Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8125 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8125 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Vibo Valentia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/06/2023 del Tribunale di Catanzaro udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Catanzaro, sezione specializzata per il riesame, ha confermato l’ordinanza con cui il Giudice delle indagini preliminari presso il medesimo Tribunale ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia in carcere in relazione alla partecipazione all’associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta, ascritta sub capo 1), in particolare della ‘ndrina di COGNOME facente parte della “locale” di Mileto, nonché per il reato di cui al capo 19) di estorsione ai danni di NOME COGNOME.
Nell’atto a firma dei difensori di fiducia, NOME COGNOME chiede l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. violazione di legge penale e vizio di motivazione per non avere il Tribunale rilevato la nullità dell’ordinanza genetica di applicazione della misura custodiale per violazione dell’art. 178, comma 1, cod.proc.pen. per il denegato rilascio dell’autorizzazione da parte del Pubblico Ministero ad acquisire le copie dei files audio delle intercettazioni.
2.2. violazione di legge penale e vizio di motivazione per avere il Tribunale omesso di motivare o fornito una motivazione illogica ed in contrasto con le risultanze delle indagini in ordine alla ritenuta partecipazione dell’indagato ad una associazione mafiosa (capo 1), attribuendo valore al contenuto delle intercettazioni in assenza di dichiarazioni rese nei suoi riguardi dai collaboratori di giustizia.
In breve, si osserva che rispetto all’estorsione ascritta al capo 19) le intercettazioni non consentano di provare la partecipazione del COGNOME attestando sola la sua conoscenza del fatto, in difetto di un suo contributo utile alla consumazione del reato.
In ordine alla aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod.pen., la sua sussistenza è stata arbitrariamente desunta dalla mera appartenenza del ricorrente alla cosca mafiosa senza dar conto degli elementi fattuali da cui si evincerebbero i relativi presupposti.
Si censura la valorizzazione dei rapporti di frequentazione con altri affiliati che non sarebbero sufficienti neppure ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione, quali indici di appartenenza mafiosa.
2.3. violazione di legge penale e vizio di motivazione in ordine alla applicazione della custodia in carcere invece della misura degli arresti domiciliari che sarebbe applicabile ove si escludesse la sussistenza dei gravi indizi di partecipazione all’associazione mafiosa, con conseguente inapplicabilità della doppia presunzione assoluta di cui all’art. 275, comma 3, secondo periodo, cod.proc.pen. che non si applica per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen.
Si deve dare atto che il nuovo difensore di fiducia del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha depositato motivi nuovi con i quali reitera le argomentazioni poste a fondamento del ricorso, con particolare riguardo alla valutazione della gravità indiziaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi dedotti, inclusi quelli nuovi, meramente reiterativi ed ugualmente generici.
Prima di passare all’esame dei motivi di ricorso, occorre premettere come in sede di legittimità non siano coltivabili rilievi che senza evidenziare elementi di contraddittorietà o della manifesta illogicità della motivazione, mirino a sollecitare una rivalutazione di questa sede delle emergenze processuali e, dunque, una ricostruzione della vicenda sub iudice diversa e stimata più plausibile di quella recepita nel provvedimento impugnato, snaturando il sindacato di legittimità, limitato alla verifica della completezza e dell’insussistenza di vizi logici ictu ocu/i percepibili.
Con specifico riguardo alla materia delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza o di esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (da ultimo, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Quanto al primo motivo con cui si eccepisce la nullità dell’ordinanza genetica di applicazione della misura custodiale per la mancata autorizzazione da parte del Pubblico Ministero ad acquisire le copie dei files audio delle intercettazioni, si deve osservare quanto segue.
In primo luogo, va rilevato che la eventuale sussistenza di detta violazione di legge riferita alla convalida del fermo non poteva essere oggetto di impugnazione davanti al Tribunale per il riesame. Costituisce un principio ormai consolidato che il difensore dell’arrestato o del fermato ha diritto, nel procedimento di convalida, di esaminare ed estrarre copia degli atti su cui si fonda la richiesta di convalida e di applicazione della misura cautelare, e che il denegato accesso a tali atti determina una nullità di ordine AVV_NOTAIO a regime intermedio dell’interrogatorio e del provvedimento di convalida, da ritenersi sanata se non eccepita nel corso dell’udienza di convalida.
Quando poi tale nullità sia stata ritualmente eccepita nell’udienza di convalida, come avvenuto nel caso di specie, non può tuttavia essere dedotta nel giudizio di riesame del provvedimento applicativo di misura cautelare, essendo rilevabile 1 97
esclusivamente con l’impugnazione della decisione sulla convalida a mezzo di ricorso per cassazione, in assenza della quale deve ritenersi sanata.
Pertanto, correttamente il Tribunale per il riesame ha ritenuto superato il dedotto vizio che afferiva alla convalida del fermo, mentre con riguardo alla incidenza di tale vizio sulla validità della ordinanza del riesame, che abbia posto a fondamento della propria valutazione della gravità indiziaria le intercettazioni, si deve rilevare come sia rimasta del tutto generica la deduzione difensiva sull’esito della richiesta avanzata al pubblico ministero successivamente alla convalida del fermo.
In particolare, nell’udienza tenutasi davanti al Tribunale per il riesame, il difensore si è limitato a riportarsi ad una memoria scritta, dal cui esame operato in questa sede – senz’altro ammissibile, trattandosi di vizio processuale – si evince l’ambiguità della doglianza, non essendo stato chiarito se dopo l’udienza di convalida del 12 maggio 2023 e dopo l’ultima interlocuzione epistolare con l’ufficio del Pubblico Ministero datata 25 maggio 2023, nella quale il difensore, in ottemperanza alla sollecitazione del Pubblico Ministero, specificava che le intercettazioni richieste erano quelle relative alle posizioni dei propri assistiti di c indicava le generalità, non è dato sapere se vi sia stato un provvedimento di autorizzazione o di rigetto della richiesta della difesa da parte del Pubblico Ministero.
Invero nella memoria difensiva prodotta in sede di riesame, dopo una lunga esposizione dei vizi della convalida del fermo di cui si invocava, come detto impropriamente, la nullità in sede di riesame anziché con l’impugnazione della convalida, è contenuto solo un richiamo conclusivo alla giurisprudenza di legittimità (per tutte, vedi Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, COGNOME, Rv. 246907) che condiziona la validità dell’ordinanza del riesame all’accesso della difesa alle registrazioni audio delle sole intercettazioni poste a fondamento della gravità indiziaria.
Ma al di là del profilo afferente alla mancanza di una richiesta limitata alle sole intercettazioni accessibili alla difesa, che sono evidentemente solo quelle utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate (vedi sul punto, Sez. U. n.20300 del 22/04/2010, COGNOME), risulta del tutto aspecifica la doglianza con riferimento innanzitutto alla doverosa ricostruzione degli sviluppi successivi alla convalida del fermo, non essendovi alcun accenno esplicito ad un rigetto definitivo della richiesta da parte del Pubblico Ministero, né tanto meno ad una sollecitazione rivolta al Tribunale per il riesame per acquisire i files audio ritenuti utili per la valutazione della gravità indiziaria posta a fondamento dell’ordinanza cautelare.
Si deve ribadire in ogni caso che non esiste un diritto incondizionato di accesso alle registrazioni nella loro interezza (riconosciuto dalla sentenza della Corte Cost. n.336 del 10 ottobre 2008), comprese quelle manifestamente non pertinenti, poiché l’obbligo del P.M. di mettere a disposizione le intercettazioni anche prima del termine delle indagini preliminari, quando vi sia l’autorizzazione al ritardato deposito, si riferisce solo alle intercettazioni funzionali alla misura cautelare.
Nella citata sentenza delle Sez. U. COGNOME è stato, infatti, precisato che “il diritto alla acquisizione della copia può concernere solo le intercettazioni i cui esiti captativi siano stati posti a fondamento della richiesta della emissione del provvedimento cautelare; non altri, né tampoco diversi esiti captativi che concernono persone diverse dall’indagato e che non rilevano al fine di valutare la posizione indiziaria di quest’ultimo”.
Passando poi alla disamina degli altri motivi si rileva che la motivazione del provvedimento impugnato – valutato insieme all’impianto motivazionale dell’ordinanza coercitiva genetica (essendo l’ordinanza applicativa della misura e quella che decide il ricorso ex art. 309 tra loro strettamente collegate e complementari) – non presenta profili di illogicità o contraddittorietà, ma fornisce una ricostruzione dei fatti coerente sia con le risultanze delle intercettazioni e gli esiti delle attività di indagine per la ricerca dei riscontri, eseguite dalla poliz giudiziaria, e sia con la qualificazione giuridica ascritta nell’incolpazione cautelare.
Le obiezioni difensive secondo cui difetterebbero elementi di prova del concorso nell’estorsione ascritta al capo 19) hanno trovato adeguata risposta nelle valutazioni operate dal Tribunale sulla base delle intercettazioni la cui lettura non può dirsi travisata ma viene parcellizzata dal ricorrente che non considera il quadro di insieme descritto nell’ordinanza impugnata.
Il COGNOME concorre materialmente nel reato per avere come autista accompagnato COGNOME sul luogo in cui questi riscuote il denaro che il derubato, vittima di un furto d’auto, ha dovuto pagare per ottenere la restituzione della sua autovettura, con la piena conoscenza della natura estorsiva della richiesta di denaro.
Quanto, poi, alla partecipazione al reato associativo sempre le intercettazioni attestano il ruolo di autista del capocosca svolto dal ricorrente ed il rapporto di totale fiducia riposto dal primo sulla sua fedele collaborazione, tanto da essere tenuto al corrente dell’importanza per gli scopi dell’associazione degli incontri cui partecipa il capocosca.
In merito all’aggravante mafiosa, il Tribunale ne ha ravvisato la sussistenza nella duplice declinazione oggettiva del metodo mafioso e soggettiva della finalità
di perseguire gli scopi del sodalizio, desumendo ciò in modo non illogico da diretta partecipazione all’estorsione da parte del capocosca COGNOME.
Inammissibili per genericità sono, infine, le doglianze sulle esigenze caute che presuppongono la esclusione dei gravi indizi per il reato di cui all’art. cod. pen. per rendere inapplicabile la doppia presunzione assoluta di cui all 275 comma 3, secondo periodo, cod.proc.pen., risolvendosi nell’apodittic negazione del presupposto indiziario da cui conseguirebbe l’invocato differen regime custodiale.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’ 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle s del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Manda alla Cancelleria per gli avvisi di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 23 gennaio 2024 Il consi COGNOME estensore COGNOME Il P l eside te