioni dell’ Autorità, in meri alla quale nulla è stato argomentato.
Ricorre per cassazione altresì NOME COGNOME, a mezzo del medesimo difensore di fiducia AVV_NOTAIO, con distinto atto di ricorso, deduce due motivi.
4.1. Con il primo motivo lamenta l’illogicità della motivazione dell’ordinanza in punto di gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari.
La condotta di concorso dell’indagato sarebbe, secondo i Giudici della cautela, costituita da un’attività di questi finalizzata a impedire l’intervento favore della vittima; e, tuttavia, le deposizioni della persona offesa e dei testimoni oculari – riprodotte per stralci nel ricorso – non sarebbero sovrapponibili e, anzi, sul punto della specifica condotta addebitata a COGNOME, sarebbero confliggenti.
Del pari illogica sarebbe l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui lo stato d’incensuratezza dell’indagato perderebbe rilevanza a fronte della gravi modalità con le quali è stata svolta l’azione, posto che in tale modo si finisce per attribuire a COGNOME la gravità di una condotta precipuamente attribuita al coimputato, ovverosia quella di avere colpito con un fendente il suo antagonista.
4.2. Con il secondo motivo lamenta l’illogicità manifesta della motivazione in punto di diniego della misura degli arresti domiciliari.
L’unico presupposto sul quale è stato fondato il provvedimento reiettivo è, infatti, l’inidoneità del domicilio disponibile, trattandosi della stessa abitazio del correo, la cui misura della custodia cautelare in carcere potrebbe venir meno in qualsiasi momento.
Il Tribunale avrebbe dovuto guardare alla situazione attuale e, eventualmente, ove si fosse realizzata in concreto la condizione ostativa, avrebbe potuto adottare i provvedimenti consequenziali.
4.3. Con memoria pervenuta in data 24 gennaio 2024, la difesa di COGNOME ha segnalato che, in esito all’ascolto della persona offesa e dei testimoni oculari in incidente probatorio, il Giudice per le indagini preliminari, con ordinanza in data
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18 dicembre 2023 (che ha allegato alla memoria), ha revocato nei riguardi del ricorrente la misura della custodia cautelare in carcere per sopravvenuta mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta depositata il 25 gennaio 2024, ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME è manifestamente infondato e, come tale dev’essere dichiarato inammissibile, mentre quello di COGNOME dev’essere egualmente dichiarato inammissibile, per sopravvenuta carenza d’interesse.
Quanto al ricorso di COGNOME, in presenza di una logica motivazione in punto di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza e proporzionalità della custodia cautelare in carcere, il Collegio rileva come le deduzioni del ricorrente si risolvano nella sollecitare una rilettura del fatto e della sua gravità, che non compete alla Corte di legittimità.
Alla correttezza e completezza delle argomentazioni in cui tale giudizio si riflette, sono mosse obiezioni non decisive, già preventivamente confutate dai giudici del riesame.
Segnatamente, i Giudici della cautela hanno preso atto dell’incensuratezza dell’indagato, ma – con motivazione non manifestamente illogica – hanno ritenuto che tale dato perdesse di rilievo al cospetto dell’azione, d’inaudita violenza, motivata da ragioni di debito/credito collegate a causali illecite, che avevano visto il ricorrente dapprima discutere con la vittima, per poi – dopo un’ora – in esito a ulteriore diverbio, porre fine alla discussione con la modalità fortemente aggressiva di cui si è detto, incurante della presenza di testimoni (p. 10 del provvedimento impugNOME).
E’ stata altresì valorizzata – sotto il profilo del pericolo di reiterazione personalità negativa dell’indagato, inferita dalle condotte successive al fatto di fuga e di occultamento dell’arma, quest’ultima azione ripresa dalla videocamere della polizia locale.
Analoghe considerazioni valgono per le censure, per vero GLYPH generiche, inerenti all’applicazione della misura cautelare massima e al diniego di quella degli arresti domiciliari, anche con le modalità di cui all’art. 475-bis cod. proc. pen.
Il Tribunale, ha adeguatamente motivato ponendo l’accento sulla gravità del fatto e sulla modalità della condotta, formulando – con motivazione scevra da fratture logiche – la prognosi della mancata osservanza, da parte dell’indagato delle prescrizioni a lui imposte, sulla scorta di elementi specifici indicativi dell sua scarsa capacità di autocontrollo; argomenti incontroversi e con i quali il ricorrente omette di confrontarsi.
Quanto al ricorso di COGNOME, il suo difensore ha segnalato che, dopo la presentazione del ricorso per cassazione, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia, con ordinanza in data 18 dicembre 2023 (allegata alla memoria difensiva), ha revocato nei suoi riguardi la misura della custodia cautelare in carcere per sopravvenuta mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile, per carenza d’interesse.
Il Collegio intende, invero, dare continuità al principio di diritto secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento applicativo o confermativo di una misura cautelare personale, qualora l’interessato, nelle more del giudizio, sia stato rimesso in libertà, poiché l’eventuale accoglimento dell’impugnazione verrebbe in ogni caso a cadere su un provvedimento ormai privo di efficacia (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208165; principio ribadito, tra molte altre, da Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, COGNOME, Rv. 25169. In motivazione si è espressamente fatto riferimento alla situazione di «carenza d’interesse sopraggiunta», in caso di mutata situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, per cui la finalità perseguita dall’impugnante abbia già trovato concreta attuazione ovvero abbia perso ogni rilevanza, in conseguenza del superamento del punto controverso; Sez. 6, n. 44723 del 25/11/2021, COGNOME, Rv. 282397).
In Sez. 6, n. 44723 del 25/11/2021, COGNOME, Rv. 282397, citata – muovendo da presupposto che l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., come condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, dev’essere concreto, e cioè mirare a rimuovere l’effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subìto con il provvedimento impugNOME che deve, pertanto, persistere sino al momento della decisione – si è altresì chiarito che nessun rilievo può avere la circostanza che il provvedimento di revoca della misura cautelare sia soggetto a gravame: eventuali doglianze, infatti, potranno e dovranno essere proposte nei confronti dell’ordinanza conclusiva di tale nuovo e diverso incidente cautelare, se e nella misura in cui essa risulti sfavorevole per le ragioni dell’indagato.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso di COGNOME consegue la condanna al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili dì colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
Non così per COGNOME, non ravvisandosi, in tale ipotesi, essendovi soccombenza della parte ricorrente, neppure virtuale, posto che la sopravvenuta carenza d’interesse è derivata da causa a lui non imputabile (Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, COGNOME, Rv. 208166; con particolare riferimento al procedimento de libertate: Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017, dep. 2018, Reznnuves, Rv. 272308; Sez. 6, n. 19209, del 31/10/2013, COGNOME, RV. 256225).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso, il 14 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente