Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30421 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30421 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 280/2025
CC – 12/02/2025
R.G.N. 40823/2024
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito per Hajri l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 19 settembre 2024 il Tribunale del riesame di Bologna ha confermato l’ordinanza in data 29 agosto 2024 del G.i.p. del Tribunale di Ravenna che aveva applicato ai ricorrenti la misura della custodia cautelare in carcere per violazioni del Testo Unico stupefacenti.
NOME COGNOME ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi: il primo per violazione di legge e vizio di motivazione perchØ era stata applicata la misura in assenza di specifica richiesta del P.m.; il secondo per vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990; il terzo per erronea valutazione delle esigenze cautelari e per mancata ed erronea valutazione degli elementi contenuti nel fascicolo processuale; il quarto per erronea valutazione dell’adeguatezza della misura.
COGNOME ricorre per cassazione sulla base di due motivi: il primo per vizio della
motivazione e travisamento della prova nella parte in cui il Tribunale del riesame di Bologna, nell’esporre le ragioni per cui l’immobile sito in Ravenna era da considerarsi nella disponibilità di entrambi gli indagati, si era riferito a un fatto inesistente; il secondo per mancanza di motivazione nella parte in cui, nel ravvisare la sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., aveva omesso di compiere una valutazione sulla sua personalità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi sono manifestamente infondati.
3.1. Con riferimento alla posizione di COGNOME si osserva che il primo motivo di ricorso ha trovato puntuale risposta a pag. 7 dell’ordinanza. Il ricorrente ha sostenuto che il G.i.p. aveva qualificato la detenzione di hashish ai sensi dell’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 e aveva applicato la custodia cautelare in carcere in assenza di richiesta del P.m. Il Tribunale del riesame, invece, ha ricostruito in fatto che il P.m. aveva formulato un’imputazione provvisoria di illecita detenzione di cocaina del peso complessivo di 1.049,61 grammi e di illecita detenzione di hashish del peso complessivo di 1.319,00 grammi e che aveva chiesto per entrambe le condotte, separatamente descritte nell’ambito dello stesso capo d’imputazione, l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Il G.i.p. ha provveduto a riqualificare il fatto della detenzione di hashish ai sensi dell’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990 e ha applicato la custodia cautelare in carcere perchØ il P.m. l’aveva richiesta per entrambe le condotte, separatamente descritte.
Il motivo Ł dunque ripetitivo di una doglianza già vagliata e disattesa con adeguata motivazione giuridica dal Tribunale del riesame.
3.2. Per la stessa ragione Ł manifestamente infondato il secondo motivo relativo alla possibilità di riqualificare il fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorrente ha svolto delle contestazioni formali sugli atti di indagini e in particolare sul narcotest e ha lamentato una carenza investigativa sulla proprietà dell’appartamento ove era stato rinvenuto lo stupefacente. La giurisprudenza Ł pacifica nel ritenere che per l’applicazione della misura cautelare non occorre una formale perizia sulla qualità della sostanza, essendo sufficiente allo scopo il narcotest eseguito dalla sezione narcotici della polizia come atto d’indagine autonomo e non in contraddittorio (tra le piø recenti, Sez. 4, n. 22652 del 04/04/2017, COGNOME, Rv. 270486 – 01) e, per la stessa configurabilità di una delle condotte di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non Ł indispensabile un accertamento peritale della qualità e quantità della sostanza stupefacente, ancorchØ sequestrata, potendo risultare sufficiente anche il solo GLYPHnarcotest, a condizione che il giudice fornisca adeguata motivazione in merito alla sussistenza di elementi univocamente significativi della tipologia ed entità di detta sostanza (tra le piø recenti, Sez. 6, n. 40044 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283942 – 02). A tal fine bastano infatti altri mezzi di prova, quali le dichiarazioni testimoniali o confessorie e le risultanze degli accertamenti di polizia o di altri indizi gravi, specifici e concordanti (Sez. 2, n. 18611 del 18/01/2019, Aigbe, Rv. 275704 01). Il Tribunale del riesame ha fatto buon governo di tali principi di diritto osservando che la natura drogante delle sostanze in sequestro era desumibile anche da ulteriori e inequivocabili indici, quali la presenza sui luoghi del ritrovamento di ampio materiale per il confezionamento e appunti con nomi e cifre, nonchØ il tentativo degli indagati di disfarsi di parte dello stesso in seguito all’intervento della polizia giudiziaria (in termini, Sez. 3, n. 22498 del 17/03/2015, COGNOME, Rv. 263784 – 01). Quanto alla riconducibilità di tutto lo
stupefacente in sequestro a entrambi gli indagati, il Tribunale del riesame ha ben evidenziato la circostanza che i due si erano recati insieme presso il casolare di Ravella, alla INDIRIZZO, di cui aveva le chiavi COGNOME, donde l’incongruenza della doglianza in ordine al mancato accertamento della proprietà dell’immobile, e ne erano usciti, detenendo il COGNOME la cocaina già divisa in dosi, mentre la restante parte di stupefacente era rimasta in vari ambienti del casolare.
3.3. Il terzo motivo, inerente alle esigenze cautelari, da ridimensionare secondo il ricorrente in conseguenza di una lettura riduttiva delle circostanze di fatto, ha trovato esauriente risposta a pag. 8 e 9 dell’ordinanza impugnata. Il Tribunale del riesame ha ravvisato il concreto e attuale pericolo di recidiva del ricorrente negli importanti quantitativi di stupefacente, nella loro custodia in uno stabile nella disponibilità di Hajiri, nel ritrovamento del materiale di confezionamento e degli appunti, nonchØ della disponibilità della somma di euro 38.555, incompatibile con la condizione di persona priva di lecita occupazione. Peraltro, la circostanza che tre anni prima era stato disposto il dissequestro della somma di euro 16.240 Ł stata considerata logicamente irrilevante poichØ era altamente improbabile che avesse conservato integro un importo così rilevante e, d’altra parte, era sempre denaro trovato nella sua disponibilità.
3.4. Ineccepibile Ł la motivazione sull’adeguatezza della custodia cautelare in carcere perchØ il Tribunale del riesame ha considerato, tra l’altro, il livello di inserimento del ricorrente nel narcotraffico, le modalità della condotta, la circostanza che lo stupefacente era stato trovato anche a casa sua, la facile elusione dei controlli per non essere stato chiarito il contesto illecito di riferimento, ossia la rete dei fornitori e degli acquirenti.
3.5. Con riferimento alla posizione di COGNOME, il ricorso Ł inconsistente perchØ, per i gravi indizi di colpevolezza, il Tribunale del riesame ha logicamente desunto la sua responsabilità dalla disponibilità di rilevanti quantità di cocaina custodita nel casolare al quale aveva accesso, la cocaina era già suddivisa in dosi e, a differenza di quanto prospettato, era destinata alla cessione a terzi perchØ non era stato dimostrato l’uso personale, mentre per le esigenze cautelari, ha osservato che non aveva fissa dimora, per cui comunque non era possibile applicare la misura degli arresti domiciliari. La motivazione resiste alle censure fattuali sollevate.
GLYPHSulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che i ricorrenti versino la somma determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità dei ricorsi, in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 12/02/2025