Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17471 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a CROTONE il 24/12/1983
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Catanzaro Udita la relazione svolta dai Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso; udito il difensore Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME NOME avverso l’ordinanza con la quale il G.i.p. dei Tribunale di Catanzaro ha applicato in data 5 novembre 2024 nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere nell’ambito del proc. R.G.N.R. 2946/20 in cui il COGNOME è gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 7 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 nel ruolo di promotore.
2. NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando la predetta ordinanza ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 273 . cod. proc. pen., 74 d.P.R. n.309/90 e 649 cod. proc. pen. per avere omesso il Tribunale di leggere in combinato le contestazioni mosse nel presente e nel proc. pen. n.6573/2016 R.G.N.R. c.d. Operazione Orso, pur avendo dato atto dell’avvicendarsi dei due procedimenti. Il ricorrente sostiene che per il periodo di tempo intercorrente tra l’anno 2020 e il 17 febbraio 2022, data in cui è stava emessa la sentenza di primo grado nel procedimento c.d. Orso, è contestato il medesimo fatto al medesimo imputato nei procedimenti Orso e Grecale, come d’altronde attestato dallo stesso Ufficio di Procura nella richiesta di misura cautelare. Anche volendo limitare l’operatività del ne bis in idem a tale frazione temporale, nonostante i principi di diritto che, elaborati in seno alla giurisprudenza di iegittimità, ben consentirebbero di insistere ai fini dell’applicazione in toto dell’istituto, nel presente procedimento residuano solo due captazioni di rilievo a carico del COGNOME, ossia il colloquio del 14/6/2022 (RIT 674/2022 progg.vi AU10849 e ss.), intercorrente tra il COGNOME, la moglie COGNOME NOME e COGNOME NOME, in cui nulla è detto in ordine all’attività di spaccio e dal quale si evince un ruolo tutt’altro che primario del COGNOME, e un video colloquio del 29/7/2022 tra COGNOME NOME e COGNOME NOME (RIT 1289/2022), indicativo di una sospensione del pagamento ai danni dei familiari del COGNOME e, dunque, di una realtà contrastante con il ruolo attribuitogli, Si tratta di elementi inidonei a fondare il giudizio di gravità indiziaria in relazione a un’associazione diversa da quella oggetto dell’Operazione Orso. L’ordinanza impugnata, si assume, non regge perché, a fronte di un arco temporale particolarmente lungo e continuamente monitorato, non risultano conversazioni intercettate che vedano l’ascolto diretto della voce del presunto vertice, ad eccezione dell’unica conversazione del luglio 2022; guardando ai periodo temporale oggetto di interesse, in ragione del ne bis in idem sostanziale evidenziato, risultano solo due conversazioni.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 d.P.R. n.309/90, per aver errato i giudici nel combinato normativo di riferimento, disapplicando i precetti normativi enunciati nelle norme richiamate; il tutto tramite una motivazione irrazionale, illogica e contraddittoria, che, ai fini del ricorrere dei ruolo di promotore-organizzatore nella contestata associazione dedita al narcotraffico, ha obnubilato i principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla necessaria valutazione, nei casi di soggetto ininterrottamente detenuto e per cui si elevi contestazione non già di proseguita partecipazione al precedente sodalizio, ma di affectio rispetto a un nuovo contesto associativo, dell’effettiva volontà di aderire ad associazione di nuova costituzione. Gli elementi necessari a dimostrare l’intraneità di una persona sottoposta a una detenzione prolungata e senza soluzione di continuità rispetto a un clan di nuova formazione non possono coincidere con quelli che occorrono per affermare la
permanenza del soggetto detenuto nell’associazione di affiliazione originaria. Il costrutto accusatorio è esclusivamente basato su un sillogismo, contrastante con i principi di diritto enucleati nell’ambito di orientamento pacifico espresso dalla Suprema Corte, che stabilisce come “il versamento mensile di denaro, da parte della dirigenza del clan costituisca una forma di contributo assistenziale, rectius di trattamento di quiescenza riconosciuto ad un personaggio autorevole dell’ambiente criminale di appartenenza, che può prescindere dalla permanenza nella consorteria criminale. Deduce un grave travisamento probatorio dei compendio intercettivo in atti, avendo il Tribunale del riesame fornito una lettura parcellizzata delle conversazioni di rilievo, omettendo di valorizzare frasi ed espressioni altamente sintomatiche di non intraneità del Valente al sodalizio o, comunque, di un ruolo non verticistico.
Lamenta motivazione apparente in replica alla censura difensiva relativa alla mancata riconducibilità al Valente della lettera indirizzata a NOME COGNOME di cui si fa menzione nella captazione del 30 dicembre 2021.
Con riguardo al ruolo di vertice, si assume, il Tribunale trascura l’alternatività dei ruoli descritti nell’art. 74 d.P.R. n.309/90 definendo il Valente promotore e organizzatore.
Ove non si voglia ritenere sussistente l’ipotesi di bis in idem, la difesa allega comunque l’illogicità del ragionamento sintetizzato a pag.8 in cui, da un lato, si parla di ultrattività del Valente nell’ambito della medesima associazione alludendo a una continuità tra procedimenti e, dall’altro, si ignora la sovrapponibilità temporale delle contestazioni associative mosse. Secondo la difesa la conversazione del 17 luglio 2020 valorizzata nell’ambito della gravità indiziaria nel presente procedimento dovrebbe considerarsi invece irrilevante in quanto risalente alla contestazione dell’Operazione Orso. Si tratta della medesima consorteria, con piena operatività dell’istituto del ne bis in idem, o si tratta di una nuova formazione associativa nata dal riassetto delle piazze di spaccio crotonesi. L’informativa finale del 5 luglio 2023, redatta dalla Squadra mobile di Crotone indica quale fattore propulsivo dell’indagine in esame l’intervenuta esecuzione, a febbraio 2021, della misura custodiale nell’ambito dell’Operazione Orso e dell’esigenza di riattivazione degli strumenti di intercettazione a partire dal 23 febbraio 2021 al fine di captare iniziative volte a ricalibrare gli assetti del gruppo, in virtù dei vuoti creatisi con i menzionati arresti. Effettivamente, dopo gli arresti dell’operazione Orso, risulta intervenuto un mutamento nei gruppi dediti al narcotraffico nel crotonese con la creazione di diverse fazioni in un’ottica di pacificazione e non belligeranza sotto la supervisione di COGNOME Antonio.
La difesa invoca il principio secondo il quale la partecipazione a un gruppo di nuova formazione di un soggetto sottoposto a una prolungata detenzione non può fondarsi sulla verifica, in negativo, della mancanza di elementi per ritenere che egli si sia dissociato dai gruppo criminale di appartenenza, ma impone la prova positiva della
volontà manifesta di aderire alla nuova consorteria e di assicurare consapevolmente il proprio contributo oggettivamente apprezzabile alla vita e all’organizzazione del gruppo appena formato.
Nessuna delle captazioni vede l’interlocuzione del COGNOME in ordine alla gestione delle piazze di spaccio, come secondo la difesa si desume dalla disamina delle captazioni, delle quali eccepisce il travisamento da parte del Tribunale del riesame.
Contesta il significato attribuito dai giudici del riesame al video colloquio tra il detenuto NOME COGNOME il fratello NOME e NOME NOME in data 30 dicembre 2021 (R.I.T. 2431/2021), espressivo a dire del Tribunale del ruolo predominante del COGNOME, ritenendo che il colloquio sia stato travisato laddove se ne desume che la gestione intramuraria condotta dal COGNOME aveva ad oggetto, anzitutto, l’organizzazione dei traffici e l’adozione di misure di tutela a seguito degli arresti e dei sequestri che avevano colpito il gruppo. Il ritenuto riferimento al NOME è erroneo in quanto la presunta coincidenza delle vicende giudiziarie tra il NOME di cui si parla nel colloquio e il ricorrente è inesistente, avendo quest’ultimo ottenuto la misura degli arresti domiciliari terapeutici nell’aprile 2023, mentre il NOME della captazione l’aveva ottenuta a gennaio 2022.
In assenza di emergenze che consentissero l’inquadramento verticistico specifico del COGNOME, secondo la difesa si è scelta la via del generico e indifferenziato rinvio a un ruolo apicale, che non risponde alle esigenze di tipicità e tassatività fatte proprie dall’indirizzo esegetico della Corte di legittimità. Il COGNOME, in altre parole, non può essere promotore ed organizzatore nella medesima associazione.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, 274 e 275 cod. proc. pen. per erronea applicazione del combinato normativo di riferimento e assenza di motivazione, non avendo il Tribunale del Riesame, nella valutazione del concreto e attuale pericolo di recidivanza, valorizzato il percorso terapeutico intrapreso dal Valente, per come, invece, rappresentato dalla difesa, e la possibilità di proseguirlo con la concessione di misura custodiale domiciliare anche presso apposita comunità, trincerandosi dietro il richiamo all’art. 89, comma 4, T.U. Stup., avendo il Tribunale del Riesame non solo presunto, ai sensi dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., la sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1 lett.c), cod. proc. pen., ma avendo anche presunto l’adeguatezza della sola misura carceraria, limitandosi al mero richiamo al titolo di reato per cui si procede nonché ai precedenti penali del Valente, dimenticando la misura cautelare domiciliare pur concessa per il medesimo titolo di reato nel procedimento parallelo.
L’ordinanza, secondo la difesa, è viziata in relazione alla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. alla luce di un principio di diritto recentemente affermato da Sez. 6, n.11992 del 20/02/2024 per cui non si può applicare al reato associativo di cui all’art. 74 T.U. Stup. la regola, elaborata cel per il reato di cui all’art.
416 bis cod. pen., della tendenziale stabilità del sodaiizio in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo.
La difesa si duole dell’omessa valorizzazione del percorso di disintossicazione avviato dal COGNOME nell’aprile 2023 presso la Comunità di recupero “RAGIONE_SOCIALE“, soprattutto alla luce di una contestazione che attiene alla cessione di sostanza stupefacente. Deduce che il rapporto tra la disciplina dei primi due commi e il quarto comma dell’art. 89 T.U. Stup. vada letto nel senso che non vi sia un divieto di concessione degli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica ove si proceda per uno dei delitti di cui al comma 4. La norma in esame va intesa, secondo la formulazione del dato testuale e nell’ottica di un corretto coordinamento con le altre norme di rilievo, nel senso che, non operando il trattamento di favore di cui ai ricordati primi due commi, si debba fare riferimento alle norme generali in tema di misure cautelari personali, laddove il Tribunale del riesame si è limitato ad affermare l’inapplicabilità della disciplina di favore, senza motivare in ordine alla concedibilità o meno degli arresti domiciliari, anche da eseguire, in prosecuzione, presso la comunità già ospitante il Valente.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, di 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 dl. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo e il secondo motivo contrastano con il consolidato principio interpretativo secondo il quale «in tema di impugnazioni avversò i provvedimenti de libertate, pur nella peculiarità del contesto decisorio del giudizio di riesame resa manifesta dall’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il ricorrente ha l’onere di specificare le doglianze attinenti al merito (sul fatto, sulle fonti di prova e sulla relativa valutazione) onde provocare il giudice del riesame a fornire risposte adeguate e complete, sulle quali la Corte di cassazione può essere chiamata a esprimersi. Pertanto, in mancanza di tale devoluzione, è inammissibile il ricorso che sottoponga alla Corte di legittimità censure su tali punti, che non possono trovare risposte per carenza di cognizione in fatto addebitabile alla mancata osservanza del predetto onere, in
relazione ai limiti del giudizio di cessazione, ex art. 606 cod. proc. pen..» (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279505 – 03; Sez. 6, n. 16395 del 10/01/2018, COGNOME, Rv. 272982 – 01; Sez, 6, Ord. n. 3058 del 18/08/1992, COGNOME, Rv. 191962 – 01).
Non è rinvenibile nel testo del provvedimento impugnato, né all’interno del ricorso, alcun riferimento ad atti o memorie o discussioni orali tramite i quali sarebbero stati devoluti al Tribunale del riesame temi del ne bis in idem sostanziale, o delle conseguenze che sul giudizio di gravità indiziaria scaturirebbero dalla trasmigrazione del Valente dall’associazione oggetto di contestazione nella c.d. Operazione Orso all’associazione qui in esame (Sez. 6, n. 11008 del 11/02/2020, Bocciero, Rv. 278716 01; Sez. 3, n. 13744 del 24/02/2016, COGNOME, Rv. 266782 – 01: «È inammissibile il ricorso per cessazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame i cui motivi rinviino genericamente alle censure articolate nel precedente atto di .gravame senza indicarne il contenuto, in quanto anche nella materia cautelare è necessario che il ricorso rispetti i necessari requisiti di specificità stabiliti dall’art. 581, lett. c), pen., al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità»).
Inoltre, le censure, ove specificamente riferite al contenuto di captazioni, risultano inammissibili in quanto tendenti a ottenere una rivalutazione delle emergenze indiziarie ovvero generiche nel dedurre il travisamento dei significato dei dialoghi intercettati. Occorre, a tal proposito, ricordare che è necessario che il ricorrente prospetti la decisività del travisamento di una prova nell’economia della motivazione (Sez.6, n.36512 del 16/10/2020, COGNOME, Rv.280117 – 01), laddove nel caso in esame il ricorso presenta una parcellizzata disamina di singole captazioni senza adeguato confronto con il tenore complessivo della motivazione dell’ordinanza impugnata.
Per meglio esplicitare le ragioni dell’inammissibilità dei motivi di ricors attinenti alla gravità indiziaria, è bene richiamare sinteticamente il contenut dell’ordinanza impugnata.
Dopo avere lungamente descritto le modalità operative dell’associazione dedita al narcotraffico oggetto d’indagine, la cui esistenza non è comunque contestata, il Tribunale ha spiegato come l’identificazione di NOME COGNOME quale promotore e organizzatore del descritto sodalizio trovi pieno supporto nel materiale investigativo versato in atti.
L’intraneità del ricorrente nelle dinamiche strutturate di spaccio del territori crotonese costituisce tema ben delineato dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME che, nel descrivere i pregressi assetti, ha dato atto dell’esistenza d un’associazione organizzata e strutturata in bande operante nel quartiere INDIRIZZO, capeggiata proprio dall’odierno ricorrente e alle cui dipendenze operavano altri
coindagati quali spacciatori al dettaglio. Pur trattandosi di equilibri criminali risalen epoca precedente, essi sono stati considerati utili a fornire una compiuta ricostruzione dell’antefatto delle condotte qui in esame, le quali sono apparse indicative dell’ultrattività del ricorrente nella gestione della piazza di spaccio di Fondo Gesù i continuità con i fatti di cui alla sentenza di condanna pronunciata a carico del Valente per il delitto di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n.309/90 nel procedimento penale c.d. Orso.
Nell’ordinanza si sono valorizzate alcune conversazioni acquisite nel procedimento penale n. 4408/2020 R.G.N.R. (operazione cd. Casco Antiguo), non menzionate nel ricorso, dalle quali si è evinto il predominio esercitato dal COGNOME nella gestione de locale narcotraffico e, in particolare, nell’imposizione delle forniture di eroina (pro 271 del 17/7/2020 nella quale NOME NOME, uno dei leader dell’omonima organizzazione, dava conto del fatto che il COGNOME avesse imposto la fornitura di eroina a COGNOME NOME, zio dello Spagnolo, richiamandolo all’ordine e minacciandolo poiché aduso ad approvvigionarsi dall’isolitano Vittimberga Santo).
Nella presente indagine, si legge nell’ordinanza, è emerso che l’indagato, benché detenuto per i fatti di narcotraffico di cui all’operazione c.d. Orso, proseguiva nel direzione della struttura illecita, gestendo le attività associative attraverso i collo carcerari e l’inoltro di messaggi destinati ai sodali. A tal fine sono state richiama alcune captazioni nelle qual[ i sodali lumeggiavano il ruolo di leader assunto da NOME COGNOME nel quartiere INDIRIZZO, sottolineandone altresi le doti di ‘ndrangheta che fino a quel momento aveva ricevuto (progr. 14,593 del 23/10/2021 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME nel quale, riferendosi a problematiche occorse tra il COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME, i due concordavano sul fatto che il primo fosse l’elemento di vertice della zona in quanto, peraltro, già “tre-quartino” e “vangelista” e breve elevato aila dote di “padrino”).
Ma anche nella sostanza dei rapporti sono stati ravvisati gravi indizi del ruolo verticistico assunto dal COGNOME, la cui gestione intramuraria aveva a oggetto l’organizzazione dei traffici e l’adozione di misure di tutela a seguito degli arresti e d sequestri che avevano colpito il gruppo, come dimostrato dal colloquio carcerario che NOME COGNOME, anch’egli detenuto, intratteneva con I sodali NOME COGNOME e NOME COGNOME in data 30/12/2021, allorquando riferiva di aver ricevuto una lettera da NOME COGNOME facendo menzione dei sequestri occorsi e invitando i sodali a ridurre le attività di spaccio per non incorrere in ulteriori problemi giudiziari.
Contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, il Tribunale ha fornito specifica replica, non meramente apparente, alla censura difensiva circa la riferibilità del messaggio all’indagato valorizzando il preciso riferimento nominativo e la situazione giudiziaria di ”Maurizio” contenuti nel colloquio menzionato; rispetto alla specific situazione degli arresti domiciliari in comunità la richiesta di riesame del ricorrente
silente e, di conseguenza, la difesa non può in questa sede dedurre su tale punto il vizio motivazionale dell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale ha, quindi, menzionato le conversazioni tra sodali indicative del fatto che il COGNOME godesse del sostegno economico dell’associazione e detenesse il potere direttivo sulla distribuzione di tali erogazioni. I sodali, concordando la spartizione delle piazze di spaccio, convenivano sulla necessità di destinare parte dei proventi al sostentamento dei detenuti, tra i quali annoveravano lo stesso COGNOME (cfr. progr. 4732 ss. del 12/9/2021 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME nel corso del quale menzionavano il COGNOME quale destinatario del sostegno economico attraverso i profitti tratti dal traffico di narcotici; progr. 21.698 del 27/11/2021; progr.vi AU 2809-2810 del 23/4/2022, nei quali veniva monitorata la consegna del denaro da COGNOME NOME a COGNOME NOME e COGNOME NOME, quest’ultima moglie di NOME COGNOME).
In un altro passaggio motivazionale si evidenzia come i dialoganti, discutendo delle somme destinate ai detenuti e del ruolo assunto da COGNOME nella suddivisione delle quote da devolvere a tali soggetti, davano conto del fatto che tale distribuzione avveniva secondo le direttive impartite dal COGNOME il quale deteneva finanche l’autorità per escludere taluno dalle contribuzioni, specificando difatti COGNOME che in origine il COGNOME non voleva che fosse erogato il sostentamento ai detenuti NOME COGNOME e NOME COGNOME per problemi sorti all’interno della casa circondariale di Crotone.
La difesa vorrebbe desumere dal mancato rispecto di quest’ultima direttiva la mancanza di prova del ruolo apicale del COGNOME; ma si tratta, a ben vedere, di una rilettura del significato di una conversazione ia cui interpretazione, in quanto non manifestamente illogica, non è sindacabile in questa sede.
A tal proposito, il Tribunale ha ritenuto che, sebbene poi i sodali si determinassero a proseguire il sostentamento dei soggetti carcerati, sia comunque emerso che gli stessi adottavano tale decisione tenendo in debita considerazione le direttive del Valente e senza intaccare le somme a lui spettanti, provvedendo ai pagamenti attraverso le proprie risorse personali (cfr. progr. AU 12599 del 25/6/2022).
Ancora, nell’ordinanza si è considerato rilevante indizio del potere di supervisione esercitato dal ricorrente la fibrillazione causata nel gruppo dalla decisione dei coindagati COGNOME e COGNOME di interrompere le contribuzioni in favore della famiglia COGNOME/COGNOME in quanto, nel corso di un colloquio a distanza con NOME COGNOME, il COGNOME, appresi i motivi del contrasto, aveva esortato il COGNOME a intervenire p appianare le divergenze, provocando un confronto tra le parti e auspicando che ciò avrebbe condotto il Porto e il Santoro a ripristinare i pagamenti in favore dei detenuti già alle sue dipendenze (cfr. colloquio dei 29/7/2022).
Quanto al ruolo verticistico, nel ricorso non si comprende quale vizio si sia inteso dedurre allorchè si è censurato il riferimento sia al ruolo dell’organizzatore che a quello
del promotore contenuto nell’ordinanza. Non si ravvisa alcuna illogicità in tale accostamento di ruoli, posto che i giudici del riesame hanno espressamente chiarito come il ruolo di promotore vada riconosciuto anche a colui che, rispetto a un gruppo già costituito, provochi ulteriori adesioni, sovraintenda alla complessiva attività di gestione o assuma funzioni decisionali, così evidenziando taluni profili di compatibilità tra tale ruolo e la qualifica di organizzatore.
4. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile perché aspecifico.
Requisito previsto a pena di inammissibilità del ricorso dall’art. 581 lett c) cod. proc. pen. è il confronto con la motivazione dei provvedimento impugnato.
Il Tribunale del riesame ha ravvisato le esigenze di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. nelle specifiche modalità e circostanze del fatto nonché nella personalità dell’indagato, desunta, oltre che da una precedente condanna per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., dalla gravità indiziaria della posizione di vertice assunta, nonostante la carcerazione, dal Valente in una consorteria dalla struttura particolarmente allarmante nella sua capacità di approvvigionarsi di notevoli quantitativi di droga, avendo una stabile base economica e una stabile ramificazione nel territorio, tali da consentire ai sodali, anche singolarmente, di distribuire la sostanza stupefacente, coprendo un vasto mercato, avendo la possibilità di trafficare sia droghe pesanti che leggere indipendentemente da arresti e sequestri, con episodi attestanti il permanere di un canale di cessione della droga che si sono protratti fino al 2023.
Il fatto che il COGNOME sia ritenuto partecipe, all’esito di doppio grado di giudizio, di un’associazione dedita al narcotraffico sovrapponibile a quella attuale è stato puntualmente distinto dal precedente penale definito con pronuncia irrevocabile.
Occorre ricordare che per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. vale la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere.
La difesa si duole del fatto che il Tribunale si sia limitato a ritenere inapplicabil in virtù del disposto dell’art. 89, comma 4, T. U. Stup., la disciplina di favore prevista dai commi 1 e 2 della medesima disposizione e invoca il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in base al quale « Ai fini della sostituzione della misur cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di soggetto tossicodipendente che intenda sottoporsi a un programma di recupero, il giudice, qualora il richiedente sia imputato di uno dei delitti previsti dall’art. 4 bis legge n 26 luglio 1975, n. 354, deve valutare l’esistenza delle esigenze cautelari secondo gli ordinari criteri di cui agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., compresa la presunzione di adeguatezza esclusiva della custodia cautelare, non essendo applicabile il più favorevole regime previsto dall’art. 89 T.U. Stup., in base al quale sono ostative alla concessione
degli arresti domiciliari soltanto le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza» (Sez. 5,
n.
33863 del 30/06/2021, Caminiti, Rv. 281703 – 01).
Ma, anche per tale profilo, il ricorso difetta di adeguato confronto con il
provvedimento impugnato. Contrariamente a quanto allegato dalla difesa, infatti, vale
l’espressa indicazione che il Tribunale ha fornito delle ragioni per le quali la custodia in
carcere è stata considerata l’unica misura idonea a tutelare le su indicate esigenze
necessità di interrompere i cautelari, individuate dai giudici del riesame nell’assoluta
contatti illeciti nella disponibilità del ricorrente e di sradicarlo dagli ambienti del
narcotraffico.
condanna del ricorrente al
5. ,Alla declaratoria d’inammissibilità segue la sentenza 13 giugno 2000,
pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della n.
186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
senza versare in colpa nella elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al
in euro 3.000,00 in favore pagamento di una somma che si stima equo determinare
della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30/04/2025.