Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45272 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45272 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Corso COGNOME nato a Reggio Calabria il 18/01/1987 avverso l’ordinanza del 02/05/2024 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; sentite le conclusioni della difesa di Corso COGNOME, Avvocato NOME COGNOME, anche in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME Domenico COGNOME con due atti redatti da distinti difensori, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria che, ex art. 310 cod. proc. pen., ha disposto la custodia cautelare in carcere accogliendo parzialmente l’appello del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza con cui, per quel che in questa
sede rileva, il Giudice delle indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di detta misura per assenza di gravi indizi di colpevolezza relativamente ai reati di concorso in illecita detenzione e porto di armi comuni da sparo ex artt. 81, 110 cod. pen. 2, 4 e 7 I. 895 del 1967 (capo 12), illecita detenzione e porto di armi da guerra (ordigni esplosivi) ex art. 110, 81 cod. pen. 2 e 4 I. cit. (capo 17), concorso in estorsione aggravata ex art. 110, 629, secondo comma, cod. pen. (capo 23).
Il Tribunale, dopo aver effettuato un preliminare inquadramento della vicenda processuale che aveva portato all’emissione di una misura cautelare nei confronti di esponenti facenti parte di cosce di ‘ndrangheta radicate sul territorio del quartiere “INDIRIZZO” di Reggio Calabria, storicamente vicino alle “famiglie COGNOME COGNOME“, ha rilevato come il Corso fosse stato interessato dall’esecuzione della misura cautelare in quanto gravemente indiziato per aver assunto nel tempo un ruolo apicale nell’ambito di detto sodalizio mafioso ex art. 416-bis cod. pen. (capo 1 della medesima ordinanza genetica).
Il Collegio ha poi ritenuto di non valutare la memoria depositata in udienza dal ricorrente in quanto tardiva ex art. 127, comma 2, cod. proc. pen. e, previa enunciazione e rilettura delle captazioni ritenute maggiormente significative, andando di contrario avviso rispetto al giudizio cautelare operato dal Giudice delle indagini preliminari, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti provvisoriamente contestati di illecito porto di armi comuni e da guerra di cui ai capi 12) e 17), oltre che dell’estorsione di cui al capo 23), delitti ritenu tutti aggravati dall’art. 416-bis.1 cod. pen..
Il Tribunale della cautela ha, infine, valutato sussistenti le esigenze cautelari e, riportandosi alla motivazione dell’ordinanza con cui era stata applicata la misura cautelare in carcere in ordine agli altri delitti, ha ritenuto adeguata la sola misura cautelare in carcere.
L’Avvocato NOME COGNOME formula due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 178, comma 1, lett. e), 179, 310, 121, 127, 172 e 173 cod. proc. pen. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto tardive e non valutato le memorie presentate in udienza di discussione del procedimento in camera di consiglio.
Nonostante sia stata verbalizzata l’acquisizione della memoria, la stessa è stata poi espunta dall’alveo del procedimento, senza che sul punto sia stato prospettato problema di sorta al fine di sollecitare il contraddittorio tra le parti.
2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), con riferimento agli artt. 125, 192, commi 1 e 2, 546 cod. proc. pen. quanto alle provvisorie contestazioni di
detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo aggravata ex art. 416-bis.1 cod. peri..
2.2.1. In ordine alla contestazione provvisoria di cui al capo 12) di illecito porto di armi comuni da sparo si rilevano le lacune già evidenziate dal Giudice delle indagini preliminari che aveva rappresentato come non fossero chiarite le circostanze di tempo, di luogo e di commissione del presunto reato; specie la impossibilità di comprendere l’epoca dei fatti dà conto dell’assenza di elementi idonei a delineare con doverosa precisione la condotta delittuosa contestata provvisoriamente.
2.2.2. Analoga illogicità si rinviene in ordine alla contestazione di illecita detenzione e porto di ordigni esplosivi di cui al capo 17), che il Giudice delle indagini preliminari aveva ritenuto non supportato da gravi indizi di colpevolezza a causa della apprezzata genericità del contenuto delle captazioni, inidonee a delineare gli elementi di luogo e di tempo e, soprattutto, comprendere se la condotta si fosse realizzata in un luogo pubblico o privato e quale fosse l’identità del concorrente. Immotivatamente il Tribunale, pur prendendo atto dell’impossibilità di ricostruire con sufficiente certezza l’ipotesi di reato contestata, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.
2.2.3. Anche con riferimento all’estorsione aggravata nei confronti di Riserbato il Tribunale ritiene, contrariamente a quanto rilevato dal Giudice delle indagini preliminari, che sussistano elementi da cui desumere che il reato provvisoriamente contestato sia stato commesso in concorso con COGNOME senza però indicare sulla base di quali elementi sarebbe emerso l’ordine dato dal Corso a costui, né viene spiegata la ragione che ha portato a non ritenere condivisibile la conclusione del primo giudice, laddove aveva invece rilevato l’assenza di elementi univoci che potessero corroborare il giudizio di gravità indiziaria.
3. L’Avvocato NOME COGNOME formula due distinti motivi.
3.1. Con il primo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), in ordine agli artt. 125, comma 3, 192, commi 2 e 3, cod. proc. pen. con riferimento ai capi 12) e 17) di illegale detenzione e porto di armi da sparo in luogo pubblico.
3.1.1. Quanto al capo 12), la difesa rileva come la conversazione intercettata in cui il Corso riferirebbe di aver partecipato alla sparatoria alla quale avrebbe preso parte unitamente ad altre persone risulta scarsamente comprensibile e non idonea ad assegnare alla stessa il senso attribuito dal Tribunale; sulla base delle espressioni utilizzate emerge che il ricorrente aveva accennato al possesso di bossoli che erano stati gettati in terra, condotta integrante, semmai, la contravvenzione di cui all’art. 697 cod. pen.
Anche il riferimento effettuato dal Tribunale alla pistola calibro 6 (testualmente: “ti ricordi quando ho provato quella 6 per vedere che danni faceva?”) era relativo ad una detenzione momentanea dell’arma, non idonea, per giurisprudenza pacifica, ad integrare l’illecita detenzione o corroborare il suo porto in luogo pubblico.
3.1.2. Quanto al capo 17), il Tribunale non ha condiviso le conclusioni cui era pervenuto il Giudice delle indagini preliminari sulla base di una valutazione meramente congetturale fondata sulla posizione di vertice del Corso, circostanza che non consente di assegnare maggiore solidità alla contestazione, in sé carente dei necessari dettagli e dei riferimenti temporali.
Il Tribunale , poi, non ha spiegato le ragioni per cui il ricorrente avrebbe “trasportato avanti ed indietro gli ordigni”, costituendo mera ipotesi quella secondo cui detti ordigni fossero afferenti agli interessi ed all’uso dei componenti del gruppo criminale.
3.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), in relazione agli artt. 125, comma 3, 192, commi 2 e 3, e 273 cod. proc. pen. con riferimento al capo 23) di estorsione aggravata.
Non è dato comprendere in base a quali elementi sia stata ritenuta la gravità indiziaria in ordine al delitto di estorsione aggravata ai danni di Riserbato, tenuto conto che il ricorrente compare in una sola conversazione in cui non è evincibile la ragione per cui COGNOME si riferisse alla persona del Corso o quella per cui il Corso avesse dato alla persona offesa il numero telefonico del COGNOME. Mera ipotesi, priva del necessario supporto indiziario, risulta quella che vedrebbe il Corso nella veste di mandante nell’estorsione consumata in danno del COGNOME. Le conversazioni oggetto di intercettazioni relative a COGNOME non fanno riferimento alla dazione del numero di telefono, quanto, piuttosto, a dinamiche riguardanti i rapporti tra costui ed il ricorrente. Fornire il numero di telefono, inoltre, “non comporta alcun nesso causale con l’ipotizzato mandato a compiere l’estorsione”, né fa ritenere sussistente alcun contributo morale.
Seppure non sia necessaria una motivazione rafforzata in ipotesi di diverso apprezzamento da parte del Tribunale del riesame delle conclusioni del Giudice delle indagini preliminari, il Collegio del gravame cautelare non si è confrontato con le ragioni che hanno portato il secondo a rigettare la misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato.
Il primo motivo del ricorso proposto dall’Avvocato NOME COGNOME con cui si deduce la violazione del diritto di difesa a causa della dichiarazione di inammissibilità della memoria depositata in udienza, è manifestamente infondato e generico.
Quanto alla manifesta infondatezza si osserva come corretto risulti il riferimento giurisprudenziale del Tribunale che ha ritenuto di non esaminare la memoria depositata in udienza dalla difesa del ricorrente in ossequio a giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel giudizio di appello – stante il mancato rinvio da parte dell’art. 310 al comma 6 dell’art. 309 cod. proc. pen. non trova applicazione la regola, vigente per il procedimento di riesame, della proponibilità di motivi, anche nuovi, fino all’udienza, con conseguente necessità che le memorie difensive vengano presentate almeno cinque giorni prima dell’udienza camerale, secondo quanto previsto dalla disciplina generale dettata dall’art. 127, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4591 del 18/10/1999, dep. 2000, Mandalà, Rv. 216293).
In tal senso ha anche avuto modo di statuire questa Corte nel suo massimo consesso (Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286155) allorché, pur avendo affrontato e risolto questione non sovrapponibile a quella sottoposta ad esame, ha comunque ribadito che il rinvio operato dall’art. 310, comma 2, alle “forme” previste dall’art. 127 cod. proc. pen. comporta, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (v. Sez. U, n. 17 del 06/11/1992, COGNOME, Rv. 191786- 01, nonché, più di recente, Sez. U, n. 9857 del 30/10/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 242291- 01), quantomeno il recepimento delle regole previste dal comma 2 dell’articolo citato, secondo cui si possono presentare memorie fino a cinque giorni prima dell’udienza (ex multis Sez. 1, n. 33 del 20/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274662- 01; Sez. 1, n. 4793 del 25/01/2012, Carta, Rv. 251864). Proprio nell’ottica della garanzia dell’effettività del contraddittorio camerale detta regola deve essere interpretata nel senso per cui ogni integrazione deve necessariamente avvenire nei termini fissati dal legislatore, dovendo altrimenti il giudice non tenerne conto (cfr. punto 11.5 delle Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, cit.).
Si osserva, inoltre, come la censura di non aver preso in esame la memoria risulti generica, non essendo esplicitato né il contenuto dell’atto depositato, limitandosi il ricorrente ad affermare come lo scritto fosse composto da appena due pagine, né per quale motivo il contenuto potesse essere determinante.
Privi di concreta censura risultano tutti i restanti motivi di ricorso di entrambe le difese, che si limitano a confutare nel merito le differenti conclusioni a cui il Tribunale è pervenuto rispetto a quelle del Giudice delle indagini preliminari,
senza però evidenziare profili di illegittimità o carenze di motivazione, vizi solo astrattamente evocati.
3.1. Seppure questa Corte abbia statuito che, in caso di ribaltamento da parte del tribunale del riesame, in funzione di giudice dell’appello “de libertate”, della precedente decisione del primo giudice reiettiva della domanda cautelare si renda necessario un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, non potendosi ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale (Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME, Rv. 284982 – 04), regola che si ritiene applicabile in tutti i casi in cui ad un provvedimento favorevole all’imputato ne sopraggiunga altro di opposto tenore, si osserva come il Tribunale, nel caso esaminato, con motivazione completa e logica, ha dato conto delle ragioni che facevano ritenere non condivisibili le argomentazioni poste alla base del provvedimento di rigetto della richiesta di custodia cautelare in carcere da parte del Giudice delle indagini preliminari.
3.2. L’ordinanza ha ripercorso le vicende processuali che avevano portato il ricorrente ad essere sottoposto a misura cautelare in carcere relativamente a vicenda inserita in un più ampio contesto criminale all’interno del quale il Corso aveva, col tempo, assunto sempre maggiore rilevanza, sino a raggiungere livelli apicali (pagg. 5, 6 e 7); ha riprodotto le ragioni per cui il primo giudice aveva ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine ad alcune contestazioni provvisorie, avendo rilevato indeterminatezza in merito alla tipologia di armi, al luogo ed al tempo della detenzione e porto delle stesse e la non univocità del contenuto delle captazioni quanto a contesto estorsivo; il Tribunale ha, poi, analizzato i motivi di censura contenuti nell’atto di appello del Pubblico Ministero e le ragioni che avevano spinto il Giudice delle indagini preliminari a rigettare in parte qua, per carenza di gravi indizi, la richiesta di misura invece concessa relativamente ad altre contestazioni.
Solo dopo un attento esame del contenuto delle intercettazioni, l’ordinanza ha evidenziato le ragioni che hanno portato a non condividere le conclusioni limitatamente alle due contestazioni di porto di armi comuni da sparo e di ordigni esplosivi e all’estorsione aggravata ai danni di Riserbato, rigettando, invece l’appello del Pubblico Ministero in ordine ad altra ipotesi estorsiva.
Ampia e dettagliata risulta l’analisi del compendio indiziario, prevalentemente fondato sul contenuto delle intercettazioni, che viene analizzato onde corroborare le ragioni della loro lettura conformemente alle contestazioni provvisorie.
4.1. In ordine ai fatti contestati al capo 12), è stata messa in risalto la valenza delle captazioni in cui lo stesso ricorrente ha evocato pregressi accadimenti, facendo chiaro riferimento al possesso – quantomeno a titolo di concorso – di armi durante una fuga, allorché veniva inseguito, unitamente ad altri sodali, dalle forze di polizia, e il riferimento alla necessità di provare un’arma calibro 6.
Infondata risulta, invero, la dedotta insussistenza di una detenzione giuridicamente irrilevante in ragione della sua prospettata precarietà.
Seppure, infatti, come accennato dalla difesa, sussista giurisprudenza di questa Corte secondo cui, ai fini dell’integrazione del delitto di detenzione abusiva di arma comune da sparo è necessaria una relazione stabile del soggetto con la stessa, in quanto il concetto di detenzione per sua natura implica un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore ed oggetto detenuto ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte dell’agente (, tra le tante, Sez. 1, n. 42886 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 274380) 01), la condotta attraverso cui si prova la efficienza e potenza di un’arma non può certo ritenersi, tenuto conto del tempo necessario per simile attività, tale da far escludere un possesso (in termini di detenzione e porto) penalmente rilevante in ordine alla provvisoriamente contestata ipotesi di reato.
In merito al capo 17), è stato valorizzato il contenuto della medesima conversazione in cui i sodali parlavano di ordigni esplosivi e lo stesso ricorrente ricordava all’interlocutore di averne trasportati molti insieme (” non ti ricordi? Ne abbiamo portate poche avanti ed indietro, io e lui […1″), reputando irrilevante, a fronte del chiaro tenore della conversazione in cui il ricorrente si autoaccusava, la circostanza che non fosse noto il luogo privato o pubblico in cui era avvenuto il porto, in quanto elemento indifferente ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui agli artt. 2 e 4, I. n. 895 del 1967.
Seppure non sia stata con determinata l’epoca esatta in cui i fatti contestati si erano svolti, il Tribunale ha individuato il contesto criminale di riferimento e le persone coinvolte, evenienza IA ha indotto i Giudici di merito a ritenere che gli stessi si siano svolti nell’arco di tempo ricompreso nel perimetro della contestazione provvisoria di tipo associativo in ordine alla quale era stata emessa la misura della custodia cautelare in carcere da parte del Giudice delle indagini preliminari.
4.2. Corretta risulta l’analisi del contenuto delle intercettazioni (pag. 10 e 11) che danno atto dell’estorsione ai danni di un giostraio (NOME COGNOME), evidenziandone le modalità di svolgimento, il momento in cui è avvenuta la dazione del denaro e il contesto associativo nell’ambito del quale il ricorrente ricopriva una posizione apicale tale da spiegare, in considerazione degli apprezzati
elementi tratti dalle stesse dichiarazioni captate alla persona offesa, il ruolo di mandante.
4.3. A fronte di motivazione che argomenta anche in merito alla sussistenza delle aggravanti ex art. 416-bis.1 cod. pen., non oggetto di censura, il ricorrente tenta di disarticolare la ricostruzione delle vicende interessate dalle contestazioni provvisoriamente contestate per mezzo di una non consentita rilettura del compendio indiziario e, in particolare, del contenuto delle conversazioni il cui tenore non è sindacabile in sede di legittimità.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
L’intervenuta definitività della decisione impone ex art. 310 comma 3, cod. proc. pen., la comunicazione ad opera della Cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in data 10/10/2024.