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Custodia Cautelare: No Retrodatazione Senza Connessione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato che chiedeva l’annullamento della custodia cautelare per decorrenza dei termini. La Corte ha stabilito che la retrodatazione della decorrenza dei termini, prevista dall’art. 297, comma 3, c.p.p., non si applica se i reati oggetto di procedimenti diversi non presentano una ‘connessione qualificata’, derivano da notizie di reato autonome e non sono legati da un unico disegno criminoso.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Quando i Termini Non si Sommano

La durata massima della custodia cautelare è un tema cruciale nel diritto processuale penale, poiché bilancia le esigenze di giustizia con il diritto fondamentale alla libertà personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35399/2024) ha chiarito i presupposti per la cosiddetta ‘retrodatazione’ dei termini, un meccanismo che consente di far decorrere una nuova misura cautelare da una data precedente. Il caso in esame riguarda un indagato per associazione di tipo mafioso e rapina che sosteneva l’illegittimità della sua detenzione per superamento dei limiti temporali.

I Fatti del Caso: Due Procedimenti, un’Unica Misura?

Un individuo, già detenuto in carcere in base a un’ordinanza cautelare, si vedeva applicare una seconda misura per reati analoghi, ma commessi in contesti e periodi parzialmente diversi. Secondo la sua difesa, i due procedimenti penali, sebbene formalmente separati, erano sostanzialmente connessi. Si sosteneva che i reati fossero legati da un medesimo disegno criminoso e che gli elementi di prova per la seconda accusa fossero già noti al momento della prima ordinanza. Di conseguenza, si chiedeva di far retrodatare l’inizio della seconda misura alla data della prima, con l’effetto di dichiarare la perdita di efficacia della custodia cautelare per decorrenza dei termini massimi previsti per la fase delle indagini preliminari.

La Questione Giuridica: I Limiti alla Retrodatazione della Custodia Cautelare

Il cuore della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 297, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma prevede che, in caso di più ordinanze cautelari per fatti diversi, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita la prima, se si tratta di fatti connessi commessi prima dell’emissione della prima ordinanza. La difesa puntava a dimostrare l’esistenza di una ‘connessione qualificata’ (ex art. 12 c.p.p.), sostenendo che la separazione delle indagini fosse una mera scelta strategica del Pubblico Ministero.

La Decisione della Corte: Nessuna Connessione Qualificata

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la decisione del Tribunale della libertà. I giudici hanno chiarito che la retrodatazione non è un automatismo, ma richiede la sussistenza di precise condizioni che, nel caso di specie, non erano state dimostrate.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine:
1. Autonomia delle Notizie di Reato: Le indagini che hanno portato alle due ordinanze cautelari traevano origine da due diverse e autonome notizie di reato, provenienti da organi di Polizia Giudiziaria differenti (Carabinieri e Polizia di Stato). Questo elemento ha indebolito la tesi di una separazione artificiosa dei procedimenti.
2. Assenza di un Unico Disegno Criminoso: Il ricorrente non è riuscito a dimostrare che le sue condotte, pur simili, fossero parte di un unico piano criminale. Anzi, le attività illecite contestate riguardavano il fiancheggiamento di gruppi criminali distinti, operanti in zone diverse e in periodi non completamente sovrapponibili. La Corte ha sottolineato che la semplice omogeneità dei reati non è sufficiente a configurare il vincolo della continuazione.
3. Mancata Prova della ‘Deducibilità’: Un altro punto cruciale è che il ricorrente non ha provato che gli elementi a suo carico per la seconda ordinanza fossero già desumibili dagli atti disponibili al momento dell’emissione della prima. La separazione delle indagini, quindi, non appariva come una scelta strategica del PM, ma come una conseguenza della diversa origine e natura delle fonti di prova.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la regola della retrodatazione dei termini di custodia cautelare non si applica quando si è in presenza di procedimenti distinti, originati da fonti investigative autonome e relativi a fatti che, sebbene simili, non sono provatamente legati da una connessione qualificata o da un unico disegno criminoso. La scelta del Pubblico Ministero di mantenere separate le indagini è legittima se non costituisce un mero espediente per eludere i termini di durata massima delle misure cautelari. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire un corretto equilibrio tra le esigenze investigative e la tutela della libertà individuale, ancorando l’applicazione di istituti eccezionali come la retrodatazione a una rigorosa verifica dei suoi presupposti fattuali e giuridici.

Quando si applica la retrodatazione dei termini di custodia cautelare?
La retrodatazione si applica, ai sensi dell’art. 297, comma 3, c.p.p., in caso di pluralità di ordinanze cautelari per fatti diversi, a condizione che tra questi sussista una ‘connessione qualificata’ (ex art. 12, lett. b e c, c.p.p.) o siano legati dal vincolo della continuazione, e che i fatti della seconda ordinanza siano stati commessi prima dell’emissione della prima.

Cosa intende la Corte per ‘connessione qualificata’ tra reati?
Per ‘connessione qualificata’ si intende un legame forte e specifico tra i reati, come quello derivante dall’essere stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Non è sufficiente che i reati siano semplicemente dello stesso tipo o commessi in un arco temporale simile se mancano prove di un piano unitario e preordinato.

La separazione dei procedimenti da parte del Pubblico Ministero è sempre legittima?
Sì, la separazione è legittima quando i procedimenti nascono da notizie di reato distinte e autonome e non vi è prova che tale scelta sia stata un mero espediente strategico per aggirare le norme sui termini massimi di custodia. La Corte ha specificato che se la separazione non deriva da una scelta arbitraria, ma dalla natura stessa delle indagini, la retrodatazione non è applicabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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