Custodia Cautelare: la Cassazione Spiega l’Inammissibilità del Ricorso
Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di custodia cautelare per gravi reati legati al traffico di stupefacenti, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione presentata da un indagato, sottolineando la genericità delle censure e la correttezza della valutazione operata dal Tribunale del riesame. Questo provvedimento offre spunti fondamentali sulla redazione degli atti difensivi e sulla valutazione delle esigenze cautelari.
I Fatti del Caso
Il procedimento trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.i.p. del Tribunale di Catania nei confronti di un soggetto, accusato di aver ceduto un chilo di cocaina e di averne acquistato un altro. L’indagato presentava richiesta di riesame, che veniva però rigettata dal Tribunale competente. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, basandolo principalmente su due motivi: la presunta violazione di legge per l’utilizzo della tecnica del ‘copia-incolla’ da parte del Tribunale e un vizio di motivazione circa l’adeguatezza della misura di massimo rigore.
I Motivi del Ricorso contro la Custodia Cautelare
La difesa sosteneva che il provvedimento del Tribunale del riesame fosse nullo perché si limitava a riprodurre il contenuto dell’ordinanza originaria, senza un’autonoma valutazione. Inoltre, contestava l’insufficienza della motivazione sulla necessità della custodia in carcere, ritenuta sproporzionata a fronte di due soli episodi di cessione e senza la contestazione formale della continuazione del reato. L’obiettivo era dimostrare che la misura applicata fosse eccessivamente afflittiva rispetto ai fatti contestati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici di legittimità, le argomentazioni difensive erano generiche e non riuscivano a scalfire la logicità e la completezza della decisione impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, offrendo importanti principi di diritto.
Sulla questione del “copia-incolla”
Il primo motivo è stato giudicato inconsistente. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: l’utilizzo della tecnica redazionale del ‘copia-incolla’ è legittimo quando agevola la riproduzione della fonte, evitando travisamenti, e soprattutto quando è accompagnato da una dovuta analisi dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni che formano il convincimento del giudice. Nel caso specifico, il ricorrente non aveva neppure indicato quali parti dell’ordinanza fossero state meramente riprodotte, rendendo la censura astratta e non verificabile.
Sull’adeguatezza della misura cautelare
Anche il secondo e il terzo motivo sono stati ritenuti generici. La Suprema Corte ha evidenziato come il Tribunale del riesame avesse fondato la sua decisione su un quadro indiziario ben più ampio e articolato di quello rappresentato dalla difesa. Gli elementi valorizzati erano:
1. La spiccata caratura criminale dell’indagato, descritto come braccio destro di un soggetto in posizione apicale in un’organizzazione criminale.
2. La disponibilità manifestata a rifornire un acquirente con cadenza settimanale, a dimostrazione di uno stabile collegamento con fornitori capaci di garantire un costante approvvigionamento.
3. Le dichiarazioni di un collaboratore, che indicavano il suo stabile inserimento in gruppi criminali dediti al commercio di diverse tipologie di stupefacenti.
L’apparato argomentativo del Tribunale, quindi, non si basava solo sui due episodi contestati, ma su una valutazione complessiva della pericolosità sociale dell’indagato, giustificando ampiamente la misura della custodia cautelare in carcere.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce due principi fondamentali in materia di impugnazioni. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere specifico e non generico, dovendo confrontarsi puntualmente con tutte le argomentazioni del provvedimento impugnato. In secondo luogo, la valutazione delle esigenze cautelari non si limita ai singoli fatti-reato, ma considera la personalità complessiva dell’indagato, i suoi legami con ambienti criminali e la sua capacità di continuare a delinquere. La decisione conferma che una motivazione solida, anche se utilizza parzialmente contenuti di atti precedenti, è pienamente legittima se dimostra un percorso logico-giuridico autonomo e completo.
È sempre illegittimo che un’ordinanza del Tribunale del riesame utilizzi la tecnica del “copia-incolla” rispetto al provvedimento iniziale?
No. Secondo la Cassazione, non è illegittimo se la riproduzione della fonte evita travisamenti ed è accompagnata da un’analisi autonoma dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni della decisione.
Quali elementi ha considerato il Tribunale per giustificare la custodia cautelare in carcere?
Il Tribunale ha considerato molteplici elementi, tra cui la spiccata caratura criminale dell’indagato, la sua posizione in un’organizzazione criminale, la sua disponibilità a fornire droga con regolarità (dimostrando stabili collegamenti con i fornitori) e le dichiarazioni di un altro soggetto che ne confermavano l’inserimento in gruppi criminali.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici. Non specificavano quali parti dell’ordinanza fossero state “copiate” e non confutavano in modo puntuale l’ampio apparato argomentativo del Tribunale del riesame, limitandosi a una rappresentazione parziale dei fatti.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7734 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7734 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME nato a Catania il 21/07/1992, avverso l’ordinanza in data 13/08/2024 del Tribunale di Catania, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 13 agosto 2024 il Tribunale del riesame di Catania ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 25 luglio 2024 dal G.i.p. del Tribunale di Catania per plurime violazioni del d.P.R. n. 309 del 1990, cessione di un chilo di cocaina (capo 18) e acquisto di un altro chilo di cocaina al prezzo di euro 31.500 (capo 19).
1A4
Il ricorrente eccepisce la violazione di legge e il vizio di motivazione perché l’ordinanza era stata redatta con la tecnica del copia-incolla (primo motivo),
perché era insufficiente la motivazione sull’adeguatezza della misura di massimo rigore in presenza di due cessioni e senza la contestazione della continuazione (secondo e terzo motivo).
Il ricorrente presenta una memoria in replica alla requisitoria del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo è inconsistente perché il ricorrente non ha documentato i passi della motivazione dell’ordinanza impugnata che assume essere conformi all’ordinanza genetica impedendo al giudice di legittimità qualsivoglia valutazione sul punto e non si confronta con la giurisprudenza secondo cui è legittimo il ricorso alla tecnica redazionale del c.d. copia e incolla, laddove agevoli la riproduzione della fonte contribuendo ad evitarne il travisamento, quando sia accompagnata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127).
Il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente, sono del pari generici perché non confutano la parte di motivazione in cui il Tribunale del riesame ha logicamente desunto la sussistenza delle esigenze cautelari dai seguenti molteplici elementi: a) spiccata caratura criminale derivante dalla posizione del COGNOME come braccio destro dell’Ercolano, soggetto in posizione apicale; b) disponibilità manifestata al NOME, dopo la consegna di un chilo di cocaina, a rifornirlo di droga anche una volta a settimana, a dimostrazione dello stabile collegamento con fornitori in grado di provvedere all’approvvigionamento; c) propalazioni di Privitera NOME COGNOME indicative del suo stabile inserimento in gruppi criminali dediti al commercio di stupefacenti di diversa tipologia.
L’apparato argomentativo, pertanto, è ben più ampio ed articolato di quanto rappresentato dalla difesa.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 24 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente