Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36048 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36048 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Jesi il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 17 giugno 2025 dal Tribunale di Ancona
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udite le richieste del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che ha confermato la misura della custodia cautelare applicatagli in relazione a numerosi reati ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Deduce cinque motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione di legge e carenza assoluta di motivazione sulla incompetenza per materia del Giudice che ha disposto la misura il quale, nell’ordinanza genetica, ha ritenuto sussistenti gli indizi del più grave delitto di cui
all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 , disponendo la trasmissione di copia degli atti alla DDA di Ancona.
1.2.Violazione di legge, carenza ed illogicità della motivazione in merito alla incompetenza per materia e territorio del Giudice che ha disposto la misura. Il Tribunale ha rigettato l’eccezione rilevando che il concorso era avvenuto a Cingoli e che non vi fosse prova che il trasporto avesse avuto inizio a Roma. Sostiene il ricorrente che il luogo ove risulta con certezza che la COGNOME (corriere) avesse la disponibilità della sostanza stupefacente si colloca nel circondario di Teramo e non a Cingoli, che rappresenta solo «un mero luogo di scarico». Inoltre, come già dedotto nell’istanza di riesame, da due screenshot di chat reperite nel telefono in uso alla COGNOME è emerso che il 12.1.2024 la donna doveva effettuare due trasporti per conto di COGNOME, il primo dei quali partiva da Roma per giungere a Colli del Tronto (in provincia di Teramo). Tale dato dimostra che, quand’anche non si voglia ritenere che il trasporto ha avuto inizio a Roma, il trasporto della sostanza destinata al ricorrente ha avuto sicuramente inizio da Colli del Tronto.
1.3. Violazione di legge e mancanza ed illogicità della motivazione là dove, ai fini del pericolo di reiterazione del reato e dell’adeguatezza della misura, non si considerano le motivazioni dedotte dalle difesa, incentrate sulla interruzione delle condotte criminose prima dell’adozione della misura cautelare, sul tempo trascorso da tali condotte, sulla giovane età e incensuratezza del ricorrente nonché sull’arresto dei presunti fornitori romani e sul sequestro delle disponibilità economiche. Si rileva, in particolare che sulla base delle imputazioni provvisorie il ricorrente si riforniva dal medesimo soggetto, tranne che in una sola occasione in cui gli si contesta di avere acquistato da un soggetto non identificato, ma anche in quella occasione il trasporto era stato sempre curato dalla COGNOME. La motivazione dell’ordinanza impugnata è, dunque , illogica sia nella parte in cui non prende in considerazione l’avvenuto arresto del fornitore e del corriere (COGNOME), sia nella parte in cui valorizza l’i mpiego da parte del ricorrente del canale Telegram .
1.4. Violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione relativa al pericolo di inquinamento probatorio, che l’ordinanza impugnata, colmando il vuoto di motivazione dell’ordinanza genetica, ha desunto da elementi meramente teorici, riferiti indis tintamente a tutti gli indagati e senza alcuna motivazione sull’intreccio delle loro posizioni e sulle ricadute sulla genuinità della prova. L’ordinanza inoltre fa riferimento alla necessità di escutere a sommarie informazioni gli acquirenti, ma non considera che le richieste del Pubblico Ministero si riferivano a fatti cui il ricorrente è rimasto estraneo.
1.5. Violazione di legge, apparenza e manifesta illogicità della motivazione relativa alla insostituibilità della custodia cautelare. L’ordinanza, infatti, non indica alcun elemento concreto per spiegare l’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, anche con controllo elettronico e divieti di comunicazione con terzi, limitandosi a richiamare la mera possibilità che l’indagato possa continuare a delinquere usando lo smartphone e l’applicazione Telegram . Inoltre, la motivazione è contraddittoria nella parte in cui non considera che altri coindagati hanno ottenuto la misura degli arresti domiciliari in considerazione della giovane età e della incensuratezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato. Come correttamente sostenuto dal Tribunale, la competenza funzionale va valutata in relazione ai reati per cui si procede, e, nel caso in esame, al di là delle valutazioni del Giudice per le indagini preliminari che, comunque, non hanno alcuna valenza vincolante sulle determinazioni del Pubblico Ministero, gli unici reati per cui risulta procedersi a carico del ricorrente sono quelli per cui è stata emessa la misura cautelare (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990).
Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità in quanto, sulla base di generiche censure di merito, tenta di sollecitare una diversa valutazione di questa Corte in merito alla competenza per territorio, competenza confermata dal Tribunale sulla base di una argomentazione non manifestamente illogica, avuto riguardo al preminente rilievo da attribuire, nell’incertezza della individuazione del luogo da cui partiva il corriere con il carico della sostanza stupefacente, al luogo ove il ricorrente riceveva detta sostanza (cfr. Sez. 4, n. 31522 del 01/06/2023, COGNOME, Rv. 284959 in cui si è affermato che, ai fini della determinazione della competenza per territorio, occorre fare riferimento al luogo di compimento della prima delle condotte addebitate e, nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, tale luogo non sia identificato o non sia identificabile, la competenza deve essere individuata mediante ricorso ai criteri suppletivi previsti all’art. 9 cod. proc. pen.; si veda anche Sez. 4, n. 8665 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246851, relativa al reato di detenzione di sostanza stupefacente trasportata su di un autocarro, in cui la Corte ha escluso la competenza territoriale dell’Autorità Giudiziaria del luogo di partenza del carico, poiché, trattandosi di cospicua quantità, notoriamente prodotta all’estero, doveva applicarsi l’art. 9 cod. proc. pen., non essendo noto il luogo di introduzione nel territorio dello Stato).
3 . Il terzo motivo è infondato. L’ordinanza impugnata ha adeguatamente argomentato in merito alla concretezza ed attualità del pericolo di recidiva, che, si ribadisce, non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto reato, atteso che l’oggetto del periculum è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 274403 – 02). Uniformandosi a tale principio di diritto, il Tribunale ha legittimamente escluso l’incidenza negativa dell ‘applicazione della misura cautelare nei confronti dei coindagati del ricorrente, in particolare, il corriere abituale, ponendo l’accento sulla sistematicità delle condotte illecite del ricorrente, dedito al commercio all’ingrosso di droga, sull’impiego del canale Telegram per l’approvvigionamento e le comunicazioni anche con soggetti non identificati, sul numero di episodi in cui è rimasto coinvolto, sulla capacità economica di far fronte ai sequestri effettuati nonché sullo stile di vita, incompatibile con la sua condizione di disoccupazione, e sul contenuto delle intercettazioni (che, secondo il Tribunale, lo collocano in una posizione preminente nel traffico di sostanze stupefacenti).
4. Il quarto motivo appare fondato, ma difetta, al riguardo, un concreto interesse del ricorrente, dal momento che, essendo stato rigettato il motivo relativo all’ulteriore esigenza cautelare posta a fondamento della misura custodiale ed essendo infondato, per le ragioni che saranno di seguito esposte, anche il quinto motivo, dal suo accoglimento non può conseguire alcun risultato vantaggioso per COGNOME.
Va, ad ogni buon conto, corretta la motivazione del l’ordinanza nella parte in cui ravvisa il pericolo di inquinamento probatorio sulla base della circostanza, rappresentata dal Pubblico Ministero, relativa alla prosecuzione delle indagini con l’assunzione a sommarie informazioni degli acquirenti della sostanza nonché di un possibile futuro tentativo di inquinamento della prove da parte del ricorrente.
In disparte l’assoluta vaghezza ed apoditticità di tale ultimo assunto, rileva la Corte che si tratta di un ragionamento giuridicamente viziato, dovendosi, al riguardo, ribadire che il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274, lett. a), cod. proc. pen., deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell’ id quod plerumque accidit , che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti (Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 270561). Per evitare che il requisito richiesto del “concreto pericolo” perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, è, dunque, necessario che il giudice indichi, con riferimento all’indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali esso è desunto
e fornisca sul punto adeguata e logica motivazione (Sez. 6, n. 1460 del 19/04/1995, Papa, Rv. 202984), non essendo sufficiente, ad esempio, come accaduto nel caso in esame, la sola considerazione del ruolo di rilievo assunto dall’indagato nell’attività di traffico di sostanze stupefacenti ovvero, come già affermato da Sez. 6, n. 69 del 16/01/1995, Cerciello, Rv. 201071, del ruolo dell’indagato in un’organizzazione pubblica o il riferimento a condotte devianti per le indagini di non identificata provenienza.
Il quinto motivo è infondato. Nonostante la rilevata erroneità della motivazione su l pericolo di inquinamento probatorio, l’ordinanza impugnata ha adeguatamente argomentato, senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, in merito alla adeguatezza esclusiva della misura applicata ad elidere il rilevato pericolo di recidiva. Sono stati, a tal fine, non illogicamente valorizzati la professionalità dell’illecito commercio svolto dal ricorrente nonché i quantitativi di sostanza stupefacente movimentati e le somme pagate dal ricorrente per il loro acquisto, benché lo stesso risultasse privo di redditi, elementi che, complessivamente valutati, sono stati reputati sintomatici dell’adeguatezza della sola misura custodiale ad impedire la ripresa dell’illecita attività da parte di COGNOME.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 settembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME