Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30462 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Palmi, il 27/07/1979 avverso l’ordinanza del 29 aprile 2025 del Tribun&e di P.eggio Calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi l’Avvocato NOME COGNOME e l’Avvocato NOME COGNOME che, in difesa di COGNOME si riportano ai motivi di ricorso e ne chiedono l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria – rigettando l’appello dell’indagato – ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata a NOME COGNOME per il reato ex artt. 73 e 80 d.P.R. 9 ottobre 1990 per avere concorso, come funzionario doganale, nella illecita importazione di 2.227 chilogrammi di cocaina giunta nel porto di Gioia Tauro proveniente dalla Colombia, come descritto nella imputazione provvisoria.
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento della ordinanza.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione nel trascurare l’incidenza sulle attualità delle esigenze cautelari del tempo (due anni e sette mesi) trascorso dall’applicazione della misura, nonchè del licenziamento, della incensuratezza e della resipiscenza di COGNOME.
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2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio della motivazione nel valutare la necessità della custodia cautelare in carcere nonostante che le
condizioni prima indicate mostrino, comunque, una attenuazione delle esigenze cautelari tale da consentire di sostituire la custodia in carcere con gli arrest
domiciliari (in un Comune distante dai luoghi del delitto e con l’applicazione di un dispositivo di vigilanza elettronica), del resto concessi ai coindagati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Tribunale ha rilevato che l’appello presentatogli reitera argomenti già
considerati dal Tribunale, procedente nel giudizio di primo grado, nel rigettare l’istanza relativa a una condizione per la quale si era già formato il giudicato
cautelare. Ha valutato che il ruolo di COGNOME nella realizzazione del grave reato non
è stato marginale e che il decorso del tempo è un fattore di per sé neutro e ha osservato che l’adozione di una misura meno restrittiva nei confronti di coimputati
non costituisce un elemento di valutazione sopravvenuto rilevante.
Circa l’avvenuto licenziamento di COGNOME ha considerato che questo non esclude che egli possa reiterare condotte inerenti al traffico di stupefacenti in modi non implicanti lo sfruttamento di un ruolo professionale, stanti i rapporti con soggetti appartenenti alla associazione a delinquere, con ripercussioni, peraltro anche su rischi di inquinamento delle prove.
Su queste basi – adottando pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità – ha ritenuto che l’incensuratezza (che ha agevolato la commissione del reato) e la prospettata collocazione agli arresti in un domicilio lontano dal luogo dei fatti non valgono a elidere il rischio di contatti co ambienti criminali, non salvaguardabile se non con la custodia in carcere.
Pertanto il ricorso risulta infondato e dal suo rigetto deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10/07/2025