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Custodia Cautelare: la presunzione per reati associativi

Quattro individui ricorrono contro un’ordinanza del Tribunale del riesame che ha sostituito i loro arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere per partecipazione a un’associazione finalizzata al narcotraffico. La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando la decisione basata sulla presunzione legale di adeguatezza della misura carceraria per tali gravi reati, aggravati da finalità mafiose. Gli argomenti difensivi sono stati ritenuti generici e non sufficienti a superare tale presunzione.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: La Cassazione Sulla Presunzione per Reati Associativi

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce i principi fondamentali che regolano l’applicazione della custodia cautelare per reati di particolare gravità, come l’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. La decisione sottolinea come la presunzione di adeguatezza della misura carceraria, prevista dalla legge, possa essere superata solo con argomentazioni specifiche e concrete, respingendo ricorsi ritenuti generici e infondati. Questo caso offre un’importante lezione sulla rigidità del sistema cautelare di fronte a fenomeni criminali organizzati.

I Fatti del Caso: Dall’Arresto Domiciliare al Carcere

Quattro soggetti, inizialmente posti agli arresti domiciliari dal Giudice delle indagini preliminari, si sono visti aggravare la misura cautelare in custodia cautelare in carcere a seguito di un appello del Pubblico Ministero accolto dal Tribunale del riesame. L’accusa principale era quella di partecipazione a un’associazione dedita al narcotraffico, operante nel napoletano e aggravata dalla finalità di favorire un noto clan mafioso. Le attività illecite, che includevano l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dalla Spagna, si sarebbero svolte tra il 2021 e il 2023. Il Tribunale del riesame aveva ritenuto la misura degli arresti domiciliari non adeguata a contenere la pericolosità sociale degli indagati, data la natura del reato contestato.

I Motivi del Ricorso: Le Tesi Difensive

I difensori degli indagati hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse obiezioni:

* Un ricorrente ha evidenziato una presunta contraddizione con una precedente valutazione positiva del Magistrato di sorveglianza, che aveva attestato una cessata pericolosità sociale.
* Un altro ha contestato la motivazione del Tribunale in merito alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari.
* Sono state inoltre sottolineate circostanze personali, come la giovane età, il ruolo asseritamente marginale all’interno del sodalizio e l’assenza di altre contestazioni specifiche, che a dire delle difese avrebbero dovuto giustificare il mantenimento degli arresti domiciliari.

La Decisione della Cassazione sulla custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, ritenendoli generici e manifestamente infondati. La decisione si fonda su un pilastro del nostro ordinamento processuale penale: la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere per determinati reati.

La Presunzione di Adeguatezza del Carcere

La Corte ha ricordato che l’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce una presunzione relativa. Per reati come l’associazione finalizzata al narcotraffico (art. 74 d.P.R. 309/1990), si presume che l’unica misura idonea a salvaguardare le esigenze cautelari sia quella della detenzione in carcere. Tale presunzione è ulteriormente rafforzata se, come nel caso di specie, sussiste l’aggravante del metodo mafioso (art. 416-bis.1 c.p.). Per superare questa presunzione, non basta una generica contestazione, ma occorrono ‘idonee e precise allegazioni’ capaci di dimostrare l’assenza del rischio di recidiva o l’adeguatezza di una misura meno afflittiva.

La Valutazione delle Singole Posizioni

La Cassazione ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente motivato la sua decisione, valorizzando elementi che confermavano la pericolosità degli indagati. Tra questi, precedenti penali specifici, il coinvolgimento in altri procedimenti per reati gravi anche in epoca recente e la continuità dell’attività illecita. La Corte ha chiarito che valutazioni provenienti da altri contesti giudiziari (come quelle del Magistrato di sorveglianza) non sono vincolanti se effettuate senza la piena conoscenza del quadro indiziario relativo alla partecipazione all’associazione criminale.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano sulla manifesta infondatezza e genericità dei ricorsi. I giudici hanno sottolineato come le difese non abbiano offerto elementi concreti capaci di confutare la logica e puntuale argomentazione del Tribunale del riesame. Le censure si limitavano a contrapporre una diversa lettura degli elementi a disposizione, senza però evidenziare vizi logici o violazioni di legge nel provvedimento impugnato. Inoltre, la Corte ha specificato che alcuni motivi di ricorso erano inammissibili perché contestavano la sussistenza stessa delle esigenze cautelari, un punto non oggetto dell’appello originario del Pubblico Ministero, che verteva unicamente sulla scelta della misura più adeguata.

Le Conclusioni

La sentenza conferma un orientamento consolidato: di fronte a reati di criminalità organizzata, la libertà personale subisce le più severe restrizioni previste dalla legge, e la custodia cautelare in carcere rappresenta la regola. Per ottenere una misura meno gravosa, è necessario fornire alla magistratura prove concrete e specifiche di un effettivo percorso di allontanamento dal contesto criminale e di una ridotta pericolosità sociale. Le semplici affermazioni di principio o le critiche generiche al provvedimento del giudice non sono sufficienti a superare la forte presunzione voluta dal legislatore per contrastare le più gravi forme di delinquenza.

Quando si applica la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere?
Si applica in presenza di gravi indizi di colpevolezza per reati di particolare allarme sociale, come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990) e i reati aggravati dal metodo mafioso (art. 416-bis.1 c.p.), come stabilito dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

È possibile superare la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere?
Sì, ma solo attraverso ‘idonee e precise allegazioni’ da parte della difesa che dimostrino in modo concreto l’assenza del rischio di recidiva o che una misura meno afflittiva sia comunque adeguata a soddisfare le esigenze cautelari.

Perché i ricorsi degli indagati sono stati dichiarati inammissibili?
Sono stati dichiarati inammissibili perché ritenuti generici e manifestamente infondati. Non hanno presentato elementi specifici in grado di superare la presunzione di adeguatezza del carcere e si sono limitati a contrapporre una propria valutazione dei fatti a quella, ritenuta logica e corretta, del Tribunale del riesame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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