Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14094 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAMPI SALENTINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/11/2023 del TRIB. LIBERTA di LECCE
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
udita, altresì, l’AVV_NOTAIO del foro di Roma, sostituto processuale, come da delega depositata in aul,a dell’AVV_NOTAIO del foro di Lecce, per COGNOME NOME, la quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 codice di rito, il Tribunale di Lecce ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME, avverso l’ordinanza con la quale il GIP aveva applicato al predetto la misura della custodia cautelare in carcere, siccome ritenuto gravemente indiziato della partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito sostanze stupefacenti (capo 1), capeggiata da COGNOME NOME .
Il procedimento riguarda un’indagine, nella quale sono confluite numerose fonti di prova (specificamente rappresentate dal contenuto di intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e controllo e sequestri di sostanza stupefacente), dalle quali il giudice della cautela ha tratto la sussistenza di un quadro gravemente indiziante l’esistenza di un’associazione stabilmente operativa, capeggiata dal citato COGNOME, con suddivisione dei compiti, disponibilità di ingenti somme di denaro e apparecchi cellulari non intercettabili di ultima generazione, i cui sodali agivano con identico modus operandi, anche attraverso l’utilizzo, da parte e per disposizione del vertice, della forza intimidatrice per garantire l’esecuzione dei suoi ordini.
Al COGNOME e al padre NOME, in particolare, si è contestato di avere messo a disposizione del gruppo e, segnatamente, del citato COGNOME e di COGNOME NOME, i propri terreni per coltivare cannabis ad effetto stupefacente, occupandosene anche materialmente. Nel corpo dell’ordinanza, oltre a un rinvio agli elementi esposti in quella genetica e vagliati, secondo il Tribunale, in maniera critica e autonoma dal GIP, sono stati trascritti interi passaggi dei dialoghi ritenuti p eloquenti, quanto alla esistenza del sodalizio e alla partecipazione ad esso da parte dell’indagato, richiamando le conversazioni del 3/3/2021, dalle quali sarebbe emerso che ai COGNOME erano stati consecinati 500 semi di canapa indiana che avrebbero dovuto impiantare in mezzo alle piante legali (su quattro piante legali si sarebbe impiantata una illegale), dal dialogo essendo emersa la diversa proposta del padre dell’indagato, più propenso a piantare a parte i semi illegali, anche in quantitativo doppio, in un’apposita serra. In tale attività COGNOME NOME si era avvalso della collaborazione del figlio NOME, titolare dell’azienda agricola ed esperto delle tecniche in materia di coltivazione di piante di marijuana.
Il decidente, smentita la mancata valutazione autonoma da parte del primo giudice degli elementi sui quali si era fondata la richiesta cautelare (rilevando che questi aveva solo richiamati i dati, sui quali era stato però operato un effettiv vaglio critico, posizione per posizione, escludendo la sussistenza dei presupposti per alcuni indagati), ha ritenuto assai eloquenti gli elementi esposti nell’ordinanza
genetica, sia quanto alla dedizione al programma comune, che alla definizione dei ruoli all’interno del sodalizio. In particolare, ha tratto da numerosi dialoghi, ripo anche per stralcio nel corpo dell’ordinanza impugnata e ai quali si rinvia, conferma che i due COGNOME si erano messi a disposizione del gruppo ricevendone profitto e protezione (essendo stati oggetto di azioni intimidatorie e danneggiamenti da parte di COGNOME NOME), rimanendo così smentita, secondo quel giudice, la tesi difensiva secondo la quale tale disponibilità sarebbe stata conseguenza delle intimidazioni poste in essere nei loro confronti dallo stesso COGNOME. Il Tribunale, inoltre, ha ritenuto che dal tenore dei dialoghi si evincesse che le minacce del COGNOME erano sempre originate dalla sua paura di essere frodato, tenuto anche conto delle modalità con le quali egli dirigeva l’associazione, attraverso un metus che applicava non solo ai terzi, per minacciarli, ma anche ai sodali per fare rispettare i suoi ordini. Dai dialoghi, poi, era emerso che COGNOME NOME, al pari del padre, era stato ammesso al domicilio del COGNOME, ristretto ai domiciliari, a conferma che anche l’indagato faceva parte della schiera dei suoi più stretti collaboratori, circostanza acclarata anche dalle videoriprese della telecamera posizionata di fronte a quell’abitazione.
Inoltre, dai dialoghi era emerso che l’indagato interagiva con altri sodal (COGNOME, COGNOME, COGNOME), conoscendone il ruolo nel gruppo (il riferimento è al COGNOME, incaricato dello spaccio al dettaglio della marijuana), i COGNOME avendo rivendicato presso il COGNOME la propria parte di profitto. A ciò il Tribunale ha aggiunto il sequestro operato il 10 settembre 2021 di Kg. 17 di marijuana e di Kg. 5,7 di resina di marijuana, oltre a 550 piante in piena vegetazione dell’altezza di due metri, esitato nell’arresto in flagranza dell’indagato: il decidente, quanto a ta episodio, ha stigmatizzato l’irrilevanza dell’avvenuta archiviazione del procedimento, per il quale, ad esito dei fatti accertati nel presente, era stata g richiesta e ottenuta dal pubblico ministero la riapertura delle indagini. Il Tribuna inoltre, in risposta ad apposita censura difensiva, ha ritenuto che il dialog intercettato il giorno del sequestro tra COGNOME e COGNOME non si prestasse alla lettura proposta a difesa, atteso che la meraviglia del COGNOME per l’arresto anche di COGNOME NOME non poteva leggersi in termini innocentisti, il dialogante avendo espresso il dubbio di delazioni o di controlli e, comunque, la lamentela in ordine all’ingente danno dallo stesso direttamente subito per la vicenda smentendo l’estraneità del soggetto arrestato. Peraltro, in quella circostanza, era stata ritrova anche della resina di marijuana ed era stato lo stesso COGNOME NOME a spiegare a COGNOME NOME, che ne aveva riferito al COGNOME, le modalità di estrazione di quella sostanza e della sua trasformazione in hashish). Il Tribunale, infine, ha utilizzato anche un argomento logico per escludere l’asserita sostituzione dei semi illegali con altri legali, facendo leva sulla circostanza che la coltivazione soggetta al controllo degli emissari del COGNOME e che, in ogni caso, l’indagato non avrebbe potuto sottrarsi alle conseguenze della immissione di quel diverso prodotto
sul mercato. È a COGNOME NOME, poi, che NOME si rivolge per cercare delle pistole e costui si dichiara disponibile – a prescindere dall’attuazione del proposito a recarsi presso un campo ROM in cerca delle armi.
In conclusione, quanto al ruolo dell’indagato, il Tribunale ha ritenuto, alla stregu delle evidenze raccolte, sussistenti gravi indizi della sua ntraneità al sodaliz ricavandoli: dalla sua ammissione al domicilio del capo, ristretto agli arres domiciliari; dai rapporti con altri sodali (il COGNOMECOGNOME ma anche i “sorveglianti” dell piantagione); dalle richieste di ripartizione dei profitti derivanti dalla vendita droga; dal compito di confezionarla, assunto insieme al COGNOMECOGNOME dalla manifestata disponibilità a trovare armi per il capo. Ha, inoltre, ritenuto sussistente l’aggravan dell’ingente quantità, avuto riguardo alla circostanza che secondo il tenore delle conversazioni intercettate il gruppo aveva movimentato droga per quantità considerevoli, come per esempio, nel dialogo dal quale era emerso che la partita era pari a Kg. 100 di marijuana), in ogni caso ritenendo che la difesa non avesse indicato il proprio interesse all’impugnazione sul punto, dalla sua esclusione non derivando alcun effetto favorevole sul piano cautelare, stante il titolo di reato di alla contestazione provvisoria.
In punto esigenze cautelari, infine, il Tribunale ha richiamato la doppia presunzione relativa, in ragione del titolo di reato, ma ha comunque ritenuto in concreto sussistente e attuale il pericolo di reiterazione: nella specie, esso non era solo conseguenza dell’operatività del gruppo, ma era strettamente correlato alla professionalità espressa e al grado di inserimento nei circuiti criminali. Tale pericol è stato considerato attuale, avuto riguardo alla sistematicità del rifornimento garantito al gruppo, al dato ponderale della droga rifornita, ma anche al fatto che ancora nel febbraio 2022 l’indagato era stato convocato dal COGNOME, mediante il MALDARELLA, a riprova della mancata resossione di ogni leciame con quel gruppo, come la difesa aveva ritenuto di poter accreditare per il fatto che COGNOME NOME si sarebbe dedicato solo alla coltivazione lecita. Ha, poi, ritenuto inadeguata ogni altra misura meno afflittiva, per impossibilità di formulare una prognosi favorevole di spontanea osservanza delle prescrizioni che si accompagna alla misura domiciliare, neppure ove elettronicamente presidiata, attesa l’attitudine di questa a scongiurare solo il rischio di allontanamento, ma non anche quello della reiterazione di reati della stessa specie di quelli per i quali si procede.
La difesa dell’indagato ha proposto ric:orso, formulando quattro motivi, a loro volta articolati su più punti.
Con il primo gruppo di censure, ha dedotto violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio motivazionale con riferimento alla decisione sull’eccepita nullità dell’ordinanza genetica per mancata, autonoma valutazione degli elementi indiziari. Le condotte dei COGNOME, padre e figlio, sarebbero state valutate cumulativamente, senza alcun indice individualizzante; il contenuto di molte
conversazioni sarebbe stato valutato in maniera parcellizzata; in nessun conto sarebbero state considerate le minacce ripetutamente rivolte ai COGNOME. Sotto altro profilo, la difesa ha rilevato l’omesso esame delle censure formulate con il riesame, rigettate dal tribunale in maniera apodittica e con formule di stile, a nulla rilevan la circostanza valorizzata dal Tribunale, che il GIP aveva rigettato la domanda cautelare nei confronti di altri indagati, trattandosi di posizioni differenti, essen il primo giudice, invece, appiattito sulle valutazioni dell’accusa, senza formulare proprio pensiero valutativo. Ha poi esaminato alcuni dialoghi, inferendone una lettura diversa rispetto a quella formulata dal Tribunale.
La difesa ha formulato un secondo gruppo di censure, contraddistinte con la lettera B).
Con un primo gruppo (B1), ha dedotto analoghi vizi quanto alla sussistenza della gravità indiziaria, con riferimento al controllo logico delle conversazioni ete accusatorie poste a fondamento della decisione, rispetto alle quali ha proposto una lettura di senso opposto rispetto a quella rinvenibile nell’ordinanza impugnata che ha fermamente censurato, anche quanto alla ritenuta affidabilità delle informazioni riferite dai colloquianti.
Con un secondo gruppi (B2), ha dedotto analoghi vizi quanto alla asserita, mancata valutazione dei risultati investigativi favorevoli all’indagato: il Tribun avrebbe svolto una disamina parcellizzata e selettiva delle intercettazioni e del contenuto delle singole conversazioni, eludendo il confronto con elementi di segno contrapposto, procedendo alla illustrazione dei dialoghi dai quali dovrebbe trarsi conferma delle accuse (riportandoli per stralci dalla pag. 19 alla pag. 37 del ricorso), procedendo per ogni conversazione esaminata a esporre un diverso significato dei dialoghi e delle ragioni della ritenuta erroneità di quello assegnato d giudici della cautela.
Con un terzo gruppo di motivi, ha dedotto violazione di legge quanto alla valutazione degli elementi costitutivi della fattispecie contestata, affermando che i Tribunale non avrebbe fatto buon governo dei principi giurisprudenziali in materia, con riferimento alla affectio societatis, avuto riguardo allo stato di assoggettamento dei presunti sodali al COGNOME, alla mancanza di precedenti rapporti con costui o altri soggetti a lui vicini, alla assenza di una volontaria partecipazione al sodaliz invocando la scriminante di cui all’art. 54, cod.pen.
Con un quarto gruppo di motivi, infine, ha dedotto violazione di legge, erronea applicazione della legge processuale penale e vizio della motivazione, quanto alle ritenute esigenze cautelari: a fronte della sostanziale mancanza di motivazione effettiva nell’ordinanza genetica, il Tribunale avrebbe reiterato il vizio, limitandos ribadire tautologicannente le modalità del fatto, definite allarmanti, nonostante fosse emersa la condizione di gravissima soggezione dell’indagato rispetto al COGNOME e ai suoi emissari. Le affermazioni circa la personalità dell’indagato sono state ritenute di mero stile, avendo il Tribunale cercato di svilire l’accertato, successiv
allontanamento del COGNOME dai soggetti ritenuti coinvolti nel reato associativo, avendo costui rinunciato a coltivare la canapa sativa, proprio per evitare il ripeters di minacce e costringimenti. In ogni caso, la difesa aveva evidenziato la marginalità del supposto contributo dell’indagato, la cessazione dell’attività di coltivator l’allontanamento reciproco tra i soggetti coinvolti nell’indagine, elementi che Tribunale non avrebbe, tuttavia, valutato in senso favorevole all’indagato, ma interpretato in maniera manifestamente illogica e parziale, frustrante del loro contenuto dimostrativo, quanto ai successivi contatti dimenticando che il COGNOME non aveva assunto alcuna iniziativa, essendo stato contattato, peraltro a distanza di quasi due anni dall’esecuzione del titolo.
La difesa ha depositato anche mol:ivi nuovi con allegati, sviluppando le argomentazioni svolte con il ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso va rigettato.
2. I motivi sub A) sono manifestamente infondati.
Va, intanto, premesso, quanto alle violazioni di legge, che alle relative denunce non si accompagna alcuna effettiva argomentazione esplicativa in termini di erronea applicazione della legge penale e processuale penale da parte dei giudici del riesame, le stesse risolvendosi sostanzialmente in censure al percorso motivazionale seguito dai giudici territoriali.
Sempre in premessa, poi, va ricordato che, in tema di riesame di misure cautelari personali, il controllo da parte del tribunale sulla sussistenza del requisi dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, prescritto dall’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dall legge 16 aprile 2015, n. 47, deve essere svolto analizzando l’ordinanza cautelare nel suo complesso, prescindendo dalla sua struttura formale e dalla sua eventuale suddivisione in paragrafi dedicati all’analisi di singoli reati, in quanto la valutaz in ordine ad un singolo reato, pur mancando un paragrafo specifico allo stesso dedicato, può essere contenuta in altre parti del provvedimento, anche riferibili ad altre fattispecie criminose (sez. 6, n. 3067 del 3/10/2017, dep. 2018, Stagno, Rv. 272135-01). Sicché, del tutto correttamente il tribunale può condurre tale controllo, verificando, indipendentemente dal richiamo in tutto o in parte di altri atti d procedimento, se siano stati esposti i criteri adottati a fondamento della decisione, non essendo necessario procedere alla riscrittura “originale” degli elementi o circostanze rilevanti ai fini della disposizione della misura (sez. 6, n. 13864 d 16/3/2017, Marra, Rv. 269648-01), fermo restando che, in presenza di posizioni analoghe o di imputazioni descrittive di fatti commessi con modalità “seriali”, non è necessario che il giudice ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali s
ispirato, potendo ricorrere ad una valutazione cumulativa purché, dal contesto del provvedimento, risulti evidente la ragione giustificativa della misura in relazione a soggetti attinti e agli addebiti, di volta in volta, considerati per essi sussistenti 3, n. 28979 del 11/5/2016, COGNOME, Rv. 267350-01; n. 30774 del 20/6/2018, Vizzì, Rv. 273658-01).
In applicazione di tali principi, peraltro, si è per esempio ritenuto che il requi dell’autonoma valutazione del giudice cautelare, di cui all’art. 292, comma 2, lett. c) bis, cod. proc. pen., è addirittura compatibile con la redazione dell’ordinanza con la tecnica c.d. della “incorporazione” quando dal contenuto complessivo del provvedimento emerga la conoscenza degli atti del procedimento, e, ove necessaria, la rielaborazione critica degli elementi sottoposti al vaglio del riesame, giacché la valutazione autonoma non necessariamente comporta la valutazione difforme (sez. 5, n.1304 del 24/9/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 275339-01).
Nella specie, la giustificazione del Tribunale in ordine all’osservanza del requisit di che trattasi è sorretta da riferimenti a elementi indicativi di una valutazio operata in autonomia dal primo giudice, la difesa avendo reiterato, nella sostanza, prospettazioni alternative disattese dai giudici territoriali in maniera tale da n evidenziare alcun vizio deducibile in questa sede.
Anche i motivi sub B) e C), inerenti alla sussistenza della gravità indiziaria i ordine al delitto oggetto della contestazione provvisoria, sono manifestamente infondati con riferimento a tutti i punti rassegnati al vaglio di questa Corte.
Deve ribadirsi che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai suoi limiti, la sola verifica delle censure inerenti alla adeguatezza de ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976). Tale verifica non comprende, dunque, il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, apprezzamento che rientra invece nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verficare la sussistenz dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto fine giustificativo del provvedimento (sez. 2, n. 9212 del 2/2/2017, COGNOME, Rv. 269438-01; sez. F, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400-01, in cui si è precisato che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza
concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito). Pertanto, la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo ilogico seguito del giudice di merito talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misur (sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244-01; sez. 7, n. 12406 del 19/2/2015, COGNOME, RV. 262948-01).
Sotto altro profilo, poi, deve ribadirsi che l’art. 292, comma 2-ter, cod. proc. pen. non impone al giudice del riesame l’indic:azione di qualsiasi elemento ritenuto favorevole dal difensore, né la confutazione di qualsivoglia argomento difensivo di cui appaia manifesta l’irrilevanza o la pertinenza, restando circoscritto l’obblig motivazionale alla disamina di specifiche allegazioni difensive oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori, essendo gli ulteriori elementi assorbit nella valutazione complessiva del giudice che, rilevati i gravi indizi, applica misura cautelare (sez. 1, n. 8236 del 16/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275053-01; sez. 6, n. 3742 del 9/10/2013, COGNOME, Rv. 254216-01, in cui si è precisato che tale obbligo motivazionale non investe deduzioni dirette a proporre ricostruzioni alternative della vicenda e a contrastare il potere selettivo deg elementi di indagine posti a fondamento delle decisioni cautelari; sez. 2, n. 20662 del 29/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270516-01, in cui si è, peraltro, precisato che il ricorso per cassazione che deduca la mancata considerazione, da parte dei giudici di merito, di un elemento favorevole all’indagato ha l’onere di specificare per quale ragione detto elemento debba essere qualificato come decisivo per la situazione del medesimo). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla stregua di tali coordinate in diritto, si è così ritenuto, per esemp inammissibile il motivo di ricorso che censuri l’erronea applicazione dell’art. 192, c 3, cod. proc. pen., se è fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei viz logici, tassativamente previsti dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. riguardanti la motivazione della sentenza di merito in ordine alla ricostruzione del fatto (sez. 6, n. 13442 del 8/3/2016, COGNOME, Rv. 266924; sez. 2, n. 38676 del 24/5/2019, COGNOME, Rv. 277518; Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, COGNOME, Rv. 280027).
Allo stesso modo deve ritenersi inammissibile il ricorso, con il quale si proponga una diversa lettura del dato probatorio, soprattutto laddove esso sia costituito dall’esito di attività di intercettazioni, la lettura del significato dei dialoghi costituendo valutazione di merito per eccellenza, sottratta al sindacato del giudice
di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2005, Sebbar, Rv. 263715-01), essendo il ragionamento giustificativo sindacabile in questa sede solo nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui i dialoghi sono recepiti (sez 3, n. 44938 del 5/10/2021, COGNOME, Rv. 282337).
E che l’intento difensivo sia stato, nella specie, proprio quello di sottoporre vaglio del giudice di legittimità la lettura del compendio probatorio è confermato dalla stessa tecnica redazionale del ricorso: la difesa ha riportato i dialog valorizzati, asserendone una lettura parcellizzata e operando un’esegesi difforme, ritenuta più persuasiva.
Il Tribunale ha operato, tuttavia, una ricostruzione dell’associazione, dando conto degli elementi dai quali ha tratto il convincimento dei suoi tratti costitutivi, delineato nel suo ambito il ruolo di COGNOME NOME, differenziandolo rispetto a quello del padre NOME; ha poi ritenuto la sua piena dedizione alla causa del sodalizio, in uno con la consapevolezza di contribuire con la sua condotta al raggiungimento dei suoi scopi e, nel far ciò, ha fornito una giustificazione del suo convincimento il cui tenore, per come sopra riportato, smentisce l’asserita apoditticità degli argomenti utilizzati, ma anche l’elusione delle critiche difensiv viceversa esaminate e superate con argomenti non contraddittori e neppure manifestamente illogici.
4) Le censure inerenti al quadro cautelare sono infondate.
Il Tribunale non si è limitato a dare conto della insussistenza di elementi atti superare la presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ma ha giustificato la ritenuta ricorrenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazio desumendolo dalle modalità della condotta e della personalità del prevenuto, valorizzando la sistematicità dei rifornimenti al gruppo e i quantitativi di dro trattati, ma anche la circostanza che i contatti con il sodalizio si erano protratti s al febbraio 2022, valutando in ogni caso la prossimità dei fatt per i quali si procede.
Può, dunque, concludersi nel senso che il giudizio sulla attualità e concretezza sia stato, nella specie, condotto in maniera coerente ai principi più volte affermati da questa Corte di legittimità: l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., nel testo intr dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede infatti che il pericolo che l’imput commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale; ne deriva che non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario prevedere che all’imputato si presenti effettivamente un’oc:casione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (sez. 3 n. 34154 del 24/4/2018, COGNOME, Rv. 273674). Il principio è stato successivamente calibrato, anche da questa stessa sezione, affermandosi che il requisito dell’attualità deve essere inteso nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche
dalle GLYPH modalità GLYPH del GLYPH fatto GLYPH per GLYPH cui GLYPH si GLYPH procede, GLYPH sia GLYPH sull’esame GLYPH delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (sez. 4 n. 47837 del 4/10/2018, Rv. 273994), ma una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’anal accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (sez. 5 n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242).
Il Tribunale, infine, ha adeguatamente motivato anche in ordine alla idoneità della sola misura infra muraria a fronteggiare la ritenuta esigenza special preventiva, valutando negativamente, in chiave prognostica, la capacità del COGNOME di osservare spontaneamente le prescrizioni proprie di misure meno afflittive, anche ove elettronicamente presidiate, le stesse essendo unicamente idonee a prevenire l’allontanamento del prevenuto, ma non anche la comunicazione con soggetti diversi da quelli che con lui coabitano, ricavando tale inaffidabilità proprio dal spiccata propensione a commettere delitti in materia di stupefacenti, tratteggiata a proposito della sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa.
Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali, oltre alla trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’ 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
P.QM.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, c:omma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 19 marzo 2024