Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25427 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25427 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Siracusa il 16/07/1970 avverso l’ordinanza del 10/02/2025 del Tribunale di Catania Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catania, con provvedimento del 10 Febbraio 2025, ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania, emessa in data 7 gennaio 2025, con la quale è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME in quanto gravemente indiziato del reato di cui all’art. 416 bis comma 2 cod. pen. Ricostruita, sulla base di precedenti sentenze irrevocabili, l’operatività nel territorio del Comune di Siracusa dell’associazione mafiosa COGNOME ed COGNOME, avente il controllo sulla zona centrale della città, compresa l’isola di
Ortigia, considerava il Tribunale come sulla base delle risultanze investigative acquisite fosse emersa la prova della perdurante operatività dell’associazione mafiosa suddetta e la sua riorganizzazione ad opera di COGNOME NOME, tornato in libertà dopo oltre vent’anni nel giugno del 2023; attraverso plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, COGNOME Giuseppe risultava essere stato indicato come reggente della consorteria mafiosa da parte di NOME, in un breve periodo in cui lo stesso era ritornato in libertà; la suddetta indicazione era stata, altresì, confermata anche dal tenore di plurime conversazioni oggetto di attività captativa venendo dato particolare risalto ad una conversazione (n.1243 del 27/12/2023) nella quale lo stesso COGNOME NOME, rivolgendosi ad altro soggetto, affermava che tutti dovevano riconoscerlo nel ruolo di reggente del clan essendo questa la volontà di NOME. Da tali conversazioni emergeva altresì la figura di COGNOME NOME compagna di NOMECOGNOME presso la cui rivendita di frutta e verdura si recavano i vari indagati, compreso il COGNOME.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite il proprio difensore avvocato NOME COGNOME
2.1. Con un unico motivo denuncia violazione di legge, in relazione all’art. 273 commi 1 e 1 bis cod.proc.pen., nonché vizio di motivazione.
Deduce che: la fonte dei collaboratori, che hanno riferito della nomina di NOME COGNOME come reggente del clan, deve essere identificata nel medesimo COGNOME il quale aveva millantato tale nomina, tuttavia mai avvenuta e mai accertata; lo stesso indagato aveva prodotto un verbale dell’udienza del 9 giugno 2021 relativo alla dichiarazione resa dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME il quale, davanti al G iudice dell’udienza preliminare di Catania, aveva riferito che il nome di COGNOME era stato indicato ‘ come sponsor da alcuni che ne avevano approfittato ‘ ; del medesimo tenore erano anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME rese in data di 12 luglio 2006, il quale aveva escluso che l’COGNOME avesse veicolato all’esterno informazioni in quanto sottoposto al regime di detenzione speciale. La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe, pertanto, contraddittoria in quanto ha ritenuto attendibili le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia senza, tuttavia, prendere in considerazione il contenuto di tali altri verbali prodotti; il fatto che il COGNOME abbia ricostituito un gruppo malavitoso, millantando il nome di COGNOME, non dimostrerebbe che tale nomina sia stata fatta proprio da COGNOME la cui condotta risulta collocata, peraltro, al di fuori del periodo oggetto di contestazione. Inoltre, anche le intercettazioni richiamate dal Tribunale nell’ordinanza impugnata non fornirebbero la prova di un contributo rilevante fornito dal ricorrente in termini di rafforzamento dell’associazione, come richiesto dalle Sezioni Unite COGNOME
considerando in particolare che: relativamente alla conversazione n. 1900 del 14 gennaio 2024, oltre che del 20 e 31 gennaio 2’24 (nn. 2501 e 3374) il nome del ricorrente non è richiamato, non è stato provato che la ‘ NOME ‘ cui si faceva riferimento fosse proprio la compagna del ricorrente, NOME COGNOME, e mancherebbe, pertanto, la prova che i soldi fossero destinati ad NOME; è stato equivocato il tenore della conversazione in carcere svolta tra il ricorrente e la compagna NOME COGNOME mancando in essa un riferimento al COGNOME NOME, dovendo il ‘ NOME ‘ cui fa riferimento la COGNOME identificarsi nel fratello della stessa, per come anche precisato dall’indagato attraverso una sua memoria del 29 gennaio 2025; la conversazione del 18 gennaio 2024 n. 2229 è stata interpretata in maniera contraddittoria tanto è vero che lo stesso Tribunale aveva dovuto prendere atto dell’ambiguità delle parole di uno degli interlocutori, COGNOME Salvatore, ammettendo che l’espressione pronunziata dallo stesso (‘ per già NOME stesso te lo dice ‘) potesse non essere interpretata nel senso prospettato dal Giudice per le indagini Preliminari.
3.Il Procuratore generale con requisitoria scritta ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
Mette conto premettere che, in tema di vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, questa Corte, nella sua espressione più autorevole, ha ritenuto che la legge le attribuisca il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie; di conseguenza la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, per la sua natura di pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi, deve essere parametrata all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza. (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). La successiva giurisprudenza della Corte, condivisa dal Collegio, è ferma nel ritenere che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. sia rilevabile in cassazione soltanto se si
traduca nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori; non sono di conseguenza consentite quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 255460; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012).
Ebbene, l’ordinanza impugnata ha dato dettagliato risalto ad una pluralità di dichiarazioni di collaboratori della giustizia che si riscontrano reciprocamente secondo il noto principio della convergenza del molteplice (Sez. 2, n. 13473 del 04/03/2008, Lucchese, Rv. 239744; e, in motivazione, Sez. 5 n. 25838 del 23/07/2020, COGNOME, non mass. sul punto).
L’ordinanza impugnata ha, peraltro, riportato, con accurata esposizione, la messe degli ulteriori elementi di convalida dell’attendibilità del narrato dei collaboratori di giustizia, costituiti dagli esiti dell’attività di captazione ambientale. In tale complessivo scenario, le censure mosse dalle ragioni di ricorso – che possono essere trattate congiuntamente – si rivelano generiche e fuori fuoco, votate a sollecitare la Corte di legittimità ad una non consentita rivisitazione dei fatti e del materiale indiziario, oltre che manifestamente infondate. Quanto, in particolare, alle critiche opposte agli apporti propalativi dei collaboranti, le deduzioni difensive appaiono decontestualizzate, estrapolate in modo atomistico e prive di qualsiasi consistenza confutativa.
Il Tribunale ha ritenuto le dichiarazioni dei collaboratori attendibili intrinsecamente per la coerenza del narrato e la mancanza di elementi da cui desumere che le stesse possano costituire frutto di astio o rancore nei confronti degli indagati, oltre che in quanto frutto di conoscenze acquisite per effetto della intraneità degli stessi propalanti; le medesime dichiarazioni sono state ritenute, inoltre, estrinsecamente attendibili in quanto convergenti e riscontrate logicamente anche da plurimi elementi desumibili dalle conversazioni oggetto di intercettazione. Particolare risalto è stato dato, in particolare, al tenore della conversazione n. 1243 del 27 dicembre 2023 rispetto alla quale il Tribunale, rispondendo ad una doglianza analoga a quella veicolata con il ricorso in esame,
ha escluso che l’affermazione del COGNOME NOME resa alla presenza di altri sodali – di essere stato investito quale reggente del clan mafioso dall’odierno ricorrente- costituisca frutto di una millanteria del medesimo COGNOME, anche in considerazione del fatto che, successivamente alla sua scarcerazione, lo stesso ha assunto una condotta inequivocabilmente riconducibile alla estrinsecazione di poteri connessi alla reggenza di un’associazione mafiosa. La deduzione difensiva, secondo cui non sarebbe emerso dagli elementi investigativi acquisiti quale contributo sarebbe stato fornito dal ricorrente, evidentemente non si confronta con la compiuta motivazione resa dal Tribunale minimizzando appunto la rilevanza, in termini di contributo causale, della indicazione del COGNOME, da parte del ricorrente, come reggente del clan, in nome e per conto dello stesso indagato.
L’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato relativa alla mancanza di certezza del momento in cui l’indicazione del COGNOME quale reggente sarebbe avvenuta – considerato che il ricorrente ha goduto di un unico periodo di libertà tra il 7 e il 14 luglio del 2022 e le parole utilizzata dal COGNOME NOME, nella conversazione n. 1243 del 27/12/2023 ‘ NOME è uscito ‘ , sembrano fare riferimento dunque ad un periodo anteriore alla contestazione, oggetto di imputazione provvisoria, che va dal giugno 2023 al Febbraio 2024- non appare, tuttavia, indicativa di un profilo di manifesta illogicità e contraddittorietà nella motivazione. Sul punto appare immune da vizi la motivazione del provvedimento impugnato che ha rilevato come -nonostante le propalazioni dei collaboranti concordino « nell’attribuzione ad NOME di condotte costituen ti emanazione della leadership sulla cosca nel luglio 2022, periodo anteriore a quello dell’odierna imputazione» tuttavia sussistono altri elementi «di sicura efficacia indiziario-probatoria» ( pag. 24) anche per il periodo successivo, oggetto di imputazione ( che fa riferimento al periodo giugno 2023-febbraio 2024), in particolare desumibili dal tenore di altre conversazioni ( la n. 1900 del 14 gennaio, n. 2501 del 20 gennaio e n. 3374 del 31 gennaio 2024) intercorse fra COGNOME NOME e COGNOME NOME aventi ad oggetto la consegna di somme di denaro ad NOME COGNOME, compagna dell’COGNOME ( attuale moglie), prive di loro autonoma giustificazione e riconducibili a ratio mafiosa.
Il Tribunale ha interpretato gli elementi desumibili dal contenuto delle conversazioni acquisite, rendendo motivazione esente da profili di contraddittorietà, in termini di conducente rilevanza indiziaria evidenziando che: nella conversazione del 14 gennaio 2024 COGNOME NOME parlava con altro sodale ( Piazzese ) dei ‘soldi’ che avrebbero dovuto mandare a ‘NOME‘ in vista della sua ‘partenza’ ; nella conversazione del 20 gennaio 2024 (n. 2501) gli interlocutori, facendo riferimento a chi dovessero mandare soldi citavano ancora espressamente ‘ NOME, quale destinataria di contributi dalla ‘cassa’ comune,
identificata dagli inquirenti nella compagna dell ‘ COGNOME; la conversazione del 31 gennaio 2024 n. 3374 confermava inequivocabilmente la dazione di denaro all’odierno ricorrente da parte del COGNOME (‘ alla fine 1.000 euro glieli ho dati io … ad NOME ‘) .
Le deduzioni difensive, secondo cui non sussisterebbe prova che i soggetti ai quali gli interlocutori fanno riferimento, indicati come NOME e NOME, siano identificabili con certezza nell’odierno ricorrente e nella sua compagna, sono frutto di un’interpretazione segmentata e parcellizzata delle medesime conversazioni e non si confrontano con la motivazione resa dal Tribunale che, a fronte di analoga doglianza, ha considerato che la ‘NOME‘ emersa nel corso delle indagini deve identificarsi nella compagn a dell’COGNOME , in quanto in contatto con il COGNOME, il quale almeno una volta a settimana andava a trovarla presso la sua rivendita di frutta e verdura, e non avendo le indagini evidenziato la sussistenza di altra ‘NOME‘ . Deve ritenersi, altresì, immune da profili di manifesta illogicità la motivazione resa nella parte in cui ha ritenuto non verosimile l’interpretazione suggerita dall ‘ COGNOME, secondo cui non sarebbe certo che il soggetto richiamato come ‘NOME‘ , da parte dei due interlocutori, debba essere individuato nell’COGNOME e che la conversazione sarebbe, piuttosto, relativa ad un debito nei confronti di un fornitore di stupefacenti, avendo sul punto il Tribunale sottolineato il fatto che i soldi inviati ad NOME COGNOME non erano stati prelevati dalla cassa del sodalizio , ma inviati ‘ pers onalmente’ .
Le censure difensive risultano innervate sul significato dei dialoghi intercettati attraverso la riproposizione di argomentazioni reiterate e già oggetto di valutazione da parte del Tribunale, con motivazione esaustiva, rispetto alla quale non risultano evidenziati profili di illogicità valutabili in questa sede.
Occorre, a tale proposito, ricordare invero che, in materia di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), non potendo tale apprezzamento essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME e altri, Rv. 268389), ipotesi certamente non configurabile nella fattispecie in esame.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 03/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME