Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34759 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ACQUI TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/03/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
dato atto che il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, senza l’intervento delle parti che hanno concluso per iscritto;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie del difensore, con le quali ha insistito nella richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11 marzo 2024, il Tribunale del riesame di Milano ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano che ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere a carico di NOME COGNOME per il reato di detenzione e porto di arma comune da sparo in
luogo pubblico mettendola a disposizione di altri correi per utilizzarla contro un gruppo di cittadini albanesi.
NOME a mezzo del suo difensore ha proposto ricorso per Cassazione articolando tre motivi:
violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 127, comma 7, e 128 cod. proc. pen., nonché dei commi 9 e 10 dell’art. 309 cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen.; con conseguente inefficacia dell’ordinanza applicativa dell’ordinanza di custodia cautelare in data 12/02/2024 e integrata in data 15/02/2024;
il dispositivo dell’ordinanza di riesame, pur essendo stato emesso, non è stato comunicato né notificato all’indagato, con il conseguente infruttuoso decorso dei dieci giorni previsti dal comma 9 dell’art. 309 cod. proc. pen.; sicchè la misura cautelare va dichiarata inefficace b) violazione di legge e/o falsa applicazione dell’art. 292, comma 2 lett. c)bis cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e); nonché violazione di legge e/o falsa applicazione degli artt. 127, comma 7, e 128 cod. proc. pen., per non avere il giudice del riesame rilevato la nullità dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per mancata menzione degli elementi favorevoli all’indagato, che erano stati addotti dalla difesa in sede di indagine. Motivazione sul punto carente, contraddittoria e manifestamente illogica;
violazione di legge e/o falsa applicazione dell’art. 274, comma 1 lett. c) cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), per non aver rilevato il giudice del riesame l’insussistenza delle esigenze cautelari e per avere errato nella valutazione della proporzionalità e adeguatezza della misura applicata.
Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, ritenendo infondate tutte le censure. Il difensore dell’indagato ha depositato memorie illustrando ulteriormente le proprie richieste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
Con il primo motivo si lamenta la violazione degli artt. 127, comma 7, e 128 cod. proc. pen., nonché dei commi 9 e 10 dell’art. 309 cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen.; si sostiene in particolare che l’ordinanza applicativa dell’ordinanza di custodia cautelare in data 12/02/2024 e integrata in data 15/02/2024 doveva essere dichiarata inefficace perché del dispositivo dell’ordinanza, e tantomeno della sua motivazione differita, GLYPH stato
dato avviso all’indagato entro il termine di dieci giorni dalla trasmissione degli atti al Tribunale del riesame ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen.
La doglianza in ordine alla perenzione del termine alla cui osservanza era tenuto il Tribunale del riesame può essere proposta con ricorso per cassazione («Nei casi di perdita di efficacia del provvedimento cautelare a norma dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., il soggetto che ha diritto a riacquistare la libertà può, in ogni tempo, salvo il limite della preclusione derivante dal giudicato cautelare, non solo chiedere al giudice del procedimento principale la dichiarazione di sopravvenuta caducnione automatica dell’ordinan7a dispositiva della misura coercitiva per l’inosservanza dei termini indicati nella citata norma, ma anche agire dinanzi al giudice della procedura incidentale di impugnazione per farla valere» Sez. U, n. 1 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212744-01).
Essa è tuttavia infondata perché la prospettazione difensiva è smentita dalla stessa lettera dell’invocato art. 309, comma 10, cod. proc. pen., che richiede che alla scadenza dei dieci giorni intervenga «la decisione»; rileva quindi la data di deposito dell’ordinanza (Sez. 2, n. 31409 del 27/04/2016, Rv. 267849-01; sez. 5 n. 44153 del 13/06/2018, Rv. 274177-01), mentre nessuna incidenza sull’efficacia della misura assume né la notifica né la comunicazione di tale decisione, ch assume semmai rilievo ai fini della decorrenza del termine per proporre impugnazione.
Infondato è il secondo motivo, che censura l’ordinanza del Tribunale del riesame, perché non avrebbe rilevato la nullità dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari per violazione dell’art. 292, comma 2 lett. c)bis cod. proc. pen.; l’ordinanza impugnata aveva omesso anche solo di menzionare gli elementi favorevoli all’indagato che erano stati addotti dalla difesa nel corso procedimento e per questo ne doveva essere rilevata la nullità.
Si lamenta altresì che il Tribunale si era limitato ad affermare che tali elementi non potevano essere decisivi senza tenere conto della natura processuale dell’eccezione fondata anche sulla circostanza che uno di questi atti (in particolare il verbale negativo di perquisizione del 26/04/2023) non era stato nemmeno trasmesso dalla Procura della Repubblica al giudice del riesame.
Ebbene anche questi prospettati vizi, da qualsivoglia angolazione si esaminino, non possono dirsi sussistenti.
Gli elementi difensivi che il Giudice per le indagini preliminari non avrebbe utilizzato sono stati espressamente e plausibilmente qualificati dal Tribunale del riesame come privi di incidenza e consistevano in documentazione relativa agli esiti negativi di perquisizione rispetto al rinvenimento di armi e in istanze di restituzione dei dispositivi sequestrati.
La motivazione sulla rilevanza di questi atti era doverosa da parte TriDunale proprio percne «in tema di misure cautelari, nella nozione di “element a favore” che devono essere valutati dal giudice a pena di nullità dell’ordinanza, rientrano soltanto elementi di natura oggettiva e concludente, rimanendo escluse le mere posizioni difensive negatorie, le semplici prospettazioni di tesi alternative e gli assunti chiaramente defatigatori, così come non vi rientrano le interpretazioni alternative degli elementi indiziari, che restano assorbite nel complessivo apprezzamento operato dal giudice della libertà» (sez. 5, n. 44341 d 13/05/2019, Rv. 277127-01). Nel caso di specie si discute di verbali di perquisizione negativi, come tali da considerarsi neutri a fronte degli altri elementi indiziari valutati a carico dell’indagato, e a documenti contenenti prospettazioni difensive.
Quanto all’eccezione in rito in ordine alla mancata trasmissione di un verbale di perquisizione negativo, deve pure ricordarsi che «nella nozione di “eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate” che, ai sensi dell’art. 291, comma 1, cod. proc. pen., il pubblico ministero deve trasmettere al giudice per le indagini preliminari unitamente alla richiesta di misura cautelare, a pena d’una nullità d’ordine generale ex art. 292, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen., rientrano soltanto gli elementi indiziari, eventualmente allegati ad una memoria difensiva, astrattamente dotati di decisività, in quanto idonei, nella prospettazione difensiva, ad incidere sulla valutazione del compendio indiziario a carico dell’indagato» (Sez. 1, n. 1072 del 20/11/2019, dep. 2020, Rv. 278069-01).
Con il terzo motivo il ricorrente lamenta «l’assoluta inadeguatez dell’avversata ordinanza a giustificare l’adozione di una misura cautelare così gravosa». Sulla base degli elementi in atti non era possibile attribuire ad NOME un ruolo, nemmeno marginale, nella gestione delle armi e nemmeno dall’imputazione emerge un suo definito ruolo. Non poteva essere valorizzata – ai fini della valutazione delle esigenze cautelari – la sua asserita vicinanza agli ambienti criminali delle curve che non ha nulla a che vedere con il capo di imputazione per cui si procede.
Inoltre il giudice del riesame non ha motivato sulle ragioni per le quali non poteva essere applicata una misura meno afflittiva, posto che la difesa aveva prospettato la possibilità di eseguire gli arresti domiciliari presso l’abitazion familiare e di svolgere attività lavorativa, nonché ragioni di salute che imponevano l’osservanza di prescrizioni terapeutiche.
Nessuna plausibile motivazione è stata resa sull’attualità delle esigenze cautelar e non si è tenuto conto del fatto che per i reati contestati, per i quali frattanto COGNOME divenuto imputato ha chiesto di essere giudicato neliefrT1e del
rito abbreviato, non potrebbe subire una condanna ad una pena superiore a tre anni come richiesto dall’art. 272, comma 2bis, cod. proc. pen.
Anche tale doglianza è infondata.
Gli argomenti difensivi lamentano che il giudice della cautela avrebbe fatto riferimento ad elementi non contemplati nella condotta contestata, ma tale rilievo non ha alcuna valenza, poiché anche l’analisi della personalità e delle concrete condizioni di vita dell’indagato concorre nella valutazione del pericolo di una ricaduta nel delitto “prossima” – anche se non specificamente individuata, nè tanto meno imminente – all’epoca in cui la misura viene applicata (Sez. 2, n. 47619 del 19/10/2016, Rv. 268508-01).
Il Tribunale del riesame ha condiviso la valutazione del Giudice per le indagini preliminari non in base ad una generica vicinanza ad ambienti criminali, ma in ragione dei suoi precedenti per l’impiego di mezzi atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona durante le manifestazioni pubbliche e la guida in stato di ebbrezza, della sua frequentazione accertata con NOME COGNOME con il quale nel 2022 si era recato varie volte a degli incontri con NOME COGNOME (i due soggetti sono gravemente indiziati quali appartenenti ad un gruppo criminale dedito allo spaccio di stupefacente e alle condotte violente), nonché con NOME COGNOME (assassinato in un agguato pure nel 2022 e legato agli ambienti della tifoseria violenta).
La disponibilità di altre armi da parte di COGNOME è ricavata da una serie di conversazioni intercettate tra altri coindagati, che peraltro lo indicano come persona che potrebbe partecipare ad ulteriori azioni violente.
L’attualità è ricavata dal limitato tempo trascorso dai fatti (due anni) e dall’accertamento della sussistenza in atto degli stessi legami che avevano propiziato la condotta contestata. Dai messaggi intercettati e trascritti negli atti di indagine il Tribunale del riesame ha ragionevolmente tratto il convincimento che la disponibilità dell’COGNOME a coadiuvare i correi permanesse nel tempo.
L’inadeguatezza di una misura diversa da quella carceraria è stata argomentata sulla base del contesto nel quale era calato attualmente e già da molto tempo l’COGNOME e in ragione della sua propensione ad utilizzare canali riservati, non agevolmente controllabili, come Telegram e Signal; inoltre proprio con COGNOME aveva intrattenuto comunicazioni avvalendosi di utenze riservate.
Questi dati, secondo il Tribunale, non potevano consentire una prognosi di affidabilità per l’osservanza delle prescrizioni connesse con misure cautelari diverse dalla custodia cautelare in carcere.
L’articolata motivazione del provvedimento impugnato, agganciata ad elementi specifici di fatto valutati con percorsi argomentativi immuni da vizi logici, appaiono osservanti del principio nomofilattico, secondo il quale «una vajjazione
prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’a accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza» (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Rv. 282891 -01).
Sicchè la censura della difesa appare chiaramente tesa ad ottenere una rivalutazione nel merito degli elementi che hanno fondato il giudizio sulle esigenze cautela ri.
Il ricorso deve essere dunque respinto con le conseguenti statuizioni.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui disp. att. cod. proc. pen. all’art. 94, comma 1 ter,
Così deciso, il 26 giugno 2024 Il AVV_NOTAIOg . ere estensore
Il Presidente