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Custodia cautelare madre: quando il carcere è legittimo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema della custodia cautelare madre di un figlio minore. Il caso riguarda una donna accusata di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la detenzione in carcere, confermando che, nonostante la presenza di un figlio piccolo, le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza possono giustificare la misura più grave. La decisione si basa sul ruolo attivo della donna nell’organizzazione e sul concreto pericolo di prosecuzione dell’attività criminale e inquinamento probatorio.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare Madre: Quando il Ruolo nel Clan Supera la Tutela

La normativa sulla custodia cautelare madre di prole in tenera età rappresenta un punto di equilibrio tra le esigenze di giustizia e la tutela dei diritti fondamentali, in particolare quello del minore a mantenere un rapporto continuativo con la figura materna. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda che tale tutela non è assoluta e può essere superata in presenza di reati di eccezionale gravità, come la partecipazione a un’associazione di tipo mafioso. Analizziamo come i giudici hanno bilanciato questi interessi contrapposti.

I Fatti del Caso: La Posizione della Ricorrente

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale della Libertà che confermava la custodia cautelare in carcere per una donna, madre di un bambino di età inferiore ai sei anni, gravemente indiziata del delitto di partecipazione ad un’associazione mafiosa. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Insussistenza dei gravi indizi: Secondo i legali, gli elementi a carico della donna erano neutri e si basavano principalmente sul suo rapporto di parentela con il presunto capo del sodalizio (suo padre). Si sosteneva che non fosse stato provato un suo inserimento stabile e organizzato nel clan.
2. Violazione delle norme sulla custodia cautelare: La difesa ha invocato l’articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale, che vieta la custodia in carcere per le madri di prole inferiore a sei anni, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Tali esigenze, secondo il ricorso, non erano state adeguatamente motivate, essendo state desunte solo dalla gravità del reato.

La questione sulla custodia cautelare madre e il ruolo nel clan

Il fulcro della questione giuridica risiede nel determinare cosa costituisca una “esigenza cautelare di eccezionale rilevanza” tale da giustificare la deroga al divieto di incarcerazione per una madre. La Corte doveva valutare se il ruolo della donna all’interno del sodalizio criminale, come descritto dai giudici di merito, integrasse quel livello di pericolosità eccezionale richiesto dalla legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale della Libertà. I giudici hanno ritenuto che il ricorso tentasse di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e che le motivazioni del provvedimento impugnato fossero logiche e giuridicamente corrette.

Analisi del Primo Motivo: Oltre il Legame di Parentela

La Corte ha specificato che il ruolo di partecipe della donna non era stato desunto dal mero rapporto di parentela. Al contrario, si fondava su elementi concreti e specifici:
– La sua presenza attiva a riunioni con altri membri del clan.
– La sua espressione di opinioni sull’attività dell’associazione e sulle iniziative da prendere.
– L’aggiornamento sistematico del padre detenuto sulle vicende dell’organizzazione.
– I rapporti intrattenuti con esponenti di altre associazioni criminali.
Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano uno “stabile inserimento nella struttura organizzativa dell’associazione”, ben oltre una mera contiguità familiare.

Analisi del Secondo Motivo: Le Esigenze Cautelari Eccezionali

Sul punto più delicato, la Cassazione ha avallato la valutazione del Tribunale circa la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La motivazione non si basava sulla sola gravità del reato, ma su un’analisi del ruolo specifico della donna e della sua pericolosità concreta. È stato valorizzato il ruolo da lei rivestito durante la detenzione del padre, ritenuto il vertice del clan, e la sua palesata volontà di ricorrere ad atti di violenza per tutelare gli interessi dell’organizzazione.

Le Motivazioni

La motivazione della sentenza della Cassazione si articola su due pilastri. In primo luogo, ribadisce che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Se il giudice del riesame ha valutato in modo logico e coerente gli indizi, la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella. In secondo luogo, e più nel dettaglio, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse correttamente identificato la pericolosità “eccezionale” della ricorrente. La sua funzione di “collegamento” tra il capo detenuto (e poi irreperibile) e gli altri membri, unita alla sua capacità di incidere sul compendio probatorio (coartando persone offese e testimoni), rappresentavano un periculum libertatis di gravità straordinaria, tale da giustificare il sacrificio delle esigenze di tutela del rapporto madre-figlio.

Le Conclusioni

Questa pronuncia conferma un principio fondamentale: la tutela prevista per la custodia cautelare madre non è un’esenzione automatica dalla detenzione. In contesti di criminalità organizzata, dove la pericolosità sociale del soggetto è elevata e il suo ruolo è cruciale per la sopravvivenza e l’operatività del clan, il giudice può disporre la misura carceraria. La decisione deve però essere sorretta da una motivazione rafforzata, che non si limiti a richiamare la gravità del reato, ma che analizzi in concreto il ruolo dell’indagata, la sua pericolosità e il rischio specifico che la sua libertà comporterebbe per la collettività e per l’accertamento della verità.

Un legame di parentela con un boss mafioso è sufficiente per giustificare la custodia cautelare per associazione mafiosa?
No, la sentenza chiarisce che il mero rapporto di parentela non è di per sé sufficiente. Sono necessari elementi concreti che dimostrino un agire specifico e uno stabile inserimento della persona nella struttura organizzativa del sodalizio criminale.

Quando può essere applicata la custodia cautelare in carcere a una madre con un figlio minore di sei anni?
Può essere applicata solo in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, come previsto dall’art. 275, comma 4, del codice di procedura penale. Il giudice deve fornire una motivazione specifica e rafforzata che giustifichi questa deroga al divieto generale.

Cosa si intende per ‘esigenze cautelari di eccezionale rilevanza’ in questo caso specifico?
Nel caso esaminato, la Corte ha identificato tali esigenze nel ruolo attivo svolto dalla donna all’interno dell’organizzazione, nella sua funzione di collegamento durante la detenzione del padre, nella sua manifestata volontà di ricorrere alla violenza e nel concreto pericolo che potesse inquinare le prove intimidendo vittime e testimoni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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