Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1260 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1260 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Lamezia Terme (Cz) il 29 gennaio 1987;
avverso la ordinanza n. 292/2023 del Tribunale cili Catanzaro del 11 maggio 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigettp del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 11 maggio 2023, ha rigettato l’appello, proposto ex art. 310 cod. proc. pen. nell’interesse di Tropea Francesco, avverso il provvedimento emesso il 28 febbraio 2023 dalla Corte di appello di Catanzaro, con il quale era stata rigettata l’istanza di declaratoria di inefficacia, per decorrenza dei termini di fase, della misura cautelare disposta nei confronti dell’appellante ed eseguita in data 3 gennaio 2017.
Avverso detta ordinanza, il Tropea ha interposto ricorso per cassazione tramite il proprio difensore, lamentando, con un’unica dogliariza, l’erronea applicazione degli artt. 303, comma 2, e 304, comma 6, cod. proc. pen.
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni richiamate ne avrebbero imposto la scarcerazione, in quanto il termine di fase relativo al giudizio di appello, pari ad 1 anno e 6 mesi ex art. 303, comma 1, lett. c), n. 3, cod. proc. pen. (nel caso di specie decorrente dalla data di emissione della sentenza di legittimità con cui era stato disposto l’annullamento con rinvio della pronuncia di primo grado ex art. 303, comma 2, cod. proc. pen.), pur non scaduto, sarebbe risultato più lungo di quello che l’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. individua come termine finale di fase, oltre il quale non può protrarsi la custodia cautelare anche in caso di sospensioni dei termini della sua durata (da computarsi in 3 anni, decorrenti dalla pronuncia di condanna di primo grado).
Di conseguenza, nel caso di specie, soltanto quest’ultimo avrebbe assunto rilevanza quale termine di fase, ormai scaduto.
Per contro, il Tribunale di Catanzaro avrebbe, erroneamente per il ricorrente, affermato l’irrilevanza nel procedimento a carico del Tropea del decorso del termine di fase, ritenendo che, nei casi di “doppia conforme” di condanna – cui quello di specie dovrebbe ricondursi, in quanto l’annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione aveva investito la sola questione della sussistenza della continuazione tra il reato per cui si procedeva ed altro per cui era già intervenuta condanna – l’unico termine di durata operante dovrebbe considerarsi quello complessivo di cui all’art. 303, comma 4, cod. proc. pen.
Questo, aumentato in virtù delle relative sospensioni, non avrebbe superato, nel procedimento a carico del ricorrente, la soglia finale per esso prevista dall’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. e avrebbe dovuto considerarsi non ancora scaduto.
Ebbene, GLYPH secondo GLYPH la GLYPH difesa, GLYPH l’argomentazione GLYPH sviluppata GLYPH nel provvedimento impugnato sarebbe fondata su un arresto della giurisprudenza di legittimità in realtà superato dai rilievi formulati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 3423 del 2021, in ordine alla non sovrapponibilità delle nozioni di acquisizione di autorità di giudicato di una parte della sentenza, da un lato, e di eseguibilità della pena dall’altro; in particolare, quest’ultima dipenderebbe dalla avvenuta formazione di un titolo esecutivo, il quale presuppone a sua volta sia l’accertamento del fatto di reato e della colpevolezza dell’imputato sia la determinazione della pena.
Nel caso di specie, non essendosi formato alcun titolo esecutivo (nonostante il passaggio in giudicato della affermazione di responsabilità del Tropea in ordine al reato associativo per il quale si procedeva), il rinvio disposto dalla Corte di cassazione, in quanto implicante il regresso del procedimento alla fase compresa tra l’emissione della sentenza di primo grado e quella della sentenza di appello, non avrebbe potuto determinare l’irrilevanza della scadenza del termine di fase.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dalla difesa del Tropea è infondato.
Sostiene, in sintesi, la difesa del ricorrente che il Tribunale di Catanzaro avrebbe errato nel ritenere che, nel caso ora in esame, debba essere fatta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte con la sentenza n. 4049 del 2019, secondo il quale, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado disposto da questa Corte, i termini di durata della custodia cautelare ricominciano a decorrere dalla decisione di annullamento e non potranno protrarsi oltre la durata del doppio del termine massimo previsto per la fase di appello, essendo oggetto di computo anche l’intero periodo già trascorso in vinculis a decorrere dalla sentenza di primo grado, compreso il periodo di custodia cautelare sofferto durante la pendenza del procedimento in sede di legittimità (Corte di cassazione, Sezione V penale, 28 gennaio 2019, n. 4049), trattandosi di principio che sarebbe stato, successivamente, superato dalla sentenza n. 3423 del 2021 delle Sezioni unite di questa Corte.
Si tratta di assunto che, quanto al caso di specie, si dimostra erroneo o, comunque, non pertinente.
Con la sentenza richiamata, infatti, le Sezioni unite penali di questa Corte hanno stabilito che nel caso in cui sia disposto l’annullamento con rinvio di una
sentenza di condanna nella parte in cui in essa non è stata ravvisata la continuazione con altri reati, può essere, comunque, messa in esecuzione la condanna alla pena inflitta per il reato in relazione al quale l’affermazione della penale responsabilità sia divenuta irrevocabile ed a condizione che si tratti del reato ritenuto, con certezza e non in base a ragionamenti ipotetici, il più grave fra quelli eventualmente in continuazione e che la relativa pena presenti il carattere della definitività, essendo insuscettibile di modifiche nel giudizio di rinvio (Corte di cassazione, Sezioni Unite penali, 27 gennaio 2021, n. 3423).
Da quanto sopra discende, in relazione al caso ora in esame, che in realtà allo stesso non debbono più essere applicati i principi propri del regime di durata massima della custodia cautelare, posto che, essendo stata annullata con rinvio la sentenza emessa dalla Corte di appello di Catanzaro in data 2 ottobre 2020 a carico del Tropea da questa stessa III Sezione penale della Corte di cassazione con sentenza n. 27452 del 2022 del 19 maggio 2022, i cui motivi sono stati depositati il successivo 15 luglio 2022, esclusivamente in relazione alla, affermata con la sentenza annullata, esclusione della continuazione fra il reato di cui all’art. 74 del dPR n. 309 del 1990, del quale il Tropea è stato ritenuto in tale sede colpevole, ed i reati di cui all’art. 73 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica oggetto della sentenza n. 300 del 2014 (per errore indicata come del 2019 nella ordinanza impugnata) emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Lamezia Terme in data imprecisata, deve rilevarsi che, in osservanza, appunto, dei criteri di cui alla citata sentenza n. 3423 del 2021 della Sezioni unite di questa Corte, il regime custodiale cui è attualmente sottoposto il Tropea – essendo divenuta definitiva la condanna relativa al reato di cui all’art. 74 del dPR n. 309 del 1990 a lui inflitta con sentenza del 2 ottobre 2020 dalla Corte di Catanzaro (infatti l’annullamento con rinvio non riguarda la sua responsabilità in ordine a tale imputazione, ma solamente l’esistenza del vincolo della continuazione fra il reato associativo in discorso ed i reati fine oggetto della ricordata sentenza di applicazione concordata della pena emessa dal Tribunale di Lamezia Terme) ed essendo tale reato all’evidenza il più grave fra quelli ancora sub iudice per effetto della sentenza di annullamento con rinvio pronunziata da questa Corte in data 19 maggio 2022 (gli altri sono, infatti, i reati fine dell’associazione), il regime custodiale cui il Tropea è attualmente sottoposto non deve più ritenersi di carattere cautelare ma connesso alla intervenuta definitività, per il profilo sanzionatorio connesso al reato associativo, della sentenza di condanna a suo tempo emessa a suo carico. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Di tal che ogni rilievo in ordine alla decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare a lui applicabile appare del tutto fuorviante ed estraneo alla presente fattispecie.
Il ricorso dal Tropea presentato deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente va condannato, visto l’art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidenl:e