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Custodia cautelare: la Cassazione sui requisiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due indagati sottoposti a custodia cautelare per detenzione di ingenti quantità di stupefacenti. La Corte ha ribadito che, per l’applicazione di una misura cautelare, non è necessaria una perizia tossicologica completa, essendo sufficiente un narcotest corroborato da altri elementi indiziari, come materiale per il confezionamento e il rinvenimento di ingenti somme di denaro. La decisione conferma la validità della misura anche quando il giudice qualifica il reato diversamente dalla richiesta del PM, purché la richiesta per la misura stessa fosse stata avanzata. La valutazione del pericolo di recidiva è stata ritenuta corretta sulla base della gravità dei fatti e dell’inserimento degli indagati nel circuito del narcotraffico.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia cautelare per droga: quando gli indizi sono sufficienti?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dei presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere per reati legati agli stupefacenti. La decisione offre importanti chiarimenti sulla valutazione degli indizi e sulla sussistenza delle esigenze cautelari, confermando un orientamento consolidato. Il caso riguardava due soggetti destinatari di un’ordinanza di custodia in carcere per la detenzione di un ingente quantitativo di cocaina e hashish, trovati in un immobile a loro disposizione.

I fatti del caso

Il Tribunale del riesame aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal G.i.p. nei confronti di due indagati. Questi ultimi avevano presentato ricorso in Cassazione lamentando diverse presunte violazioni. Il primo ricorrente sosteneva che la misura fosse stata applicata senza una specifica richiesta del Pubblico Ministero, che il fatto dovesse essere derubricato a reato di lieve entità, e che le esigenze cautelari fossero state valutate erroneamente. Il secondo ricorrente, invece, contestava la ricostruzione probatoria sulla sua disponibilità dell’immobile e la mancata valutazione della sua personalità ai fini della scelta della misura.

La valutazione della custodia cautelare e gli indizi

La Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, definendoli manifestamente infondati. Per quanto riguarda il primo ricorrente, i giudici hanno chiarito che il Pubblico Ministero aveva effettivamente richiesto la custodia cautelare per entrambe le tipologie di droga detenute. Il fatto che il G.i.p. avesse poi operato una diversa qualificazione giuridica per una delle condotte non invalidava la richiesta originaria della misura.

Un punto cruciale della sentenza riguarda la sufficienza degli elementi probatori. La difesa aveva lamentato una carenza investigativa, ma la Corte ha ribadito un principio fondamentale: per applicare una misura cautelare non è indispensabile una perizia tossicologica formale. Il narcotest eseguito dalla polizia giudiziaria è considerato un atto d’indagine sufficiente, soprattutto se corroborato da altri elementi, quali:

* Il ritrovamento di materiale per il confezionamento delle dosi.
* La presenza di appunti con nomi e cifre, riconducibili all’attività di spaccio.
* Il tentativo degli indagati di disfarsi della sostanza all’arrivo delle forze dell’ordine.

Le esigenze cautelari e la scelta della misura

La Corte ha ritenuto corretta anche la valutazione del Tribunale del riesame sul pericolo concreto e attuale di recidiva. Tale pericolo è stato desunto non solo dagli ingenti quantitativi di droga sequestrati (oltre 1 kg di cocaina e 1,3 kg di hashish), ma anche dalla disponibilità di una somma di denaro di oltre 38.000 euro, ritenuta incompatibile con la condizione di disoccupazione dell’indagato. La Corte ha considerato irrilevante che parte di una somma simile fosse stata dissequestrata tre anni prima, data l’improbabilità che fosse stata conservata integra per tutto quel tempo.

Anche per il secondo ricorrente, la motivazione è stata giudicata solida. La sua responsabilità è stata logicamente desunta dalla disponibilità delle chiavi del casolare, dalla sua presenza sul luogo insieme all’altro indagato e dal fatto che la cocaina fosse già suddivisa in dosi, pronta per la cessione a terzi. Inoltre, la mancanza di una fissa dimora ha reso impossibile l’applicazione di misure meno afflittive come gli arresti domiciliari.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, ha sottolineato che in fase cautelare la prova non deve raggiungere il grado di certezza richiesto per una condanna, ma è sufficiente la presenza di gravi indizi di colpevolezza. Il narcotest, unito ad altri elementi univoci, soddisfa pienamente questo requisito. In secondo luogo, la valutazione del pericolo di recidiva deve basarsi su elementi concreti che dimostrino l’inserimento del soggetto in un contesto criminale strutturato, come nel caso di specie, dove la quantità e la varietà della droga, insieme al denaro e al materiale di confezionamento, delineavano un quadro di attività di spaccio professionale e non occasionale. Infine, la scelta della custodia cautelare in carcere è stata ritenuta adeguata e proporzionata alla gravità dei fatti e alla pericolosità sociale manifestata dagli indagati, tenendo conto anche dell’impossibilità di applicare misure alternative per uno di essi.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida l’orientamento secondo cui la valutazione per l’applicazione della custodia cautelare si basa su un giudizio prognostico fondato su elementi indiziari concreti e univoci. Non sono necessarie prove scientifiche incontrovertibili, come una perizia tossicologica, essendo sufficienti test rapidi supportati da un solido quadro indiziario. La decisione riafferma inoltre che la pericolosità sociale, elemento chiave per giustificare la misura più restrittiva, può essere desunta da una serie di fattori oggettivi, come l’entità dello stupefacente e l’organizzazione logistica dell’attività illecita. Di conseguenza, i ricorsi basati su contestazioni formali o su una lettura riduttiva degli elementi a carico sono destinati all’inammissibilità.

Per applicare la custodia cautelare è sempre necessaria una perizia chimica sulla droga?
No, secondo la Corte non è indispensabile. Nella fase delle indagini preliminari, ai fini dell’applicazione di una misura cautelare, è sufficiente il narcotest eseguito dalla polizia, specialmente se supportato da altri elementi indiziari come materiale per il confezionamento o appunti.

Se il giudice qualifica il reato in modo meno grave rispetto alla richiesta del PM, può comunque applicare la custodia in carcere?
Sì. La Corte ha chiarito che se il Pubblico Ministero ha richiesto la misura della custodia cautelare in carcere per un determinato fatto, il giudice può applicarla anche se attribuisce a quel fatto una qualificazione giuridica diversa (ad esempio, passando da detenzione ex comma 4 a comma 5 dell’art. 73), a condizione che la richiesta originaria del PM per quella misura fosse stata presentata.

Quali elementi dimostrano il pericolo di recidiva in caso di spaccio?
Il pericolo concreto e attuale di recidiva può essere desunto da diversi elementi, come gli importanti quantitativi di stupefacente detenuti, il ritrovamento di materiale per il confezionamento, la disponibilità di ingenti somme di denaro non giustificate da attività lecite e l’assenza di una fissa dimora, che indica un inserimento stabile nel circuito del narcotraffico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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