Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1178 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1178 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
udita la relazione svolta dai Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG ALDO CENICC01..A A.
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
1.L’ordinanza impugnata è stata pronunziata in data 11.9.2023 dal Tribunale del riesame di Roma, che ha confermato l’ordinanza cautelare, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma il 29.8.2023 nei confronti di NOME applicativa della misura cautelare in carcere in relazione ai fatti dì cui all’incolpazione in atti, fatti per í quali l’indagato era in arresto in flagranza di reato di tentata rapina aggravata, poi riqualificata da giudice della convalida in tentato furto con strappo pluriaggravato.
Si segnala che per il predetto reato, a seguito di giudizio abbreviato, l’imputato è stato condannato alla pena di anni due di reclusione e di euro 800 di multa, previa riqualificazione del fatto nell’ipotesi tentata.
Contro l’ordinanza sopra indicata ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo del proprio difensore di fiducia, che ha sviluppato tre motivi.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione evidenziando l’errore commesso dal Tribunale nel non aver valorizzato l’avvenuta derubricazione del reato, fatto sopravvenuto certamente destinato ad incidere sul quadro cautelare esistente. Il ridimensionamento della fattispecie criminosa avrebbe perciò dovuto suggerire un doveroso adeguamento della misura cautelare. In particolare, si evidenzia che a differenza di quanto afferma il tribunale del riesame all’atto dell’applicazione della misura custodiale il fatto era riqualificato nell’ipo consumata del furto con strappo laddove all’esito del giudizio di primo grado vi è stata un’ulteriore riqualificazione in tentato furto con strappo, sicché si versa proprio nell’ipotesi del sopravvenuto ridimensionamento del quadro cautelare a seguito della riqualificazione dei fatto di reato neil’ipotesi meno grave, quale quella appunto del tentativo; ciò avrebbe imposto una diversa valutazione al riguardo da parte del tribunale dei riesame che, rilevando erroneamente che l’intervenuta riqualificazione risalisse già alla fase applicativa della misura, ha evitat qualsivoglia vaglio in ordine all’incidenza di tale circostanza sopravvenuta all’atto della pronuncia della sentenza di primo grado in ordine all’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato; incidenza posta dalla difesa alla base della richiesta di riesame avanzata.
2.2.Col secondo motivo si rappresenta che si era altresì dedotta la violazione dell’art. 575, comrna 2-bis c.p.p., che richiama l’art. 624-bis cod. pen., con indicazione che deve ritenersi relativa al solo ;eato consumato, ma il tribunale
riesame riteneva tuttavia, pur riconoscendo la correttezza di tale premess sussistente l’ulteriore ipotesi derogatoria prevista dall’art. 275, comma 2 codice di rito, ovvero l’assoluta inidoneità di misure non detentive a soddi l’esigenza cautelare, correttamente ritenuta dal giudice a quo, relativa al pe di reiterazione del reato; ma la difesa aveva in particolare evidenziato che la inflitta all’imputato all’esito del giudizio abbreviato era quella di ann reclusione ed euro 800 di multa, sicché, essendo stata comminata una pen infratriennale, si doveva ritenere violata la disposizione di cui all’art. 275, 2-bis c.p.p., che, come noto, esclude l’applicabilità della custodia caute carcere nel caso di applicazione di una pena di entità esigua (individuat legislatore in misura inferiore agli anni tre di reclusione) e di potenziale di pericolosità dell’imputato, imponendo un onere di congrua motivazione a caric del giudice anche con riferimento alla personalità dell’imputato; ebbene tribunale della libertà ometteva tale disamina, rinviando tuttavia ad una paven assoluta inidoneità di misure non detentive a soddisfare l’esigenza caute omettendo di considerare che l’istanza cautelare avesse ad oggetto la sostituzi della misura custodiale con il regime degli arresti domiciliari e dunque di mi detentiva.
2,3. Il terzo motivo deduce, sempre nella prospettiva del vizio motivazional la erronea valutazione operata dal Tribunale in relazione alla rite inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, valutazione svolta sulla di mere supposizioni ed ipotesi astratte del tutto avulse da quanto document dall’imputato.
Il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti che han concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente si dà atto che l’avv. NOME COGNOME già difensore di fiduc dell’indagato, aveva designato per la proposizione del ricorso per cassazion scrutinio, quale suo sostituto processuale, l’avv. NOME COGNOME patrocinante in Cassazione, al quale è stato regolarmente notificato l’avvi fissazione dell’udienza per la data del 28,11.2023, e che nelle more d
celebrazione del processo, l’avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire, in 3.11.2023, una nota con la quale ha comunicato che con delibera del 20.10.202 era stato iscritto all’Albo speciale dei Cassazionisti e ha chiesto comunicazioni e notificazioni successive fossero effettuate presso di lui. A se di essa la Cancelleria procedeva ad inviare nuovo avviso di udienza all’ COGNOME che era pertanto notiziato in ordine alla data di celebrazione processo dinanzi a questa Corte, con la conseguenza che la circostanza che comunicazione della requisitoria resa per iscritto dal Procuratore Generale r comunicata al sostituto processuale avv. NOME. COGNOME non ha precluso all’a COGNOME di prendere cognizione dell’atto, né ha impedito all’avv. COGNOME informare, doverosamente, l’avv. COGNOME dell’atto e del suo contenuto. d’altra parte risulta eccepito alcunché al riguardo né da parte dell’avv. Di La da parte dell’avv. COGNOME che pure era stato messo in condizione di prend cognizione della data dell’udienza in cui sarebbe stato celebrato il processo d a questa Corte.
1. Passando quindi al merito del ricorso, va subito precisato che il Tribu di Roma, in funzione di giudice del riesame, ha confermato l’ordinanza con cui giudice aveva applicato all’imputato la misura della custodia cautelare in car per il reato di tentato furto con strappo pluriaggravato, commesso in concorso altra persona (così riqualificato il fatto originariamente sussunto nella fatt di tentata rapina aggravata); e che in sede di giudizio abbreviato l’imputa condannato per il medesimo fatto, qualificato sempre nella forma tentata, a pena di anni due di reclusione e di euro 800 di multa.
Sicché il tribunale non è incorso in alcuno errore nel ritenete che il reat forma del tentativo fosse stato ravvisato già in sede di applicazione della m cautelare, con la conseguenza che non si poneva una questione di rivalutazio della gravità cautelare sotto il profilo di un sopravvenuto ridimensionamento d condotta criminosa nel giudizio abbreviato. In ogni caso il giudice della caut è soffermato a valutare se dovesse confermarsi la misura restrittiva carcerar se, come richiesto nella sostanza dalla difesa, potesse trovare applicazio misura degli arresti domiciliari, offrendo argomenti a sostegno del rigetto congruamente danno atto, nei loro complesso,Utimpossibilità di ritenere idone nel caso di specie a scongiurare il pericolo di reiterazione una misura diver quella
Innanzitutto, il tribunale ha correttamente rilevato, concordando con la dif che il titolo di reato di tentato furto con strappo non potesse essere ricom nel primo catalogo delle ipotesi derogatorie di cui all’art. 275, comma 2-bis, che include unicamente il reato di furto di cui all’art. 624-bis cod. pen., cons
Ciò nondimeno ha osservato, il tribunale, che ricorresse nel caso di specie l ipotesi derogatoria di cui alla seconda parte del comma 2-bis dell’art. 275 evidenziando che il ricorrente, che annovera carichi pendenti per reati cont patrimonio e la persona (ben quattro tra febbraio e luglio 2023) e non ha documentate di reddito lecito, ha commesso il fatto mentre era sottoposto misura del divieto di dimora nel Comune di Roma, che platealmente violava commettendo i fatti di cui al presente procedimento; e quanto al profilo d mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati dall’art. 284 cod. proc. pen. poter disporre la misura degli arresti domiciliari, ulteriore condizione previst medesima disposizione normativa per l’applicazione della deroga in argomento, h ben posto in rilievo come la situazione di indisponibilità di idoneo domicilio già peraltro valutata dal giudice della convalida davanti al quale l’indagato, fissa dimora, dichiarava di abitare in albergo – non fosse mutata poiché il sog dichiaratosi disponibile ad accogliere il ricorrente in regime di ,arresti domic era dichiarato “assegnatario” di immobile ubicato nel Comune di Roma ma non aveva documentato nemmeno tale assegnazione e i !imiti della stessa.
Tali argomenti soddisfano i requisiti di una motivazione congrua ed adeguata avendo il tribunale motivato in riferimento all’ipotesi derogal:oria sopra in dando correttamente conto anche della inidoneità del domicilio indicato ai dell’esecuzione della misura degli arresti dorniciliari (laddove la inadeguatez una misura non detentiva è in re ipsa avendo l’imputato commesso il reato mentre era sottoposto alla misura del divieto di dimora), circostanza quest’ultima che a ben vedere fa scattare l’altra ipotesi derogatoria di cui al comma 2-bis de 275 c.p.p. che a monte esclude la rilevanza della previsione del limite dei tre
Ed invero, a rigore nel caso di specie ricorre l’ulteriore profilo derogato cui all’art. 280, comma 3, cod. proc. pen., espressamente richiamato dal comm 2-bis proprio in relazione al caso di prevedibile irrogazione di pena infratrie avendo l’imputato commesso il fatto allorquando era sottoposto alla misura d divieto di dimore nel Comune di Roma; l’art. 280, comma 3, deve essere interpretato, tenuto conto del tenore letterale e della ratio ad esso sottesa nell’ambito del raccordo con il comma 2-bis dell’art. 275 che lo richiama, nel s che la deroga in esso prevista opera nei confronti di chi – come nel caso di s – abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare (Sez. 108 del 30/10/2019 Cc., deo, 03/01/2020, Rv. 278554 – 01); non viene, cioè, rilievo, con riferimento a tale ipotesi di deroga, la violazione delle presc relative alla misura in corso di esecuzione che, allorquando essa consista negli arresti domiciliari, ricade nel novero di cui all’art. 276 comma 1-ter cod. proc (costituente l’ulteriore caso di deroga di cui al comma 2-bis dell’art. 275).
Tornando quindi alla congruità della motivazione, si osserva che, d’altra parte, la forma sintetica e lapidaria della stessa è piuttosto tesa a scolpire la graniticit di un quadro cautelare che non lascia dubbi ed alternative alla luce dei pregnanti elementi segnalati rispetto ai quali la natura tentata della fattispecie non evidentemente apparsa idonea ad esplicare quell’effetto riduttivo delle esigenze cautelari che la difesa ha inteso attribuirvi, rimanendo ferma, da un lato, la gravità della condotta, pluriaggravata, commessa in concorso, ai danni di persona ultrasessantacinquenne, non portata a compimento per cause indipendenti dalla volontà del suo autore, e dall’altro l’allarmante personalità del ricorrente, come ben illustrata nel provvedimento impugnato.
D’altronde, si deve rammentare, che nel giudizio in Cassazione, i limiti della cognizione della Corte, anche in relazione ai provvedimenti riguardanti l’applicazione di misure cautelarí, sono indiividuabili nell’ambito della specifica previsione normativa contenuta nell’art. 606 cod. proc. pen., con la conseguenza che, qualora venga denunciato il vizio di motivazione di un’ordinanza, tale vizio, per poter essere rilevato, deve assumere i connotati indicati nell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., e cioè riferirsi alla mancanza della motivazione o alla sua manifesta illogicità (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199391). Donde, il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di iilogícità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto ai fine dei provvedimento (Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
Rimanendo entro i confini di tale pacifica interpretazione, deve darsi atto che la motivazione del provvedimento impugnato è tutt’altro che priva di coerenza, completezza e logicità, né può ritenersi che si sia incorsi in violazione di legge nel confermare l’adeguatezza della misura cautelare.
Sicché manifestamente infondato è l’argomento secondo cui il giudice del merito avrebbe superato il divieto previsto dall’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. senza verificare approfonditamente l’inadeguatezza di ogni altra misura e l’impossibilità di disporre gli arresti domiciliari per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’art. 284, primo comma, c.p.p.
Il Tribunale, attraverso una motivazione puntuale, logica ed immune da ogni censura in chiave di ragionevolezza, ha indicato diversi elemen1:i certamente idonei a fondare il giudizio di inadeguatezza espressamente previsto dalla norma richiamata, quali: i procedimenti pendenti per reati contro il patrimonio commessi dall’imputato in tempi abbastanza prossimi; l’assenza di fonti documentabili di
reddito; l’avvenuta commissione del fatto durante la sottoposizione al divie dimora nel Comune di Roma; la concreta indisponibilità di idoneo domicili (avendo un soggetto terzo solo dichiarato, ma non anche documentato, la propri qualità di “assegnatario” di un immobile, senza tuttavia fornire alcuna precisa sull’effettivo titolo di tale assegnazione e sugli eventuali limit accompagnano); l’assenza di fissa dimora dell’imputato (che aveva in preceden dichiarato di abitare in un albergo).
A fronte di tali circostanze, i motivi articolati ;n ricorso si rivelan aspecifici oltre che manifestamente infondati, dal momento che essi, di là di generica doglianza circa la necessaria adeguatezza della misura cautelare, indicAlcun concreto elemento idoneo a contraddire gli elementi di fatto valoriz da! tribunale.
Occorre solo precisare, quanto al terzo motivo, che il punto segnalato provvedimento impugnato circa la mancanza di documentazione in ordine alla dichiarata assegnazione di un immobile da parte di un terzo non è superabile c l’argomento esposto in ricorso secondo cui tale incertezza sarebbe arginab mediante i controlli di Polizia giudiziaria, avendo il tribunale escluso a mo dimostrazione di un domicilio idoneo ad ospitare il ricorrente agli arresti domic senza entrare nei profilo della idoneità della misura domestica a scongiura pericolo di reiterazione del reato (profilo in realtà precluso a fronte di un do non reputato idoneo).
Dalle superiori considerazìoni discende la declaratoria di inammissibilità ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di ca di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo a impugnatorio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla en delle questioni trattate.
3.Va, infine, disposto che la Cancelleria provveda agli adempimenti di c all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.QMI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa d ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 28/11/2023.