Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5520 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5520 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Sant’Agata di Militello il 17/07/1976
avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Messina del 15/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME
udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha invocato l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, del 15 luglio 2024, il Tribunale della Libertà di Messina, pronunciandosi in relazione all’istanza di riesame avanzata dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Messina del 1-4 giugno 2024 (con cui era stata applicata, tra gli altri, all’odierno ricorrente la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/90 contestatigli per avere, nella qualità d infermiere dell’ASP 5 in servizio presso la casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, procurato al detenuto COGNOME NOME, in data 29 maggio 2022, sostanza stupefacente -capo 28-, nonché per avere, in data 1 luglio 2022, introdotto all’interno dell’istituto penitenziario la sostanza stupefacente ricevuta da NOME -capo 29- ) ha rigettato l’istanza e confermato l’ordinanza impugnata.
A mezzo del difensore di fiducia, COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Col primo motivo, premesso che già con l’istanza di riesame era stata contestata, in primis, la nullità dell’ordinanza genetica per difetto di autonoma motivazione ex art. 292 lett c e c-bis cod proc pen., lamenta la difesa del ricorrente che anche l’ordinanza del Tribunale della Libertà qui impugnata palesa il medesimo vizio di violazione di legge, nonchè il correlato difetto di motivazione in ordine all ragioni che hanno condotto il giudice per le indagini preliminari ad applicare la misura, essendosi limitata a richiamare una pronuncia del giudice di legittimità il cui principio di diritto non è stato applicato coerentemente alle intenzioni del legislatore e della Corte Suprema.
2.2. Col secondo motivo si reitera la questione, già sottoposta al Tribunale della Libertà, della violazione di legge, e del correlato vizio di motivazione, i relazione all’art. 274 cod proc pen, comma 1, lett c), 275, 275-bis cod proc pen.. Non essendo al cospetto di reati assistiti dalla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod proc pen., la applicazione della misura avrebbe dovuto essere assistita da prova rigorosa. Il diniego della misura gradata degli arresti domiciliari è, peraltro, sfornito di motivazione adeguata e quella resa è illogica anche nella parte in cui nega rilevanza in favore dell’indagato al decorso del tempo ed al trasferimento dello stesso in altra struttura sanitaria, distante ben 100 chilometri dal carcere dove gli episodi contestati si sarebbero verificati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In relazione al vizio motivazionale della ordinanza del tribunale del riesame in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, va premesso come questa Corte abbia ripetutamente affermato che in sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di
esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procedimenti “de libertate”, a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (Fattispecie relativa a ricorso avverso misura di coercizione personale; cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, COGNOME; sez.II, 20.2.1998 n. Martorana n.1083). In particolare è stato affermato dal giudice di legittimità in relazione alla impugnazione delle misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, 18795 del 02/03/2017 Cc. (dep. 18/04/2017 ) Rv. 269884 – 01 ; sez.V, 8.10.2008 n.46124 COGNOME; sez.VI, 8.3.2012 n.11194).
Ciò premesso si osserva che il giudice del riesame nel corpo della motivazione ha dato conto delle ragioni che lo hanno guidato nel proprio compito, così da porle a fondamento del giudizio di sussistenza delle esigenze di cautela e di adeguatezza della sola misura cautelare custodiale ad infrenarle, sicchè, già per ciò solo, il ricorso appare infondato.
Tanto ha fatto, peraltro, il Tribunale dopo aver, preliminarmente, esaminato la doglianza svolta per violazione dell’art. 292, comma 2, lett c e c-bis, cod proc pen, doglianza rigettata, alla luce delle coordinate ermeneutiche desunte dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione, da ultimo con sentenza Sez 3, n. 12030/2023, ma col richiamo alla pregressa giurisprudenza conforme, e rilevato, in concreto, come alle pagg 296 e ss dell’ordinanza genetica già il giudice per le indagini preliminari aveva differenziato le esigenze cautelari, «graduando la misura in relazione al ruolo assunto dagli indagati, alla partecipazione o meno al sodalizio e al contributo offerto per la prosecuzione delle indagini mediante la collaborazione con gli organi di giustizia. La sussistenza di un concreto e attuale pericolo di recidivanza e la necessità ed adeguatezza della detenzione carceraria è stata sostenuta dal G.I.P. , per il COGNOME e il la COGNOME, i quali hanno agito in qualità di soggetti pubblici e hanno posto in essere analoghi contegni, in considerazione (pag 303) della gravità delle condotte, della mercificazione della funzione della loro funzione istituzionale, della loro vicinanza
con ambienti criminali per l’approvvigionamento di sostanza stupefacente, elementi dimostrativi di un’allarmante tendenza criminale».
3.1. Si tratta di motivazione ineccepibile, che ha fatto buon governo dei principi tutti dettati dalla giurisprudenza, costante, di questa Corte secondo cui in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 47 del 16 aprile 2015, è osservata anche quando l’ordinanza cautelare operi un richiamo, in tutto o in parte, ad altri atti d procedimento, a condizione che il giudice, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto; tuttavia, in presenza di posizioni analoghe o di imputazioni descrittive di fatti commessi con modalità “seriali”, non è necessario che il giudice ribadisca ogni volta le regole di giudizio alle quali si è ispirato, potendo ricorrere ad una valutazione cumulativa purchè, dal contesto del provvedimento, risulti evidente la ragione giustificativa della misura in relazione ai soggetti attinti ed agli addebiti, di volta in vo considerati per essi sussistenti.
3.2. E’ esattamente quanto riscontrato nel caso di specie, con la posizione dell’odierno ricorrente che si innesta in un contesto ben più ampio, anch’esso adeguatamente indagato, nel che si ravvisano le ragioni del rigetto dell’istanza sollevata col primo motivo di ricorso a questa Corte, cui nel riproporre, tal quale, la medesima doglianza, il ricorso incorre, intanto, in una causa di inammissibilità per genericità estrinseca. Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; confrmi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, COGNOME, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425) .
3.3. L’ordinanza impugnata dà, in ogni caso, atto, di come le incolpazioni elevate all’odierno ricorrente si innestano in una più ampia attività illecita, oggett di una indagine condotta dal nucleo operativo radiomobile della Compagnia dei Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, della Legione Carabinieri Sicilia, che ha
disvelato l’esistenza di un agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico, radicato sull fascia tirrenica della provincia messinese e facente capo ai membri della famiglia COGNOME.
Un altro filone di indagine, che ha riguardato la diffusa disponibilità, in capo ai detenuti reclusi all’interno della casa Circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, di cellulari per comunicare con l’esterno e di stupefacenti da smerciare all’interno, aveva visto confluire il relativo procedimento nel primo, per riunione; anche in tale contesto erano emerse responsabilità a carico di COGNOME COGNOME, in quella Casa Circondariale recluso. Appena tradotto in carcere COGNOME COGNOME ha immediatamente assunto un ruolo di rilievo e supremazia nell’ambito della popolazione carceraria, e si è immediatamente organizzato per la gestione del traffico illecito all’interno del penitenziario, contando su una pletora di fedelissi detenuti, sulla complicità di un agente di polizia penitenziaria e di un infermiere in servizio presso la stessa struttura detentiva oltre che sul costante contributo dei familiari a piede libero, cui, dal carcere, impartiva direttive grazie ai telef illecitamente detenuti, per procurarsi poi i necessari approvvigionamenti. Proprio la figura di COGNOME NOME ha dunque costituito il trait d’union tra i due tronco di indagine.
Le indagini tutte si sono giovate del prezioso contributo conoscitivo offerto dalle propalazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e, da ultimo, COGNOME, già affiliato al gruppo COGNOME. È proprio Corritore -la cui attendibilità è st positivamente testata ed affermata così come per gli altri collaboranti (cfr. l’ordinanza del Tribunale della Libertà), e mai posta in dubbio dalla difesa del ricorrente – a lumeggiare l’esistenza del sodalizio criminale retto da COGNOME COGNOME, cui sono risultati inizialmente affiliati i fratelli NOME e NOME padre NOME e il braccio destro NOMECOGNOME con il figlio NOME. Organigramma del gruppo, e struttura organizzativa dello stesso sono stati analiticamente dedotti dal giudice per le indagini preliminari e reiterati da Tribunale della Libertà nell’ordinanza impugnata cui, in parte qua, integralmente, per una migliore esplicitazione di quanto fin qui sintetizzato, può farsi rinvio.
Il Tribunale ha positivamente vagliato le chiamate in correità formulate dai collaboratori ritenendole autonome, per le modalità dirette con le quali le informazioni svelate sono state apprese dai propalanti; scevre da possibili condizionamenti e soprattutto spontanee e genuine, non essendo emerso alcun indice che permetta di inficiare la credibilità intrinseca di costoro; costanti, linea e coerenti, in assenza di distonie, contraddizioni o illogicità; convergenti sul tema dell’accusa principale, ovvero sulla sussistenza nel panorama barcellonese di un gruppo a composizione essenzialmente familiare, costituito nel suo nucleo
essenziale da NOME NOME e dai figli NOME, NOME e NOME, che aveva assunto nel tempo una capacità criminale e una spiccata operatività per la professionalità con la quale gestiva i propri affari, tanto da porsi quale autorevole interlocutore di fornitori calabresi e catanesi di grosso calibro.
Ha preso in considerazione, quanto a COGNOME, la pregressa, temporalmente significativa, militanza all’interno del sodalizio COGNOME, deducendone ragione della più aggiornata e specifica conoscenza delle dinamiche associative e della presenza dei singoli associati rispetto agli altri dichiaranti.
3.4. Quanto alla specifica posizione del ricorrente ha poi, dedotto che l’informativa “Inside” compendiata gli esiti dell’articolata attività investigati avviata nel dicembre 2021 dalla stessa Polizia Penitenziaria, che ha consentito di riscontrare «la presenza di macroscopiche falle nel sistema carcerario, documentate mediante annotazioni di servizio, dichiarazioni di detenuti e collaboratori di giustizia, intercettazioni condotte su telefoni cellulari risulta uso a detenuti, analisi del traffico telefonico di suddetti apparati, nonché sequestri di droga ed apparecchi cellulari». Le relative risultanze sono indicate a pagine 4 dell’ordinanza impugnata cui nuovamente, in parte qua, può farsi integrale rinvio. Nel mentre le puntuali fonti indiziarie precipuamente a carico del COGNOME -che, per inciso, non sono contrastate dalla difesa che con il ricorso in esame si è limitata a denunciare il solo vizio di autonoma motivazione del giudice per le indagini preliminari, e, poi, il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il Tribunale de Riesame, evidenziandone i ritenuti sintomi di apparenza con riferimento al solo tema delle esigenze di cautela- sono state dal Tribunale della Libertà meticolosamente indicate, discusse nella loro rilevanza, quindi ritenute nella loro gravità mercè la accurata motivazione che occupa le pagine 5, 6 e 7 dell’ordinanza impugnata. Il mancato svolgimento di motivi di ricorso con riferimento alla gravità indiziaria consente di farvi semplice, integrale, rinvio (un fuor d’opera risultando dunque anche la -sia pur superficiale- proposta alternativa rilettura da parte del ricorrente). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.5. Sicchè il motivo, il primo del presente ricorso, con cui si lamenta che la motivazione è apparente se non inesistente, comunque illogica e contraddittoria; le esigenze cautelari a carico dei singoli indagati non sono state differenziate, nonostante diversità di posizioni, né v’è stata graduazione nella determinazione della misura; la mera elencazione degli elementi indiziari, pur nella loro genericità, non è riconducibile al Pagano ma attiene, al più, al sodalizio criminale rispetto al quale l’indagato non ha mai intessuto rapporti; la formulazione dell’addebito al ricorrente attesta una isolata e temporalmente segmentata contestazione (due episodi al cospetto della diffusa dilagante illegalità riscontrata all’interno della cas circondariale), risulta manifestamente infondato.
3.6. Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riferimento alla lagnanza prospettata -con un maggior margine di specificità- a proposito delle esigenze di cautela.
La questione è oggetto, specificamente, del secondo motivo di ricorso con cui si reitera la questione, già sottoposta al Tribunale della Libertà, della violazione d legge, e del correlato vizio di motivazione, in relazione all’art. 274 cod proc pen, comma 1, lett c), 275, 275-bis cod proc pen. Il concreto ed attuale pericolo di recidivanza e la necessità ed adeguatezza della detenzione carceraria sono stati ritenuti sulla base del presupposto, indimostrato, della vicinanza di Pagano ad ambienti criminali operanti nel mercato degli stupefacenti o della sua intraneità al sodalizio, invero contrastata dalla episodicità degli addebiti, in relazione ai quali l registrazioni che li immortalano non hanno il pregio della chiarezza dimostrativa attribuitagli dal giudice dell’ordinanza genetica e dal Tribunale impugnato. Degli addebiti mancano riscontri oggettivi e testimoniali; i quotidiani rigidi controlli il prevenuto era sottoposto per essere già incorso in gravi fatti penalmente rilevanti non hanno mai dato esito positivo; il pregiudizio nei confronti della persona del ricorrente sarebbe stato all’origine della attestazione della sua pericolosità, in relazione alla quale, l’inadeguatezza di misura coercitive diverse da quella di massimo rigore, non essendo al cospetto di reati assistiti dalla presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod proc pen., avrebbe dovuto essere assistita da prova rigorosa. Il diniego della misura gradata degli arresti domiciliar è, peraltro, sfornito di motivazione adeguata e quella resa è illogica anche nella parte in cui nega rilevanza in favore dell’indagato al decorso del tempo -due annitrascorso dai fatti al momento della applicazione della misura, senza la individuazione di qualsivoglia riprovevole condotta medio-tempore tenuta dal ricorrente, peraltro trasferito in altra struttura sanitaria, distante ben 1 chilometri dal carcere dove gli episodi contestati si sarebbero verificati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.7. Richiamate le considerazioni sopra svolte ai punti 3., 3.1., 3.2, che si attagliano, anche, al tema squisitamente cautelare, si osserva come l’ordinanza impugnata ha osservato che il COGNOME ha posto in essere condotte di gravità inaudita, ponendosi al servizio non solo di comuni detenuti, ma, anche, di esponenti di un agguerrito sodalizio dedito al narcotraffico, in rapporti con la criminalità organizzata di stampo mafioso; che le sue condotte, reiterate per anni e con disinvoltura, hanno consentito al gruppo COGNOME di proseguire nei suoi indisturbati traffici ed acquisire posizione di supremazia tra i detenuti; che ha svenduto la sua pubblica funzione.
Al cospetto di tanto le censure svolte dalla difesa in tema di difetto di motivazione, intanto sulla sussistenza delle esigenze di cautela, risultano del tutto infondate.
Tanto più che le stesse si arricchiscono allorquando il Tribunale passa a discutere dello specifico pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie di quelle per cui si procede, e della proporzionalità ed adeguatezza della sola misura cautelare massima, ad infrenarle, a dispetto della emergenza dei soli due episodi in concreto contestati, a fronte della reiterazione delle condotte desumibile dalle precedentemente indicate fonti indiziarie, consistenti nelle dichiarazioni di COGNOME COGNOME NOMECOGNOME a proposito del fatto che COGNOME riceveva lo stupefacente da introdurre nel carcere anche da tale COGNOME incaricata dal compagno COGNOME alla consegna dello stupefacente da destinare al carcere; del detenuto NOME COGNOME, di NOME COGNOME dichiarazioni riscontrate dalle dichiarazioni collaborative de NOME COGNOME rispettivamente collaboratore e dichiarante, ritenuti attendibili.
Ragioni queste ultime ignorate dal ricorrente, che concentra le proprie argomentazioni esclusivamente sulle condotte oggetto di contestazione, laddove proprio tale più ampio inquadramento consente al Tribunale di rilevare, fondatamente, come la svendita della pubblica funzione a fini illeciti, realizzati quanto meno in contiguità con la malavita, anche organizzata, dimostra la pericolosità del prevenuto, pericolosità concreta ed attuale cui si attaglia la sola misura custodiale massima, in ragione dell’oltremodo negativo profilo di personalità desumibile da modalità del fatto e concrete condizioni di vita.
3.8. Osserva il Collegio che in tema di misure cautelari personali, l’art. 275 cod. proc. pen., nell’attribuire al giudice ampi poteri discrezionali nella scelta del misura da applicare all’indagato o imputato, impone di valutare se la misura che intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche esigenze cautelari ravvisate nel caso concreto, e che, se la discrezionalità del giudice non è assoluta, la formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si intendono soddisfare è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta – come nel caso di specie- da adeguata motivazione immune da vizi logici e giuridici. In tema di esigenze cautelari, nei procedimenti relativi a delitti pe quali non vige il regime speciale delle presunzioni sancito dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., l’apprezzamento circa l’inidoneità della cautela domiciliare, anche eventualmente con controllo a distanza, deve basarsi sull’esplicita valutazione, non formulabile in maniera apodittica, delle specifiche ragioni indicative dell’inadeguatezza di ogni affidamento fiduciario e dell’esclusiva idoneità della custodia intramuraria a contenere le esigenze di cautela (cfr. .Sez. 3, Sentenza n. 31022 del 22/03/2023 Cc. (dep. 18/07/2023 ) Rv. 284982 – 01).
3.9. Il Tribunale ne ha nella specie dato contezza, rilevando come, anche l’eventualità dell’esecuzione della misura gradata, eventualmente assistita da dispositivi elettronici, presso l’abitazione della madre sita in Barcellona Pozzo di Gotto, risulta del tutto inidonea a scongiurare il pericolyto di reiterazione in quanto,
in virtù della negativa personalità dell’istante, non può ipotizzarsi la spontanea osservanza delle prescrizioni alla stessa inerenti, e lo stesso, reinserito nello stesso tessuto in cui le condotte di reato son maturate, ben potrebbe reiterarle.
In tal senso anche il trasferimento in struttura diversa non elide il rischio di reiterazione.
3.10. La motivazione del Tribunale è, infine, compiutamente resa con motivazione non illogica anche con riferimento alla irrilevanza del cd. ‘tempo silente’. Il tempo trascorso dalla commissione del reato, ovvero dal momento nel quale la condotta è stata posta in essere, assume in generale rilievo nella sola fase di applicazione della misura. Il requisito dell’attualità del pericolo, previs dall’art.274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., richiede, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale; analisi che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti (cfr tra le tante, Sez. 5, n. 11250 de 19/11/2018, Avolio, Rv. 277242).
Ebbene tale analisi è stata correttamente volta ponendo, appunto, a confronto il contesto criminoso in cui i fatti sono stati consumati, la sistematicità con cui condotte sono state reiterate da parte dell’indagato che avrebbe dovuto, in qualità di infermiere impegnato nell’esercizio delle proprie funzioni all’interno di una struttura carceraria, tenere una condotta irreprensibile, con il decorso dei due anni dalla scoperta dei fatti.
4. Ne consegue il rigetto del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp att cod proc pen.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2024 La Cons. est.