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Custodia cautelare: quando il carcere è inevitabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, promotore di un’associazione a delinquere finalizzata a reati tributari e riciclaggio, contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. La Corte ha stabilito che la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione del reato è sufficiente a giustificare la misura, rendendo irrilevante la contestazione sul pericolo di fuga. Inoltre, ha ritenuto corretta la valutazione di inadeguatezza degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, data la possibilità per l’indagato di gestire l’attività criminale da casa e la convivenza con familiari co-indagati.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia cautelare in carcere: quando è giustificata secondo la Cassazione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12433 del 2025, torna a pronunciarsi sui delicati equilibri che governano l’applicazione della custodia cautelare in carcere, la più afflittiva delle misure coercitive. La pronuncia offre importanti chiarimenti sui presupposti necessari per giustificare il carcere preventivo, in particolare quando si valuta l’alternativa degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Il caso riguardava un soggetto indagato per reati di associazione per delinquere finalizzata a illeciti tributari e riciclaggio, considerato il promotore del sodalizio criminale.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Macerata disponeva la custodia cautelare in carcere per un individuo, ritenendolo gravemente indiziato di essere al vertice di un’associazione criminale. Contro questa decisione, la difesa presentava richiesta di riesame al Tribunale di Ancona, che però confermava la misura carceraria. L’indagato proponeva quindi ricorso per Cassazione, lamentando principalmente tre vizi:

1. Mancata motivazione sull’inidoneità degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
2. Carenza di motivazione sulla sussistenza del pericolo di fuga.
3. Vizio di motivazione sul concreto e attuale pericolo di reiterazione dei reati.

La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente spiegato perché una misura meno gravosa non fosse sufficiente a tutelare le esigenze cautelari.

La Valutazione del pericolo di reiterazione e la custodia cautelare

La Corte di Cassazione inizia la sua analisi dal motivo relativo al pericolo di reiterazione del reato, ritenendolo il fulcro della questione. La Corte lo giudica manifestamente infondato, affermando che il Tribunale di Ancona aveva correttamente desunto il pericolo di recidiva da elementi concreti: la gravità della condotta, la professionalità con cui veniva gestita l’attività criminale e le prove che gli inquirenti avevano raccolto su ulteriori preparativi per proseguire l’attività illecita. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’attualità del pericolo non richiede la previsione di specifiche e imminenti occasioni di ricaduta, ma una valutazione prognostica basata sulla personalità del soggetto e sulle modalità concrete del fatto.

L’Irrilevanza del Pericolo di Fuga se sussiste un’altra esigenza

Passando all’analisi del secondo motivo, relativo al pericolo di fuga, la Corte lo dichiara inammissibile per carenza di interesse. Questa decisione si basa su un consolidato principio processuale: le esigenze cautelari (pericolo di inquinamento probatorio, di fuga o di reiterazione) sono autonome e alternative. Ciò significa che la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a giustificare una misura cautelare. Poiché il pericolo di reiterazione del reato era stato ritenuto validamente motivato, l’eventuale accoglimento del motivo sul pericolo di fuga non avrebbe comunque portato alla liberazione dell’indagato. La misura sarebbe rimasta in piedi sulla base dell’altra esigenza cautelare.

La Scelta della Misura: perché la custodia cautelare e non i domiciliari?

Infine, la Corte esamina il motivo principale: la scelta della custodia cautelare in carcere rispetto agli arresti domiciliari. La difesa lamentava che la motivazione fosse viziata. La Cassazione, pur riconoscendo una parziale imprecisione nella motivazione del primo giudice, conferma la decisione del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva correttamente integrato e rafforzato le ragioni della scelta.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte per ritenere inevitabile il carcere sono state chiare e articolate. Innanzitutto, il ruolo di capo dell’associazione ricoperto dall’indagato e il carattere imprenditoriale e organizzato dell’attività criminale. Tale attività, svolgendosi prevalentemente online o per via telefonica, poteva essere facilmente diretta anche dal proprio domicilio. In secondo luogo, un elemento decisivo è stato la convivenza dell’indagato con due dei suoi figli, anch’essi coinvolti nell’associazione. Questa circostanza avrebbe reso inefficace anche il divieto di comunicare con persone diverse dai conviventi, poiché l’indagato avrebbe potuto continuare a gestire l’attività illecita tramite loro. Pertanto, secondo la Corte, né gli arresti domiciliari né il braccialetto elettronico sarebbero stati sufficienti a neutralizzare il concreto e attuale pericolo di reiterazione dei reati.

le conclusioni

In conclusione, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La sentenza ribadisce che la valutazione sull’adeguatezza della misura cautelare deve essere ancorata a elementi specifici e concreti. Quando la natura del reato, il ruolo dell’indagato e il suo contesto familiare e sociale dimostrano una radicata capacità criminale e la possibilità di proseguire l’attività illecita anche in regime domiciliare, la custodia cautelare in carcere si configura come l’unica misura idonea a salvaguardare le esigenze della collettività. La decisione sottolinea l’autonomia della valutazione di ogni co-indagato e la necessità di una prognosi rigorosa che tenga conto di tutti gli elementi del caso.

Perché il carcere può essere ritenuto l’unica misura idonea anche se è disponibile il braccialetto elettronico?
Secondo la sentenza, la custodia cautelare in carcere è l’unica misura idonea quando le specifiche modalità del reato (ad esempio, un’attività criminale gestibile a distanza tramite telefono o internet), il ruolo di vertice dell’indagato e la convivenza con familiari co-indagati rendono gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, inadeguati a impedire la prosecuzione dell’attività criminosa.

È necessario che un giudice dimostri sia il pericolo di fuga che quello di reiterazione del reato per disporre la custodia cautelare?
No. La Corte chiarisce che le esigenze cautelari sono alternative. È sufficiente che il giudice motivi in modo concreto e adeguato la sussistenza di anche una sola di esse (in questo caso, il pericolo di reiterazione del reato) per giustificare l’applicazione della misura cautelare. La contestazione su un’altra esigenza diventa, di conseguenza, irrilevante.

Il Tribunale del Riesame può correggere o integrare la motivazione del primo giudice che ha applicato la misura cautelare?
Sì. La Cassazione conferma che il Tribunale del Riesame ha il potere e il dovere di integrare la motivazione dell’ordinanza genetica. Anche se la motivazione iniziale presenta delle imprecisioni, essa può essere sanata e rafforzata in sede di riesame, purché la decisione finale si basi su una valutazione completa e logica di tutti gli elementi a disposizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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