Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14973 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14973 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE DEL GRECO il 27/06/1977
avverso l’ordinanza del 06/11/2018 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di TORRE ANNUNZIATA che si riporta ai motivi di ricorso.
Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza in data 6 novembre 2018 il Tribunale del riesame di Brescia confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, che in data 22 ottobre 2018 aveva applicato ad NOME COGNOME la misura coercitiva della custodia in carcere perché gravemente indiziato del delitto di concorso nel porto illegale di un fucile marca Franchi, arma clandestina in quanto priva di matricola e col calcio modificato.
1.1 II Tribunale riteneva che il quadro di gravità indiziaria in ordine al predetto reato fosse integrato dalle circostanze del rinvenimento, a seguito di perquisizione ad opera di appartenenti alla polizia giudiziaria, del fucile, posto all’interno di un borsone ad uso sportivo, collocato nelle pertinenze della pizzeria gestita dal coindagato NOME COGNOME e del trasporto dell’arma nel corso della nottata antecedente il ritrovamento da parte di NOME COGNOME il quale aveva recapitato il borsone al COGNOME, rimasto in attesa unitamente ad NOME COGNOME e ad NOME COGNOME questi ultimi postisi a sorveglianza dell’operazione di scarico e di sistemazione del fucile all’interno dell’esercizio del COGNOME, il COGNOME i atteggiamento tale da indicare di avere sulla sua persona un’arma corta e di essere pronto a farne uso.
1.2 In punto di esigenze cautelari il Tribunale ravvisava il pericolo di reiterazione di analoghe condotte illecite o comunque connesse alle armi in ragione dell’oggettiva allarmante gravità dei fatti e del giudizio negativo sulla personalità dell’indagato, desumibile dalle modalità della condotta, dal coinvolgimento in vicende di traffico di stupefacenti ed estorsione, riconducibili al gruppo di malavitosi, facenti capo al COGNOME ed oggetto di separato procedimento. Escludeva poi, stante le modalità della condotta, l’adeguatezza della misura domiciliare.
2.Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione l’indagato con due atti distinti a firma dei suoi difensori, separatamente depositati ed oggetto di procedimenti in origine autonomi, ma riuniti da questa Corte.in distinti
2.1 Con l’atto sottoscritto dall’avv.to NOME COGNOME si deduce:
a) contraddittorietà ed illogicità della motivazione, in quanto il Tribunale, contrasto con quanto preteso dall’orientamento della Suprema Corte di cassazione, non ha esposto le ragioni giuridiche dell’applicazione della misura cautelare ed è incorso in evidente illogicità per il difetto di congruenza e coordinazione logica tra gli indizi raccolti ed il giudizio di probabile responsabilità del ricorrent provvedimento non presenta l’autonoma valutazione dei presupposti di legge
rispetto all’ordinanza applicativa del G.i.p. e si pone in contrasto, sia con la legge n. 47 del 2015, sia con l’art. 274 cod. proc. pen.. Nel confermare la misura custodiale non ha esaminato gli elementi favorevoli all’indagato, rassegnati dalla difesa, ossia il suo stato di incensuratezza, il fatto che la sua famiglia occupava l’alloggio sito a piano superiore dell’immobile ove era collocato il ristorante, il pieno ravvedimento dimostrato nel corso dell’interrogatorio reso al g.i.p., elementi indicativ dell’insussistenza del pericolo di recidivazione.
b) Inosservanza o erronea applicazione della legge penale per non avere disposto il Tribunale la riunione dei procedimenti, originati dai due atti di riesame proposti, ed avere dichiarato inammissibile il secondo ricorso; inoltre, non ha rilevato che il difensore non aveva ricevuto notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza e che non era stato rispettato il termine di tre giorni liberi tra la notificazione dell’avviso data dell’udienza, secondo quanto stabilito dall’art. 324, comma 6, cod. proc. pen., vizi entrambi causa di nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 180 cod. proc. pen..
2.2Con il ricorso a firma dell’avv.to NOME COGNOME si è lamentato: a) omessa motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 292, comma 2 lett. c), cod. proc. pen., quanto alla ritenuta adeguatezza della sola misura custodiale, in quanto il Tribunale ha erroneamente scambiato l’illustrazione delle ragioni del ravvisato pericolo di reiterazione con la spiegazione della necessità di mantenere la sola custodia cautelare in carcere in luogo di quella domiciliare, che avrebbe potuto eseguire presso l’abitazione della compagna convivente. La motivazione è tautologica perché spiega soltanto le esigenze socialpreventive del caso; né è stato indicato qualche elemento in grado di contraddire lo stato di incensuratezza dell’indagato, il compimento di una condotta secondaria, la modesta gravità dell’aver agevolato la fase terminale del trasporto dell’arma e di dimostrare la sua inaffidabilità nell’osservare le restrizioni imposte con la misura domiciliare.
b) Omessa motivazione e violazione di legge sul punto relativo al divieto di applicare la custodia cautelare quando non sia prevedibile l’irrogazione di pena superiore al limite minimo di tre anni di reclusione.
Considerato in diritto
L’impugnazione è solo parzialmente fondata e va accolta nei limiti in seguito specificati.
1.11 Tribunale del riesame con motivazione esauriente e puntuale ha analizzato il compendio indiziario acquisito, frutto di risultanze oggettive, emergenti dall’attività investigativa condotta dalla polizia giudiziaria, nonché dai dati offe dalle telecamere poste all’interno ed all’esterno dell’esercizio pubblico nel quale era stata rinvenuta l’arma in contestazione e dai tabulati del traffico telefonico relativ
alle utenze in uso al ricorrente ed ai complici, per desumerne in perfetta consecuzione logica la configurabilità del reato, oggetto di imputazione provvisoria, di concorso nel porto illegale di arma clandestina, perché sprovvista di numero di matricola abraso e dotata di un calcio alterato. Ha altresì esposto un corredo di osservazioni esplicative ampio, corredato da puntuali riferimenti al materiale probatorio, privo di aporie o di aspetti irrazionali, per riferire la condotta incrimin anche al COGNOME e ricostruire in punto di fatto il suo apporto consapevole all’operazione di acquisizione e poi di collocamento del fucile all’interno del locale del Sorrentino per essere poi utilizzato in future azioni criminose contro la persona o il patrimonio altrui. In particolare, ha evidenziato che il ricorrente era giun presso la pizzeria in questione perché convocatovi unitamente all’COGNOME dal COGNOME, col quale erano intercorsi previ contatti telefonici in piena notte sino a che alle ore 01.46 era stato filmato il suo arrivo, quindi erano stati registrati la s permanenza nel locale unitamente ai correi sino alle ore 02.10, la sua uscita a quell’ora in strada in coincidenza con l’arrivo del Ferro, il posizionamento al centro della carreggiata, la funzione di vigilanza svolta, passeggiando avanti ed indietro assieme all’Alvaro e osservando la zona circostante con una mano posta alla cinta dei pantaloni pronta ad estrarre un’arma ivi nascosta.
L’ordinanza impugnata presenta dunque un’analisi compiuta, logica ed esauriente del compendio probatorio e dà conto dell’elevata probabilità della responsabilità dell’indagato in ordine al fatto di reato ascrittogli.
1.1 Non ha fondamento la censura formulata dall’avv.to COGNOME che lamenta il difetto di valutazione autonoma dei presupposti applicativi della misura in esecuzione: così prospettato, il motivo è del tutto generico perché non esplicita e non illustra sotto quali profili, fattuali, oppure giuridici, l’ordinanza del Tribunale riesame ripeta le medesime considerazioni esposte nell’originario provvedimento applicativo della misura.
1.1.1 In ogni caso il motivo non è articolato in termini conferenti, poiché deduce testualmente la carenza di “autonoma valutazione operata dal Tribunale in sede di riesame con riguardo all’ordinanza cautelare emessa dal G.I.P.”.
Ebbene, per come formulata la censura non devolve questione suscettibile di condurre all’annullamento del provvedimento impugnato; la ricostruzione degli elementi indiziari e cautelari operata dal giudice del riesame in termini adesivi alle determinazioni assunte dal giudice nella fase applicativa della misura coercitiva viene pacificamente ritenuta consentita anche quando, ma ciò non si è verificato nel presente caso, si traduca nella redazione della motivazione con richiamo per “relationem” alle argomentazioni del provvedimento impugnato, sempre che la stessa offra prova della considerazione effettiva dei motivi d’impugnazione e dia conto delle ragioni del loro rigetto. Si è già affermato da parte di questa Corte che
in tema di misure cautelari, l’obbligo di motivazione può ritenersi adempiuto qualora l’ordinanza del tribunale della libertà richiami “per relationem”, nell’ambito di una valutazione complessiva destinata a superare implicitamente i motivi dedotti, le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, a condizione, tuttavia, che le deduzioni difensive non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza genetica, non potendo in tal caso la motivazione “per relationem” fornire una risposta implicita alle censure formulate (sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, COGNOME, rv. 272628; sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, rv. 265765; sez. 6, n. 9752 del 29/01/2014, COGNOME, rv. 259111).
1.1.2 Diverso ancora è il caso in cui sia l’ordinanza genetica a non contenere una autonoma valutazione dei presupposti di legge, secondo quanto imposto dall’attuale formulazione dell’art. 292, commi e) e c-bis), cod. proc. pen., introdotta dalla legge nr. 47 del 2015, carenza che pare essere stata denunciata dal ricorrente col richiamo alle previsioni di tale testo normativo. E’ noto che con la legge di riforma il legislatore ha imposto un ulteriore requisito necessario per la valida sottoposizione dell’indagato alla custodia cautelare, in quanto pretende, accanto all’esposizione, anche l’autonoma valutazione dei requisiti richiesti per l’applicazione della misura, ossia “delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dall difesa”, quale garanzia di un effettivo esame critico ed indipendente della domanda cautelare da parte del giudicante, cui è ora inibito redigere, anche in caso di integrale condivisione, il provvedimento in termini di mera ricopiatura dell’istanza. Alla specificazione dell’onere motivazionale gravante sul g.i.p. si accompagna nel testo riformato della disciplina processuale la previsione, inserita al nono comma dell’art. 309 cod. proc. pen. e del tutto innovativa, di incrementati e più penetranti poteri di verifica da parte del tribunale del riesame, il quale, se riscontri l’assenza motivazione, oppure di autonoma valutazione, deve annullare il provvedimento impugnato. Come evidenziato da tutti gli interpreti, la nuova disposizione, introdotta a garanzia dei diritti difensivi e dell’effettività del controllo giudizia esercitarsi nei diversi gradi in cui si snoda il procedimento cautelare, da un lato deroga al più generale criterio che orienta le decisioni del giudice del riesame, ossia alla possibilità di confermare il provvedimento impugnato anche per ragioni diverse da quelle in esso esposte, dall’altro gli inibisce l’attivazione dei poteri integrazione e di propria valutazione per sanare eventuali carenze o illogicità dell’apparato motivazionale del titolo cautelare, in ossequio all’interpretazione già offerta da questa Corte di legittimità, che nella maggioranza delle sue decisioni in precedenza ammetteva tale facoltà di intervento integrativo o suppletivo. Al contrario, la disciplina oggi vigente impone che, a fronte della constatazione dell’assenza di motivazione a supporto della decisione genetica, oppure della sua presenza grafica, ma dal contenuto tale da non rivelare l’avvenuta conduzione di un Corte di Cassazione – copia non ufficiale
vaglio critico effettivo sulle condizioni applicative della misura coercitiva, il tribun del riesame debba limitarsi ad annullarla, non potendo supplire con rilievi personali alle riscontrate carenze (Cass. sez. 5, n. 32444 del 01/06/2018, P.M. in proc. Vella, rv. 273580)
1.1.3 Tanto premesso, nel caso specifico 19:mpugnazione dell’avv.to COGNOME totalmente carente di indicazioni sullFAvvenuta proposizione della medesima questione con l’atto di riesame e sull’effettiva riproduzione da parte del G.i.p. e quindi del Tribunale della richiesta presentata dall’organo dell’accusa, sicchè il relativo motivo si risolve in una doglianza inammissibile, perché priva di contenuti specifici e non verificabile.
1.2 Del pari genericamente dedotta è la censura sull’omessa considerazione dei presunti dati favorevoli all’indagato: dal ricorso non è dato comprendere per il difetto di qualsiasi illustrazione in quali termini possa apportare elementi a discarico la circostanza dell’essere la famiglia del ricorrente alloggiata nello stesso stabile ove è ubicato il ristorante del Sorrentino, dato che, oltre ad essere indimostrato, non supera i rilievi contenuti nel provvedimento impugnato laddove si è rilevato che il COGNOME era giunto presso il locale a bordo di un veicolo che si era allontanato condotto dal padre con a bordo una donna, verosimilmente la sua compagna per essersi profusa in affettuosità dirette alla sua persona, quindi si era trattenuto con correi sino all’arrivo del borsone contenente il fucile, sorvegliando l’area dalla sua postazione in mezzo alla strada e con atteggiamento di chi è pronto ad estrarre un’arma. Del tutto imprecisata è poi la deduzione sul “pieno ravvedimento”, che dovrebbe dedursi dalle dichiarazioni rilasciate nel corso dell’interrogatorio di garanzia, di cui si ignora il contenuto perché non specificato.
1.3 E’ del tutto priva di fondamento anche l’obiezione che segnala l’inoffensività della condotta tenuta dal COGNOME: il provvedimento in esame ha ampiamente giustificato la ricostruzione probatoria dell’apporto concorsuale di tipo materiale e morale, offerto dal ricorrente, alla condotta di porto illegale dell’arma clandestina, che, sebbene fosse stata condotta e ricevuta in consegna da altri correi, aveva potuto essere acquisita in sicurezza grazie alla sua presenza ed alla vigilanza sulla zona assicurata.
1.4 Infine, la pretesa irrilevanza della sottoposizione del ricorrente a separato procedimento per fatti di traffico di stupefacenti ed estorsione, commessi in un contesto di relazioni con esponenti della criminalità organizzata calabrese, costituisce un dato legittimamente valutabile: seppur non corroborato da una pronuncia di condanna, non può negarsi che la già avvenuta notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini conferisce concretezza all’ipotesi di accusa, tanto più che il collegio del riesame ha indicato anche specifiche risultanze probatorie indicative dei contatti personali di rilevanza criminale tra il Garofalo,
COGNOME e soggetti appartenenti ad organizzazione ‘ndranghetistica.
1.5 Anche le doglianze contenute nel secondo motivo sono inammissibili. La mancata riunione “delle istanze depositate in momenti diversi” e la declaratoria di inammissibilità della seconda sono oggetto di allegazione sfornita di concreti riferimenti agli accadimenti processuali, quali date, numeri dì iscrizione a ruolo e contenuti motivazionali dei provvedimenti, non deducibili dagli atti del fascicolo processuale, e non si comprende quale disposizione di legge sarebbe stata violata per effetto di entrambe le decisioni.
Del pari l’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale innanzi al Tribunale del riesame al difensore, avv.to COGNOME sottoscrittore di uno dei due ricorsi per cassazione ed il mancato rispetto del termine a comparire non risultano essere state oggetto di eccezioni sollevate durante l’udienza stessa e prima della deliberazione della decisione da parte degli altri difensori presenti, avv.ti NOME e NOME COGNOME Tanto comporta che l’eventuale nullità verificatasi, di ordine non assoluto ex art. 179 cod. proc. pen., ma generale a regime intermedio ex art. 180 cod. proc. pen., resta sanata ai sensi dell’art. 184, comma primo, cod. proc. pen.. La mancata formulazione dell’eccezione consente di ritenere che la parte vi abbia rinunciato, sicchè non è consentito far valere successivamente con l’impugnazione l’interesse dell’imputato ad essere assistito anche dal difensore non avvisato, in quanto tale interesse non è riconoscibile in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del giudice (Sez. U, n. 39060 del 16/07/2009, COGNOME, rv. 244188; sez. 6, n. 10607 del 23/02/2010, Pepa, rv. 246542).
2.Quanto all’ulteriore atto di ricorso a firma dell’avv.to COGNOME devono premettersi alcune considerazioni.
2.1In GLYPH primo GLYPH luogo GLYPH rileva GLYPH il GLYPH Collegio GLYPH l’ammissibilità GLYPH astratta dell’impugnazione, ancorchè altro ricorso avverso lo stesso provvedimento giudiziale sia stato presentato in favore del ricorrente da altro difensore. Questa Suprema Corte (sez. 2, n. 19109 del 28/04/2011, COGNOME, rv. 250265; sez. 2, n. 19835 del 19/04/2006, COGNOME, rv. 234655; sez. 1, n. 4881 del 16/11/1993, dep. 1994, COGNOME, rv. 196960), ha da tempo affermato, e qui si ribadisce che, seppur non espressamente consentita dalle disposizioni processuali, la possibilità per ciascuno dei difensori del medesimo imputato di proporre autonomi atti di impugnazione avverso la medesima decisione discende dalla facoltà per l’imputato, ammessa dall’art. 96 cod. proc. pen., di designare più di un legale quale proprio patrocinatore senza poter però superare il numero di due. L’esercizio della facoltà di impugnare da parte di uno dei difensori non pregiudica di per sé la proponibilità di distinto ed autonomo atto di gravame da parte dell’altro, salvo che, per il principio di unicità del diritto di impugnazione, al momento di presentazione dei successivo
atto di appello o di ricorso non sia già decorso il termine perentorio di impugnazione e non sia intervenuta una decisione sul primo atto proveniente dall’altro legale (Cass., sez. 5, n. 2804 del 05/06/1996, Atene, rv. 205515; sez. 6, n. 2490 del 22/06/1995, NOME, rv. 202774; sez. 1, n. 4561 del 30/06/1999, Lonoce, rv.214034). Nel rispetto di tali limiti vale il principio di reciproca autonomia, poich non è dato rinvenire una preclusione processuale, né al numero di appelli o ricorsi provenienti dai difensori, nè al loro possibile contenuto di contestazione, nel senso che i motivi articolati a fondamento dell’uno non condizionano quelli proponibili col successivo atto di impugnazione.
2.2 Nel caso specifico risulta che il ricorso a firma dell’avv.to COGNOME è stato presentato in data successiva all’atto dell’altro difensore del Garofalo senza che nel frattempo sia intervenuta decisione da parte di questa Corte, che, al contrario, chiamati i due distinti procedimenti originati dai ricorsi alla stessa udienza, li riuniti, sicchè alla proposizione del primo ricorso non può assegnarsi prevalenza ed efficacia preclusiva della disamina nel merito del successivo, depositato in un momento in cui non era noto quale dei due sarebbe stato trattato per primo e, tanto meno, era intervenuta una decisione del giudice investitone.
2.3 Tanto premesso, in punto di esigenze cautelari l’ordinanza impugnata ha ravvisato la sussistenza del pericolo di recidivazione specifica in relazione all’apprezzamento della gravità del fatto ascritto al COGNOME, consistito nel porto in luogo pubblico di arma destinata alla commissione di ulteriori reati gravi contro il patrimonio e la persona, realizzato mediante un modulo organizzativo efficace per l’intervento di più soggetti, preposti a compiti differenziati di organizzatore COGNOME, di trasportatore il COGNOME, di sorveglianti l’COGNOME ed il COGNOME. Ha quind evidenziato la dimostrazione di significativi contatti con esponenti della criminalità organizzata calabrese e quindi dotati di particolare caratura criminale. In merito alla specifica posizione del COGNOME ha osservato che lo stesso è sottoposto a separato procedimento per fatti di traffico di stupefacenti, gestiti nei pressi del locale ove er stato riposto il fucile sequestrato, e per tentata estorsione, sicchè anche il giudizio sulla sua personalità è stato formulato in termini negativi e per implicito sconfessa la dedotta incensuratezza.
2.4 Per i giudici del riesame a fronte di tale quadro indiziario, la custodia in carcere risulta essere l’unica misura idonea a tutelare le esigenze di prevenzione ed a recidere i legami tra l’indagato e gli ambienti delinquenziali frequentati e con i quali ha collaborato. Tale apprezzamento esprime una chiara opzione di sfiducia sull’adeguatezza della misura domiciliare, che però non pare essere stata espressa con argomentazioni specificamente orientate ad evidenziarne l’inefficacia a ragione di specifici comportamenti pregressi o attuali del ricorrente, dell’ubicazione dell’eventuale domicilio ove eseguire misura meno afflittiva o dei presumibili legami
con altri soggetti dediti al crimine. Il che già di per sé consente di rilevare un carenza nell’apparato motivazionale del provvedimento.
2.5 Inoltre, non è dato rinvenire nell’ordinanza impugnata la considerazione prognostica dell’entità della pena prevedibilmente irrogabile nel giudizio di cognizione.
La disposizione di cui all’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., come novellata dal D.L. 26 giugno 2014, nr. 92, convertito con modificazioni nella legge nr. 117 dell’Il agosto 2014, nell’introdurre disposizioni urgenti in materia di rimed risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della CEDU e modifiche al codice di procedura penale, all’art. 8 ha modificato l’art. 275 cod. proc. pen. e ha inserito il seguente nuovo comma: “2-bis. Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l’applicabilità degli articoli 276, comma i-ter e 280, comma 3), non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata no sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis e 624-bis del codice penale, nonchè all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’articolo 284, comma 1, del presente codice”.
Nell’introdurre una innovativa limitazione alla possibilità di applicazione della più gravosa misura coercitiva, il legislatore ha fatto salve le ipotesi in cui si proced per alcune fattispecie di reato tassativamente indicate e che il giudice esprima la valutazione di inadeguatezza di ogni altra misura, oppure che accerti l’inesistenza di uno dei luoghi di assegnazione agli arresti domiciliari, giusta la previsione contenuta nell’art. 284 cod. proc. pen.: in tali situazioni è tuttora consentito superare i limit applicabilità previsti dall’art. 275, comma 2-bis, secondo periodo, cod. proc. pen.. E’ però necessario che nel provvedimento che applica o conferma la misura custodiale si dia conto in modo specifico e puntuale delle ragioni della ritenuta inadeguatezza a soddisfare le esigenze cautelari di qualsiasi altra misura meno afflittiva, non potendosi presumere siffatto accertamento, né esaurirsi la relativa giustificazione in formule stereotipate o meramente riproduttive del testo normativo (sez. 6, n. 16857 del 06/02/2018, P.M. in proc. Gentile, rv. 272917; sez. 2, n. 46874 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268143; sez. 4, n. 43631 del 18/09/2015, COGNOME, rv. 264828; sez. 3, n. 32702 del 27/02/2015, gabbar, rv. 264261).
Tale accertamento risulta necessario tanto più che il delitto al momento
ascritto al ricorrente è punito con pena minima di anni due di reclusione.
L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Brescia, sezione per il riesame, che dovrà analizzare nuovamente il caso e for congrua risposta ai superiori rilievi limitatamente all’entità della prevedibi irrogabile all’esito del giudizio principale di cognizione. Nel resto i ricorsi N GLYPH inammissibili.
P. Q. M.
a GLYPH Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla previsione di cui all’a o ab GLYPH 275, comma 2-bis,cod. proc. pen. e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribuna GLYPH di Brescia, sezione per il riesame; dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c comma 1 ter.
E NOME Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2019.
Il Consigliere estensore Il Presidente
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