Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27606 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27606 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2443/2025
CC – 17/07/2025
R.G.N. 18429/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 08/04/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
Con ordinanza dell’8 aprile 2025 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha confermato quella emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Ufficio in data 11 marzo 2025 con la quale Ł stata applicata nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per i reati in materia di armi e il tentato omicidio commessi il 26 ottobre 2023 in danno di NOME COGNOME, descritti ai capi l) ed m) della rubrica.
La misura Ł stata, altresì, applicata per due delitti di estorsione consumata (capi a) e b)), una tentata estorsione (capo c)), tutti aggravati dall’avere agito piø persone riunite e con metodo mafioso.
In particolare, con riferimento ai primi, la gravità indiziaria Ł stata desunta dalle riprese di alcuni impianti di videosorveglianza che hanno individuato il momento in cui NOME consegna un panno bianco a NOME COGNOME che, al passaggio della persona offesa a bordo di un ciclomotore, lo srotola poco prima che, a causa del rumore degli spari, si verifichi una generale dispersione dei presenti e si veda Sesso scappare, Giuliano essere recuperato dalla moglie e un altro soggetto, individuato come specchiettista, darsi alla fuga.
Altri elementi confermativi del coinvolgimento di NOME nell’agguato sono venuti dalle indagini di polizia scientifica che hanno ascritto alla verosimile rottura del tamburo la mancata consumazione dell’omicidio; circostanza confermata dallo stesso COGNOME nel corso di una conversazione con NOME COGNOME del 2 febbraio 2024 in occasione della quale aveva descritto particolari che solo uno dei partecipi all’azione avrebbe potuto conoscere.
In punto di esigenze cautelari, oltre ad affermare la ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1. cod. pen. e, dunque, della presunzione relativa ad essa correlata, il Tribunale ha richiamato la gravità dei fatti contestati, la concretezza del pericolo di recidiva,
l’assenza di un qualsiasi elemento positivo idoneo a dimostrare l’idoneità della misura degli arresti domiciliari a contenere quel pericolo.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore fiduciario, articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo alla gravità indiziaria per il capo l) e l’aggravante del metodo mafioso con riguardo al capo m).
In particolare, ha censurato il percorso motivazionale dei giudici di merito riferito agli elementi emergenti dalla visione del video ove Ł stato rinvenuto il passaggio dell’arma da Ottaviano agli esecutori dell’agguato.
Proprio quel video, non essendo nitido, non consentirebbe di addivenire alle predette conclusioni.
Pertanto, la descrizione del fatto, per come desumibile dalla visione delle immagini, sarebbe diversa da quella riportata nell’ordinanza impugnata, con conseguente carenza della gravità indiziaria.
L’agevolazione mafiosa sarebbe stata ritenuta nonostante la mancata dimostrazione della configurabilità dell’associazione e sarebbe, altresì, ca rente della descrizione della sussistenza del sodalizio di riferimento.
2.2. Con riguardo alle esigenze cautelari la motivazione Ł stata censurata in quanto apodittica, soprattutto con riguardo al profilo dell’attualità del pericolo di reiterazione.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile in quanto generico e articolato secondo uno schema non consentito.
Risale a Sez. U, n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 l’insegnamento secondo cui «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie».
L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità che, da ultimo lo ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione.
Peraltro, occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, P., Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, S., Rv. 264213 e molte altre conformi precedenti).
Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965 hanno, altresì, chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua
mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Il primo motivo di ricorso ha ad oggetto la gravità indiziaria riferita ai delitti di tentato omicidio in danno di NOME COGNOME (capo l) e di detenzione e porto della pistola usata per commettere l’agguato in danno del predetto (capo m).
I giudici della cautela hanno ricostruito il fatto secondo gli indizi desumibili dalla visione delle videocamere che la sera del 16 ottobre 2023 (dalle 23.07 in poi) hanno ripreso il luogo in cui Ł stato compiuto l’attentato in danno di NOME.
NOME Ł stato visto consegnare un panno bianco che, poco dopo, NOME COGNOME ha srotolato , al sopraggiungere dello scooter a bordo del quale viaggiava NOME seguito da altro complice, lo specchiettista NOME COGNOME.
Immediatamente dopo che Sesso ha srotolato il panno bianco, si notano le persone presenti sobbalzare e disperdersi a causa della verosimile esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco, circostanza confermata dal sopralluogo della Polizia che ha consentito di reperire sul posto due bossoli cal. 38, uno dei quali squartato a causa della rottura del tamburo di una pistola.
Si tratta proprio della circostanza riferita da COGNOME in una conversazione del 20 febbraio 2024 intrattenuta con NOME COGNOME.
Inoltre, che vi sia stato, quella sera, un agguanto in danno di NOME, Ł risultato confermato, secondo la ricostruzione dell’ordinanza, anche da altre intercettazioni eseguite il 20 ottobre 2023.
Il ruolo attivo di NOME nella predisposizione e nella consumazione del tentato omicidio, pertanto, Ł stato desunto dalla sua certa presenza sul posto, dall’incontro con l’esecutore materiale degli spari individuato in NOME COGNOME, dalla consegna a quest’ultimo di unpanno bianco srotolato pochi istanti prima dell’esplosione dei colpi.
Le modalità del fatto e la sua collocazione nell’ambito di una contesa tra gruppi malavitosi di stampo camorristico per il controllo del territorio ha consentito al Tribunale di motivare sull’aggravante di cui all’art. 416bis .1. cod. pen.
Si tratta della medesima ricostruzione diffusamente illustrata anche nell’ordinanza originaria di applicazione della misura cautelare da pag. 27 a pag. 33.
La ricostruzione viene resistita dal ricorrente con argomenti estranei al giudizio di legittimità consistendo, (pagg. 5 e seguenti) in una pedissequa istanza di rilettura delle informazioni desumibili dal filmato richiamato dai giudici di merito che hanno precisato di averne preso visione (pag. 8 dell’ordinanza).
La tesi difensiva Ł che il ruolo dell’indagato non risulta riscontrato dalla visione delle immagini e che le azioni dei diversi soggetti presenti non siano corrispondenti a quelle descritte dal Tribunale.
Oltre che fattuale, la ricostruzione alternativa non pare idonea a destrutturare totalmente quella dei giudici di merito, tenuto conto del fatto che la circostanza che anche COGNOME avesse la disponibilità di un’arma non esclude, in alcun modo, la correttezza della ricostruzione quanto al segmento della condotta ascritta a Ottaviano, in rapporto allo sparo
da parte di Sesso.
Per quanto riguarda la contestata e ritenuta aggravante, l’inquadramento del fatto in un contesto camorristico Ł stato adeguatamente illustrato e viene contrastato con argomenti del tutto generici e privi di aggancio effettivo alle argomentazioni di cui al provvedimento impugnato.
Con riferimento al secondo motivo, va premesso che, correttamente il Tribunale ha evidenziato che si procede per un reato per il quale sussiste la doppia presunzione (relativa) di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. per cui va applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
La presunzione Ł relativa, ma non risulta contrastata nel caso in esame da alcun elemento introdotto nel procedimento da cui poter escludere l’attualità delle esigenze cautelari o la possibilità di salvaguardare le stesse con una misura meno afflittiva.
Alla luce della citata doppia presunzione, il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari suscettibili di essere salvaguardate con la sola custodia cautelare in carcere in ragione del concreto svolgimento dei fatti e del contesto associativo nel quale Ł maturato.
Non solo, quindi, Ł stato fatto riferimento alla citata presunzione, ma sono stati indicati elementi positivi idonei a corroborare il riferimento all’esistenza delle esigenze e alla possibilità della relativa salvaguardia solo tramite la misura cautelare della custodia in carcere.
Si tratta di elementi concreti, a fronte dei quali il ricorrente ha contrapposto argomenti generici inidonei a far ritenere insussistente la citata presunzione.
Nel caso di specie, correttamente, il Tribunale ha valorizzato elementi quali la sussistenza dell’aggravante citata, la gravità dei fatti inseriti in un contesto che consente di ritenere massimamente configurabile un rischio di recidiva sul quale anche l’ordinanza genetica si Ł soffermata prendendo in esame anche i profili soggettivi dei diversi indagati, fra i quali anche il ricorrente, il quale annovera precedenti in materia di stupefacenti.
Non rileva, contrariamente a quanto meramente affermato in ricorso, il dato del tempo trascorso dal fatto.
Sul punto, giova richiamare l’orientamento per il quale «la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., Ł prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, nella materia cautelare, il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità)» (Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004 – 01).
Sulla base di quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della cassa delle ammende.
Deve essere, altresì, disposto l’invio del presente provvedimento alla Cancelleria per le incombenze di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 17/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME