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Custodia cautelare madre: quando si applica il carcere

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una donna, madre di un bambino sotto i sei anni, sottoposta a custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga ed estorsione. La sentenza conferma che il divieto di custodia cautelare madre può essere superato in presenza di ‘esigenze cautelari di eccezionale rilevanza’, come in questo caso, dimostrate dal ruolo apicale dell’indagata, dalla persistenza dell’attività criminale e dalla sua spiccata pericolosità.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare Madre: Tra Tutela della Genitorialità ed Esigenze di Sicurezza

L’ordinamento giuridico italiano prevede una speciale tutela per le madri di prole in tenera età, stabilendo, di norma, un divieto di applicazione della custodia cautelare in carcere. Tuttavia, questa regola non è assoluta. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2464/2024, illumina i confini di questa tutela, chiarendo quando le esigenze di sicurezza pubblica possono prevalere. Il caso analizzato riguarda una custodia cautelare madre, confermata nonostante la presenza di un figlio minore di sei anni, a causa della eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari.

Il Caso in Esame: Associazione a Delinquere e Ruolo Apicale

Il Tribunale di Palermo aveva disposto la custodia in carcere per una donna, indagata per reati di eccezionale gravità. Le accuse includevano la partecipazione, con ruolo apicale, a un’associazione criminale finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, oltre a diversi episodi di spaccio e due fatti estorsivi. L’associazione, secondo la ricostruzione degli inquirenti, aveva operato per un lungo periodo, dal novembre 2019 al settembre 2022.

L’indagata, madre di un bambino di età inferiore ai sei anni, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che confermava la misura detentiva, articolando diversi motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e la Difesa

La difesa dell’indagata ha contestato la decisione del Tribunale su quattro punti principali:
1. Gravità indiziaria: Insufficienza di prove riguardo all’esistenza stessa del sodalizio criminale e all’appartenenza dell’indagata, sostenendo che la mera commissione di reati di spaccio non fosse di per sé prova di un’associazione.
2. Fatti estorsivi: Vizio di motivazione riguardo alla prova della violenza e della minaccia nei capi d’imputazione relativi alle estorsioni.
3. Pericolo di recidiva: Assenza di concretezza e attualità del pericolo, dato il tempo trascorso tra i fatti contestati (risalenti anche al 2019) e l’applicazione della misura nel 2023.
4. Violazione di legge: Errata applicazione dell’art. 275, comma 4, c.p.p., che tutela le madri di prole inferiore a sei anni, per mancata considerazione della sua specifica situazione.

La Decisione sulla Custodia Cautelare Madre

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione del Tribunale di Palermo puntuale, logica e completa. La Suprema Corte ha evidenziato come il Tribunale avesse ricostruito in modo dettagliato l’intera struttura criminale, basandosi su molteplici fonti di prova. Erano stati delineati con precisione la composizione del gruppo, i ruoli dei singoli membri, le modalità operative e, soprattutto, il ruolo direttivo ricoperto dall’indagata.

Il punto cruciale della sentenza riguarda il bilanciamento tra la tutela della maternità e le esigenze cautelari. La Corte ha ribadito che il divieto di carcerazione per le madri di figli piccoli può essere derogato solo in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. In questo specifico caso, tali esigenze sono state ravvisate in più elementi.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla valutazione complessiva della pericolosità dell’indagata, che il Tribunale aveva correttamente qualificato come ‘eccezionale’. Questa eccezionalità derivava non solo dalla gravità dei reati contestati, ma da un insieme di fattori convergenti: l’incessante attività di spaccio, il ruolo di vertice all’interno dell’organizzazione criminale e la personalità manifestata durante gli episodi estorsivi. Secondo la Corte, questi elementi creavano una ‘sostanziale certezza’ che l’indagata, se sottoposta a misure meno afflittive del carcere, avrebbe continuato a commettere delitti della stessa specie. La motivazione del Tribunale è stata quindi giudicata adeguata a giustificare il superamento della presunzione di pericolosità e l’applicazione della misura più grave, nonostante lo status di madre.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 2464/2024 rafforza un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale: la tutela della relazione madre-figlio nei primi anni di vita è un valore preminente, ma non assoluto. Quando la condotta criminale di una madre raggiunge un livello di gravità e pericolosità tale da costituire una minaccia concreta e persistente per la collettività, le esigenze di sicurezza pubblica possono legittimamente prevalere. La decisione di derogare al divieto di carcerazione deve però essere sorretta da una motivazione rafforzata, che dia conto in modo specifico e puntuale della ‘eccezionale rilevanza’ delle esigenze cautelari, come avvenuto nel caso di specie.

Quando può essere disposta la custodia in carcere per una madre di un bambino con meno di sei anni?
Di norma è vietata, ma può essere disposta eccezionalmente quando sussistono esigenze cautelari di ‘eccezionale rilevanza’, come previsto dall’art. 275, comma 4, del codice di procedura penale.

Cosa si intende per ‘esigenze cautelari di eccezionale rilevanza’?
Si tratta di situazioni in cui il pericolo di reiterazione del reato è talmente elevato da raggiungere un livello di ‘sostanziale certezza’. Nel caso specifico, sono state considerate tali l’incessante attività di spaccio, il ruolo direttivo dell’indagata in un’associazione criminale e la sua personalità emersa nei fatti estorsivi.

Il breve periodo di attività di un’associazione criminale è sufficiente per escluderne l’esistenza?
No. Nel caso di specie, la difesa aveva sostenuto un’operatività di soli due mesi, ma il Tribunale ha accertato che l’associazione era attiva da novembre 2019 a settembre 2022. La durata dell’attività è uno degli elementi di prova, ma non l’unico per determinare l’esistenza di un sodalizio criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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