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Custodia cautelare: quando è legittima per droga

Un uomo sottoposto a custodia cautelare per un reato legato a sostanze stupefacenti ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la misura fosse eccessiva. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la detenzione. La decisione si fonda sulla valutazione del concreto pericolo di reiterazione del reato, desunto dai numerosi precedenti penali specifici dell’imputato e dalla gravità complessiva dei fatti, rendendo la custodia cautelare l’unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: la Cassazione Conferma il Carcere per Rischio di Reiterazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della custodia cautelare in carcere per reati legati agli stupefacenti, anche quando la quantità non è ingente. La decisione sottolinea come la valutazione del pericolo di reiterazione del reato, basata sulla storia criminale dell’indagato, sia un elemento decisivo per giustificare la misura più afflittiva, respingendo le argomentazioni difensive basate su una presunta futura pena lieve.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per un delitto previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), relativo a fatti di lieve entità. L’ordinanza era stata emessa dal Tribunale della Spezia e successivamente confermata dal Tribunale del riesame di Genova.

L’indagato ha proposto ricorso per cassazione, avanzando due principali motivi di doglianza:
1. Errata applicazione della legge: Sosteneva che la pena concretamente irrogata all’esito del giudizio non avrebbe superato i tre anni di reclusione, rendendo illegittima l’applicazione della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’art. 275, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
2. Illogicità della motivazione: Contestava la decisione di non applicare una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari, evidenziando come in passato avesse sempre rispettato le prescrizioni cautelari.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione del Tribunale del riesame. Secondo i giudici, le argomentazioni del ricorrente erano in parte basate su valutazioni di merito, non ammesse in sede di legittimità, e in parte manifestamente infondate.

La Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente e logicamente motivato la necessità della misura carceraria, evidenziando elementi oggettivi che dimostravano un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.

Le Motivazioni della Decisione sulla Custodia Cautelare

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi approfondita della personalità e della storia criminale dell’indagato. Il Tribunale del riesame aveva sottolineato diversi fattori:
* Gravità dei fatti: All’indagato erano stati sequestrati 13 involucri di cocaina per un totale di 33 grammi e circa 10.000 euro in contanti, somma per la quale non era stata fornita alcuna giustificazione, dato lo stato di disoccupazione suo e della moglie.
* Precedenti penali specifici: L’uomo aveva numerosi precedenti non solo per reati in materia di stupefacenti, ma anche per sfruttamento della prostituzione. In particolare, era emerso che aveva commesso nuovi reati poco dopo la definizione di una precedente condanna e la conclusione di un affidamento in prova, dimostrando che le misure alternative non avevano avuto alcun effetto deterrente.
* Particolare allarme sociale: La Corte ha evidenziato come l’indagato avesse commesso plurime attività illecite sin dal 2015, dimostrando una persistente inclinazione a delinquere. Questo quadro ha delineato un profilo di particolare allarme sociale, per il quale il pericolo di reiterazione del reato poteva essere fronteggiato solo con la misura della custodia cautelare in carcere, poiché gli arresti domiciliari non avrebbero offerto sufficienti garanzie.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del giudice non deve essere astratta o basata su congetture circa l’esito del processo, ma deve fondarsi su elementi concreti e attuali. La previsione di una pena finale contenuta non è di per sé sufficiente a escludere la custodia cautelare in carcere se sussiste un elevato e comprovato rischio di recidiva. La storia criminale di un soggetto, la sua incapacità di trarre insegnamento dalle precedenti condanne e la gravità complessiva della sua condotta sono fattori determinanti che possono giustificare il ricorso alla massima misura restrittiva per tutelare la collettività.

Quando è giustificata la custodia cautelare in carcere per reati di droga?
Secondo la sentenza, è giustificata quando, al di là della quantità di sostanza sequestrata, emerge un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato. Tale pericolo può essere desunto da elementi oggettivi come i precedenti penali specifici, la professionalità nell’attività illecita e l’inefficacia di precedenti misure penali o alternative.

La previsione di una pena finale inferiore a tre anni impedisce sempre la custodia cautelare in carcere?
No. La Corte ha ritenuto che l’argomento basato sulla previsione della pena finale sia meramente congetturale e di merito, quindi non valutabile in sede di legittimità. La decisione sulla misura cautelare si basa sulle esigenze attuali (es. pericolo di reiterazione) e non su una previsione incerta dell’esito del giudizio.

Un passato rispetto delle misure alternative può garantire l’applicazione degli arresti domiciliari?
Non necessariamente. Nel caso di specie, sebbene il ricorrente sostenesse di aver sempre rispettato le prescrizioni, la Corte ha dato peso al fatto che egli avesse commesso nuovi reati subito dopo la fine di una misura alternativa, dimostrando che questa non aveva avuto alcun effetto deterrente. Pertanto, la valutazione si concentra sull’idoneità della misura a prevenire il rischio attuale, e i precedenti penali complessivi possono indicare che solo il carcere è una misura adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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