Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19132 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19132 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a NAPOLI il 14/07/1973 avverso l’ordinanza del 10/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la reiezione del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La difesa di NOME COGNOME impugna l’ordinanza descritta in epigrafe con la quale il Tribunale di Napoli, quale giudice del riesame ex art. 309 cod. proc. pen. ha confermato la misura custodiale di maggior rigore applicata al predetto in quanto gravemente indiziato del reato di cui all’art 416-bis cod. pen per aver fatto parte dell’associazione di stampo camorristico COGNOME– Pagano in un arco temporale compreso tra il mese di giugno del 2021 ed il 13 settembre 2024.
La difesa evidenzia che con il riesame aveva chiesto retrodatarsi il provvedimento custodiale alla data di emissione di altra precedente ordinanza applicata ai danni del ricorrente -in ragione di alcune condotte estorsive realizzate nel febbraio del 2023 ai danni di NOME COGNOME– rispetto alla quale non poteva che ritenersi già decorso il termine di fase.
Rilievo, questo, non accolto con argomentazioni errate in punto di diritto e viziate da una contraddittorietà intrinseca rispetto ad altre valutazioni rese nel corp medesima ordinanza.
2.1. Per un verso, infatti, il Tribunale, nel valutare l’anteriorità dei fatti, avrebbe f riferimento noh alla data di emissione della prima ordinanza ma a quella di esecuzione delle condotte dei fatti estorsivi presi in considerazione da tale provvedimento; avrebbe altresì escluso l’anteriorità guardando al dato formale della imputazione associativa mossa al ricorrente, descritta in rubrica siccome perdurante a tutto il 13 settembre 2024, data successiva alla prima ordinanza, trascurando di considerare che tutti gli elementi valorizzati a sostegno della ritenuta intraneità sarebbero risalenti, al più tardi, ai pri mesi del 2023 e quindi antecedenti la prima ordinanza, emessa nel giugno dello stesso anno.
2.2. Inoltre, la decisione gravata avrebbe sostenuto che il materiale indiziario chiamato a sostenere l’accusa di intraneità associativa avrebbe assunto un portato compiuto solo nell’informativa conclusiva dei Carabinieri di Napoli del 15 aprile del 2024, successiva alla data di rinvio a giudizio dell’indagato per i fatti di cui alla prima ordinanz la quale, di contro, aveva soltanto un contenuto riassuntivo rispetto ad emergenze tutte essenzialmente riferibili al 2022; e sarebbe caduta in contraddizione, nel rimarcare l’importanza assunta al fine dalle dichiarazioni del collaborante NOME COGNOME in altra parte della medesima ordinanza definite non dirimenti, vieppiù considerando che già nel settembre del 2022 ( momento di iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati) come anche nella richiesta di intercettazioni relative alla utenza telefonica del COGNOME lo stesso era descritto come appartenente al clan COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La decisione gravata merita conferma seppur alla luce di un percorso argomentativo parzialmente diverso da quello tracciato dal Tribunale del riesame.
Rileva la Corte che con il ricorso viene dato per scontato un aspetto che appare, di contro, invece inesplorato e che andava comunque precisato malgrado il silenzio prestato sul punto dall’ordinanza gravata: quello inerente alla presenza di effettivi elementi utili a fondare la misura in atto alla luce di emergenze indiziarie già conosciute al momento della prima ordinanza applicata al ricorrente, che ebbe a riguardare una estorsione dai contenuti affatto precisati.
L’impugnazione, infatti, non consente di comprendere se detta estorsione era attinente sempre all’ambiente delle aste giudiziarie, settore di elezione del ricorrente; di più, se la stessa venne realizzata all’interno del relativo contesto associativo posto a fondamento del titolo in contestazione, atteso che, anche a fermarsi al tenore
dell’ordinanza ora devoluta allo scrutinio della Corte e prescindendo dal silenzio tenuto sul punto dal ricorso, negli elementi apprezzati a sostegno della intraneità non si fa cenno
a tale episodio per quanto lo stesso, in tesi, risulti compatibile al relativo perimetr temporale.
3. A questa considerazione, per il vero tranciante perché si lega al presupposto fondamentale dell’istituto processuale evocato dal ricorrente; va aggiunta anche quella
diretta ad escludere il profilo della anteriorità dei fatti oggetto dell’odierna ordinanza quelli inerenti alla intraneità associativa) rispetto alla data di emissione del prim
provvedimento: tanto in ragione del portato formale dell’imputazione ora ascritta al ricorrente inerente ad una partecipazione perdurante, estesa dunque ad epoca
certamente successiva alla prima ordinanza ed essenzialmente fondata sulla presunzione relativa di protrazione del vincolo, nel caso rimasta insuperata in ragione della mancata
indicazione, da parte della difesa, di specifici elementi destinati a confermarne la dissoluzione, non potendosi valorizzare al fine neppure quello della restrizione cautelare
legata al primo titolo (al più contestuale alla detta misura, non certamente anteriore).
Da qui la soluzione di cui al dispositivo che segue.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 08/04/2025.