Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20818 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/12/2023 del Tribunale per il riesame di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 G.i.p. del Tribunale di Genova il 28 agosto 2023, convalidato l’arresto di NOME COGNOME, colto dalla polizia giudiziaria il 25 agosto 2023 in flagranza di detenzione illecita, in concorso con altra persona, di quasi ottocento grammi lordi di sostanza stupefacente cocaina/crack suddivisi in varie confezioni, ha applicato allo stesso la misura cautelare della custodia in carcere, ritenendo sussistenti, oltre ai gravi indizi di colpevolezza, l’esigenza cautelare di evitare la reiterazione del reato di cui alla lett. c) dell’art. 274 cod. proc. pen.
Su richiesta difensiva ex art. 299 cod. proc. pen., il G.i.p. il 28 novembre 2023 ha sostituito la misura nei confronti di NOME con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione di NOME COGNOME in Baldissero d’Alba INDIRIZZO.
L’ordinanza di sostituzione del G.i.p. è stata impugnata ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. dal Pubblico Ministero ed il Tribunale per il riesame di Torino, in accoglimento dell’appello, con ordinanza del 18-19 dicembre 2023 1 ha applicato la misura di massimo rigore richiesta dall’Accusa; l’esecuzione del provvedimento è sospesa ai sensi dell’art. 310, comma 3, cod. proc. pen.
2. Ciò premesso, ricorre per la cassazione dell’ordinanza del 18-19 dicembre 2023 del Tribunale per il riesame NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale denuncia violazione degli artt. 284 e 275, comma 3, cod. proc. pen. e, in particolare, del principio di estrema residualità (extrema ratio) della custodia cautelare, applicabile soltanto quando ogni altra opzione risulti inadeguata a soddisfare le esigenze cautelari ravvisate sussistenti nel caso concreto.
Rammenta il ricorrente avere il Tribunale ritenuto l’inadeguatezza degli arresti domiciliari, valutati inidonei a fronteggiare il pericolo di recidiva, stima particolarmente elevato alla luce della modalità del fatto e della personalità dell’imputato risultante dal casellario (p. 3 dell’ordinanza), per poi passare ad elencare la lunga serie dei precedenti specifici dell’imputato (pp. 3-4) e ad affermare che, nonostante l’assenza di precedenti per evasione, sussisterebbe il pericolo di fuga in ragione della necessità di sottrarsi all’esecuzione della condanna per il reato per cui è in atto la misura cautelare e alla esecuzione del provvedimento di cumulo emesso il 13 gennaio 2021 (p. 4).
Si sottopone a serrata censura il provvedimento, risultando che la pena di cui al provvedimento di cumulo richiamato dal Tribunale è stata, in realtà, già interamente espiata, essendo stato il ricorrente ammesso alla detenzione domiciliare, come risulta dal provvedimento del Tribunale di sorveglianza di
Firenze materialmente allegato sub n. 1 al ricorso, e non risultando, come appunto riconosce lo stesso Tribunale, condanne per evasione.
Inoltre, l’ordinanza sarebbe carente di un vaglio puntuale e congruo sulla attualità e sulla concretezza dei pericula in libertate, affidate nel caso concreto a mere valutazioni astratte, essendosi trascurato sia il tempo passato dalla consumazione del fatto sia le seguenti circostanze: l’essere il reato per cui si procede maturato in contesto – sì – “domestico”, come afferma il provvedimento impugnato (alla p. 3) ma sempre e soltanto in Genova, assai distante dalla località in cui è stato collocato agli arresti domiciliari, in altra regione e in paese di piccolissime dimensioni, cioè Baldissero d’Alba (CN), in maniera tale, ad avviso della Difesa, da interrompere il legame con gli ambienti di approvvigionamento/vendita. Donde la natura puramente congetturale dell’affermazione circa il rischio di reiterazione del reato nel – ben diverso contesto in cui l’imputato già si trova agli arresti domiciliari.
Si richiama, poi, condividendola, ampia parte della motivazione della recente sentenza di Sez. 4 pen., n. 32385 del 30/05/2023, RAGIONE_SOCIALE Modou, Rv. 284928, che si allega materialmente sub n. 2 al ricorso, in tema di esigenze cautelari (nn. 2-5, pp. 2-4, del “considerato in diritto”):
« A mente dell’art. 284 cod. proc. pen., rubricato “arresti domiciliari”, colui che viene sottoposto a tale misura cautelare è tenuto a non allontanarsi dal luogo stabilito per la sua esecuzione, il quale può di volta in volta essere individuato nella abitazione su cui l’indagato può vantare una facoltà dominicale o comunque qualificata (tale dovendo ritenersi il riferimento all’abitazione “propria”) o da altra dimora appartenente a un soggetto privato diverso dal sottoposto; o ancora in un luogo pubblico, destinato alla cura o all’assistenza della persona, o, infine, in una casa famiglia protetta (concetto che, in realtà, potrebbe anche rinviare alla categoria precedente). Ne consegue che, da un punto di vista testuale, nessun concreto elemento consente di ritenere che la misura possa essere concessa soltanto ove presso il luogo stabilito soggiornino, insieme al sottoposto agli arresti, altre persone. Una conclusione cui conduce anche l’ampia portata della previsione del comma 3 dell’art. 284, concernente la possibilità, per il giudice, di autorizzare l’imputato ad assentarsi, nel corso della giornata, dal luogo di arresto quando questi non possa “altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita” o comunque versi “in situazione di assoluta indigenza”. Una previsione che appare pienamente compatibile con la possibilità che il soggetto non sia assistito da alcuno nel luogo di dimora in cui si trovi, tanto da avere la necessità, non altrimenti soddisfabile, di allontanarsene. E, a fortiori, deve ritenersi ancor meno necessario che il sottoposto debba coabitare con soggetti della sua cerchia parentale, ai quali debba essere
conferita una funzione di non meglio definito «controllo” sul soggetto agli arresti, secondo quanto argomentato nel provvedimento impugnato. In ultimo, non può nemmeno condividersi l’assunto sviluppato dal Tribunale genovese secondo cui la possibilità di fruire degli arresti domiciliari presso la dimora di un sogget che non appartenga alla cerchia familiare dell’imputato equivalga a una sorta di “lasciapassare” per uscire dal carcere. E’ appena il caso di osservare, infatti, che nell’attuale regime processuale delle misure cautelar’ la custodia in carcere è chiaramente configurata come extrema ratio, alla quale deve ricorrersi, secondo quanto stabilito dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., quando ogni altra opzione risulti inadeguata a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto. Ne consegue, dunque, che le misure diverse dalla custodia carceraria non possono essere considerate come uno strumento per sottrarsi alla misura massima, quanto, all’opposto, come la soluzione alla quale ordinariamente ricorrere salvo che non vi siano alternative alla restrizione carceraria (sez.1, n.31769 del 25/09/2020, NOME, Rv.280198). Parimenti illogico appare l’argomento sulla incompatibilità, ritenuta nel provvedimento impugnato, di una misura cautelare domiciliare con la condizione di irregolarità del cautelato in relazione al rispetto della disciplina sul soggiorn in territorio nazionale; orbene se tale condizione di irregolarità, sotto il profi della ricorrenza di esigenze cautelari, può fondare una giudizio di pericolosità del cautelando con riferimento alla reiterazione di condotte criminose, stante l’impossibilità di acquisire fonti lecite di guadagno, dall’altra non può incidere sulla valutazione della idoneità della misura cautelare domiciliare la quale, come sopra evidenziato, si pone come alternativa alla custodia in carcere e rappresenta strumento di contenimento dal pericolo di recidwanza criminosa e non già di regolamentazione sociale dei diritti e delle facoltà del cautelato, né lo legittima, se non nei limiti strettamente necessari all’assolvimento di essenziali bisogni della persona (art. 284 comma 3 cod. proc. pen. con riferimento alla salute e alla alimentazione) allo svolgimento di attività precluse dalla sua condizione di “irregolarità” sul territorio nazionale (Sez. 1, n. 10315 del 30/01/2020, Bunaj, Rv.278690; S.U., n. 14500 del 28/03/2006, PG in procedimento Allousi). Sotto diverso profilo la valutazione di incompatibilità della condizione personale e amministrativa del cautelato con la natura e la funzione della misura cautelare domiciliare ha determinato un totale difetto di motivazione sulla verifica della eventuale adeguatezza di una misura cautelare domiciliare accompagnata da congegni elettronici di controllo a distanza, tenuto conto del contenuto e della intensità delle esigenze cautelar’ da preservare (che il giudice della cautela aveva ricondotto, oltre che al pericolo di recidivazione anche a quello di fuga connesso alla condizione di irregolarità), valutazione che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dovrà pertanto essere svolta, a fronte dell’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per i motivi sopra indicati».
Quanto alla seconda parte del ragionamento del Tribunale per il riesame (pp. 4-5) circa la ritenuta inadeguatezza “civilistica” del domicilio ove scontare gli arresti, si osserva come la Difesa si sia adeguata al provvedimento sostanzialmente integrativo del G.i.p., documentando che il conduttore NOME di fatto non abita nella casa ove NOME COGNOME ha dichiarato di essere disponibile ad accogliere l’amico, cosa che in effetti ha fatto sin dalla data di sostituzione, cioè dal 28 novembre 2023, senza che il RAGIONE_SOCIALE incaricato dei controlli abbia mai segnalato criticità o inosservanze.
Quanto, poi, alla pretesa inidoneità del domicilio per la vigenza della clausola di cui al n. 12 del contratto di locazione ostativa alla ospitalità altr l’asserzione è, ad avviso del ricorrente, sconfessata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione civile che si richiama e che si allega sub n. 3 al ricorso (Sez. 3 civ., n. 9931 del 18/06/2012, RAGIONE_SOCIALE vs RAGIONE_SOCIALE, Rv. 623043, la cui massima ufficiale recita “Il divieto di sublocazione o di comodato, previsto da una clausola del contratto di locazione, non può ritenersi violato per il solo fatto che il conduttore abbia ospitato, sebbene per un cospicuo periodo di tempo (nella specie, tre anni), un prossimo congiunto (nella specie, sorella e nipote “ex fratre”), costituendo tale circostanza un mero indizio, privo di rilievo probatorio ai fini della prova dell’inadempimento, se non accompagnato da ulteriori circostanze idonee a dimostrare che il conduttore avesse accordato agli ospiti le facoltà proprie del comodatario”) e che (alle pp. 6-7 dei “motivi della decisione) ha puntualizzato che «questa Corte ha anche ritenuto che è nulla la clausola di un contratto di locazione nella quale, oltre alla previsione del divieto di sublocazione, sia contenuto il riferimento al divieto di ospitalità non temporanea di persone estranee al nucleo familiare anagrafico, siccome conffiggente proprio con l’adempimento dei doveri di solidarietà che si può manifestare attraverso l’ospitalità offerta per venire incontro ad altrui difficoltà, oltre che con la tu dei rapporti sia all’interno della famiglia fondata sul matrimonio sia di una convivenza di fatto tutelata in quanto formazione sociale, o con l’esplicazione di rapporti di amicizia (Cass., n. 14343/2009)». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Infine, in relazione all’assunto che non sussisterebbe alcuna apprezzabile relazione tra ospitante e ospitato, si richiama il precedente di Sez. 1 pen., n. 31769 del 25/09/2020, NOME COGNOME, Rv. 280198, che ha annullato omologa ordinanza del Tribunale per il riesame di Genova ritenendo che ben possa fornire disponibilità ad accogliere in regime di arresti domiciliari persona estranea alla cerchia familiare, in particolare argomentando quanto segue (sub nn. 2-3-4 del “considerato in diritto”, pp. 3-4 della motivazione):
« A mente dell’art. 284 cod. proc. pen., rubricato “arresti domiciliari, colui che viene sottoposto a tale misura cautelare è tenuto a non allontanarsi dal luogo stabilito per la sua esecuzione, il quale può di volta in volta essere individuato nella abitazione su cui l’indagato può vantare una facoltà dominicale o comunque qualificata (tale dovendo ritenersi il riferimento all’abitazione “propria”) o da altra dimora appartenente a un soggetto privato diverso dal sottoposto; o ancora in un luogo pubblico, destinato alla cura o all’assistenza della persona, o, infine, in una casa famiglia protetta (concetto che, in realtà, potrebbe anche essere rinviare alla categoria precedente).
Ne consegue che, da un punto di vista testuale, nessun concreto elemento consente di ritenere che la misura possa essere concessa soltanto ove presso il luogo stabilito soggiornino, insieme al sottoposto agli arresti, altre persone. Una conclusione cui conduce anche l’ampia portata della previsione del comma 3 dell’art. 284, concernente la possibilità, per il giudice, di autorizzare l’imputato ad assentarsi, nel corso della giornata, dal luogo di arresto quando questi non possa “altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita” o comunque versi “in situazione di assoluta indigenza’. Una previsione che appare pienamente compatibile con la possibilità che il soggetto non sia assistito da alcuno nel luogo di dimora in cui si trovi, tanto da avere la necessità, non altrimenti soddisfabile, di allontanarsene. E, a fortiori, deve ritenersi ancor meno necessario che il sottoposto debba coabitare con soggetti della sua cerchia parentale, ai quali debba essere conferita una funzione di non meglio definito “controllo” sul soggetto agli arresti, secondo quanto argomentato nel provvedimento impugnato.
In ultimo, non può nemmeno condividersi l’assunto sviluppato dal Tribunale genovese secondo cui la possibilità di fruire degli arresti domiciliari presso la dimora di un soggetto che non appartenga alla cerchia familiare dell’imputato equivalga a una sorta di “lasciapassare” per uscire dal carcere».
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore Generale della S.C. nella memoria del 18 gennaio 2024 COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Con memoria del 28 gennaio 2024 1 la Difesa ha insistito per l’accoglimento del ricorso, sottolineando in modo particolare l’assenza di o vaglio da parte del Tribunale circa la eventuale prosecuzione degli arr domiciliari, in corso di esecuzione da tempo in località assai dist geograficamente e strutturalmente, dal contesto di commissione dei reati, co previsione del dispositivo di controllo elettronico. Si richiama l’insegname
delle Sezioni unite della S.C. (Sez. U, n. 20769 del 28/0472016, COGNOME, Rv. 266651, secondo cui «In tema di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 47 del 2015, ove non si sia al cospetto di una delle ipotesi di presunzione assoluta di adeguatezza, il giudice deve sempre motivare sulla inidoneità della misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico») e quello, conforme, delle Sezioni semplici successive (Sez. 3, n. 558 del 27/10/2022, dep 2023, NOME COGNOME, non mass., allegata alla memoria).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso appare infondato e, dunque, da rigettare, per le seguenti ragioni.
2. Preliminarmente, si impongono due precisazioni.
La prima: coglie nel segno il ricorrente allorché evidenzia come il rischio di fuga di cui si legge alla p. 4 del provvedimento impugnato in effetti non era stato individuato nell’ordinanza genetica del 28 agosto 2023 (cfr. Sez. 2, n. 24811 dell’11/04/2019, COGNOME NOME, Rv. 276448, secondo cui «L’appello del pubblico ministero, ex art. 310 cod. proc. pen., avverso ordinanza cautelare, i cui motivi siano riferiti al solo punto dell’adeguatezza della misura emessa, non attribuisce al tribunale del riesame la cognizione anche sui punti della gravità indiziaria e delle esigenze caute/ari, fatta salva l’applicazione dell’art. 299, comma 1, cod. proc. pen. in ordine ad elementi nuovi o diversi, non precedentemente valutati dal giudice che ha emesso la misura»).
La seconda: quanto al profilo “civilistico” di cui tratta l’ordinanza alla p. 4 già il G.i.p. nell’ordinanza di sostituzione del 28 novembre 2023 (p. 2), aveva richiamato, condividendolo, il precedente di Sez. 4, n. 32385 del 30/05/2023, RAGIONE_SOCIALE Modou, Rv. 284928; in ogni caso, comunque, il P.M. non è organo abilitato a “rappresentare” l’eventuale interesse civilistico ad excludendum del coconduttore della casa, peraltro, per quanto risulta, rimasto silente sino ad ora.
3.Ciò premesso e passando al merito del ricorso, nulla quaestio sulla sussistenza dell’esigenza cautelare di evitare la recidiva e nulla quaestio nemmeno sulla intensità delle esigenze cautelari, descritte da entrambi i giudici di merito come assai elevate nel caso di specie, atteso il numero dei precedenti specifici dell’imputato.
L’impugnazione si concentra sul tema della scelta della misura necessaria a contenere il rilevato pericolo di recidiva, in quanto, ad avviso della Difesa di NOME AVV_NOTAIO, il Tribunale per il riesame avrebbe trascurato sia il tempo trascorso in
regime di arresti domiciliari senza rimarchi (circa 70 giorni) sia il contesto ambientale di limitatissime dimensioni sia la distanza geografica da Genova, luogo di commissione del reato per cui si procede. Il provvedimento impugnato, inoltre, secondo il ricorrente, non spiegherebbe perché ritiene inidonei gli arresti domiciliari eventualmente aggravati dal braccialetto elettronico.
Osserva il Collegio quanto segue. A ben vedere, mentre il G.i.p. ha adottato una motivazione concentrata sulla “fotografia” del presente, invece il Tribunale per il riesame, conformemente alla prospettazione del P.M., pur non trascurando il presente, ha valorizzato anche il passato, sottolineando la gravità del fatto, le sue modalità e la personalità dell’imputato, descritto come avente solidi legami con ambienti delinquenziali (p. 3 dell’ordinanza) e che è gravato da plurimi precedenti, anche specifici, risultanti dal casellario, che ne descrivono “la lunga storia criminale” (così alla p. 4), lasciando emergere un grado di pericolosità assai elevato, quanto al rischio di recidiva, e da contenere necessariamente, ad avviso del Tribunale per il riesame, con la custodia in carcere (p. 4). Si tratta di motivazione non incongrua né illogica e che si sottrae al sindacato di legittimità.
Quanto alla eventuale possibilità, si cui insiste specialmente la Difesa, di applicazione degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, è stato gi puntualizzato – condivisibilmente – che ove il giudice, per la pericolosità dell’indagato e per le peculiarità del fatto contestato, abbia ritenuto adeguata unicamente la custodia infrannuraria, non deve altresì motivare sull’inidoneità degli arresti pur connotati dall’adozione di tale braccialetto (v. Sez. 6, n. 1084 del 12/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265891; Sez. 3, n. 44634 del 24/04/2015, Querulo, Rv. 265494).
4.Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. es . cod. proc. pen.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/02/2024.