Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37527 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37527 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza dell’8/07/2025 del Tribunale di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare l’inammissibilità del ricorso lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha rinunciato alla trattazione orale e ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale del riesame di Palermo, in accoglimento dell’appello proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il predetto Tribunale avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 12 maggio 2025, applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in relazione a
molteplici delitti di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, ha ordinato nei confronti quest’ultimo l’applicazione della più grave misura cautelare della custodia in carcere.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 73 d.P.R. 309/90, 275, commi 3, 3-bis, 275-bis e 274 lett. c), cod. proc. pen.
2.1 In particolare, il ricorrente, richiamato passo dell’ordinanza impugnata e giurisprudenza di legittimità in materia cautelare, lamenta che il Tribunale palermitano ha applicato la massima misura cautelare consentita senza valutare che il giudice per le indagini preliminari aveva applicato quella degli arresti domiciliari con il “braccialetto elettronico” e che solo in caso di inadeguatezza di tale misura, per comportamenti o fatti addebitabili al ricorrente, si sarebbe potuta ritenere necessaria l’applicazione della custodia in carcere. Il ricorrente lamenta anche erronea valutazione del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione essendone stata ritenuta la sussistenza con ragionamento logicogiuridico alquanto contraddittorio, che il Tribunale avrebbe troppo “sinteticamente” indicato l’epoca di commissione degli ultimi reati in materia di stupefacenti nell’anno 2024 omettendo di precisare che l’ultima condotta risale al gennaio 2024 e che tale errore di indicazione ha condizionato il giudizio non essendo stato considerato che è trascorso un anno e mezzo dal gennaio 2024 senza alcuna ricaduta delittuosa del COGNOME. Il ricorrente si duole, poi, che il Tribunale ha deciso considerando anche l’episodio di cui al capo 41) benché il pubblico ministero avesse appellato la decisione del giudice per le indagini preliminari basandosi sugli episodi di cui capi 68) e 112), che non è stata valutata la “confessione” del COGNOME in ordine alla quasi totalità degli episodi e la decisione del predetto di astenersi dal commettere ulteriori delitti, che difetta la concretezza e attualità del pericolo di commissione di altri delitti in ragione della cessazione della condotta delittuosa nel gennaio 2024 e dell’assenza di altri elementi indicativi recenti, che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che al COGNOME fosse stato applicato in precedenza il “congegno elettronico”, che la motivazione del Tribunale è basata su motivazione apparente e scissa dai dati acquisiti e, inoltre, che la rigorosa applicazione dei criteri stabili dalla legge e d principi stabiliti dalla giurisprudenza avrebbe condotto a ritenere insussistente il pericolo di reiterazione o, al massimo, a ritenere adeguata alle esigenze cautelari esistenti la misura cautelare degli arresti domiciliari con l’applicazione del dispositivo di controllo elettronico. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte ha deciso con le forme dell’udienza partecipata richiesta dal difensore non essendo consentita, ai sensi dell’art. 611, comma 1-ter, cod. proc. pen., la rinuncia alla trattazione orale formulata dalla difesa che ha, comunque, contestualmente alla rinuncia, richiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso proposto nell’interesse del COGNOME è in parte manifestamente infondato e in parte proposto per motivi in fatto non consentiti.
Premesso che nel caso di specie non è controversa la valutazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, deve rilevarsi che rispetto al giudizio circa la sussistenza delle esigenze cautelari e della scelta della misura, il provvedimento impugnato non presenta alcuno dei vizi dedotti. In tema di impugnazione delle misure cautelari il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando ripropone censure che riguardino la ricostruzione del fatto ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass., sez. 4, n. 18795 del 2/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884 – 01). Deve, inoltre, osservarsi che, in tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di cu all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede da parte del giudice della cautela una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5, sent. n. 1154 dell’11/11/2021, dep. 2022, Magliulo). Nel caso concreto il Tribunale ha valutato, in modo approfondito, con motivazione logica e priva di aporie, atti e comportamenti concreti, quali la sistematicità, serialità e “professionalità” delle condott criminose attuate dal COGNOME, “tutte realizzate secondo schemi prestabiliti e ben collaudati, circostanze che valgono a dimostrare la non occasionalità ed estemporaneità dei delitti commessi” nonché la prosecuzione da parte del COGNOME dell’attività di “spaccio” di sostanze stupefacenti, in totale spregio alla misura cautelare degli arresti domiciliari applicatagli per altri reati. Nell’ambito d giudizio prognostico relativo alla pericolosità del COGNOME e all’adeguatezza della misura cautelare di massimo rigore è stato valutato, anche in questo caso senza alcuna manifesta illogicità, anche il profilo del tempo trascorso dall’ultimo reato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Infatti, la lamentata sintetica indicazione dell’anno di commissione dello stesso in luogo di una più esatta specificazione dell’epoca della condotta (gennaio 2024) non depone per una erronea valutazione da parte del Tribunale dell’esatto dato cronologico poiché nell’anno 2024 è compreso anche il mese di gennaio sicché la più precisa collocazione temporale invocata dal ricorrente non inciderebbe sull’espresso giudizio di non particolare rilevanza del lasso temporale in argomento. Non risulta, poi, dal tenore del provvedimento impugnato, che il Tribunale abbia considerato, erroneamente, che in occasione della misura cautelare applicata per altro reato, durante la quale il COGNOME ha commesso alcuni reati di cessione di stupefacenti oggetto del presente procedimento, gli arresti domiciliari fossero accompagnati da dispositivo di controllo. Pertanto, le doglianze sono reiterative di quelle già valutate dal giudice territoriale con motivazione immune da censure logico-giuridiche.
Quanto alla doglianza circa la valutazione, ai fini cautelari, di un episodio, quello di cui al capo 41), ulteriore rispetto a quelli (capi 68 e 112) evidenziati nell’appello avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari, non è rilevabile alcuna violazione di legge o vizio di motivazione proponibile in questa sede. La cognizione del giudice di appello, anche nel procedimento incidentale sulla libertà, è limitata ai punti attinti dai motivi di appello, ma non altrettan condizionata, all’interno del perimetro tracciato da questi ultimi, dalle deduzioni in fatto e dalle argomentazioni in diritto poste a base della decisione impugnata, non diversamente da quanto è previsto per l’appello cognitivo. Ciò premesso, deve rilevarsi che nel caso concreto il reato di cui al capo 41) fa parte proprio della piattaforma cognitiva del giudice di appello essendo uno dei reati in materia di sostanze stupefacenti oggetto di applicazione della misura cautelare sicché è stato valutato dal giudice di appello nell’ambito dei poteri sopra indicati. Non avendo il ricorrente tenuto conto del consolidato principio di diritto sopra ricordato anche tale doglianza è manifestamente infondata.
Il dedotto atteggiamento collaborativo e resipiscente dell’indagato, peraltro neppure documentato dal ricorrente, costituisce motivo in fatto non deducibile in questa sede.
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento nonché, tenuto conto della causa di inammissibilità, della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria pere gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod., proc. pen.
Così deciso il 30/10/2025.