Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 44120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 44120 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 31/08/1995 avverso l’ordinanza del 29/04/2024 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Napoli, con il provvedimento in epigrafe, ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, nei riguardi di NOME COGNOME, dal Giudice per le indagini preliminari di Napoli in data 18/3/2024, per aver concorso, con il fratello NOME COGNOME e con altre persone, nell’acquisto di 6.000 banconote false da C 50,00 ciascuna. In particolare, tali banconote erano state vendute al menzionato NOME COGNOME da NOME COGNOME, a capo di un’associazione a delinquere finalizzata per l’appunto alla fabbricazione e allo spaccio di monete false, su incarico dell’odierno ricorrente, NOME COGNOME che stava facendo da intermediario per amici di Novara.
Tali elementi erano emersi nel corso di una intercettazione tra NOME
COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato, lamentando genericamente un vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza.
In particolare, il Tribunale del riesame non avrebbe deliberato alcunché in ordine all’eccezione di nullità formulata nei riguardi della genetica ordinanza di custodia cautelare, dolendosi parte ricorrente del fatto che, per la posizione di NOME COGNOME (protagonista di un solo episodio, a fronte della ben più articolata e complessa vicenda, inerente numerosi imputati e reati, a partire dall’associazione a delinquere finalizzata alla detenzione e spaccio di banconote false), fossero state dedicate solo poche pagine, senza una reale effettiva valutazione di quanto lo riguardava, e senza considerare che non vi erano elementi per ritenere la partecipazione al delitto contestato da parte del ricorrente, avendo NOME COGNOMEindicato, nella conversazione intercettata menzionata sia dal Giudice per le indagini preliminari che dal Tribunale del riesame) fatto il suo nome senza che, però, tale circostanza fosse riscontrata materialmente a seguito di una perquisizione o altri accertamenti diretti (quali pedinamenti o intercettazioni).
Insomma, ci si duole del fatto che la custodia cautelare fosse stata disposta sulla base della mera anzidetta intercettazione.
Si assume, ancora, come erroneamente non fossero state considerate le affermazioni del ricorrente, che si era detto sin da subito estraneo all’attività posta in essere dal fratello NOME, sia la circostanza che lo stesso ricorrente si trovasse, nella data in questione, sottoposto a misura cautelare coercitiva, non avendo alcun contatto con altri, men che meno con il fratello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
È pacifico che, in tema di misure cautelari personali, il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se quelli di merito abbiano dato adeguato conto (rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie) delle ragioni che hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, ex art. 292 cod. proc. pen., sicché non necessita dell’accertamento della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza.
Ne consegue che è inammissibile il controllo su quelle censure che, pur
investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460 – 01; Sez. 1, n. 28291 del 24/06/2020, non massimata; Sez. 1, n. 22287 del 24/06/2020, non massimata, tutte sulla scia di Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828 – 01). Il controllo insomma va operato, in positivo, sulla sussistenza di ragioni giuridicamente significative a sostegno della decisione presa e, in negativo, sull’assenza di illogicità evidenti o contraddittorietà o carenze motivazionali (Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Rv. 248698 – 01; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 – 01).
Nel caso di specie, la gravità indiziaria (circa la commissione di quanto contestato) è stata desunta da una intercettazione di un dialogo intercorso tra NOME COGNOME (fratello del ricorrente) e NOME COGNOME, capo del sodalizio criminoso, nella quale NOME COGNOME aveva chiarito come la fornitura delle banconote false fosse stata preceduta da una trattativa, che era stata breve a causa delle pressioni del fratello NOME volte alla rapida conclusione dell’acquisto, dovendo egli rifornire suoi “amici di Novara”, venuti appositamente a Napoli.
Trattasi di motivazione del tutto logica, non solo conforme alla detta giurisprudenza (che non richiede, all’uopo, la prova piena, ma anche solo la presenza di un quadro indiziario grave, non necessariamente, ed anche, preciso e concordante: Sez. 2, n. 8948 del 10/11/2022, dep. 2023, Rv. 284262-01; Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Rv. 281019-01), ma rispettosa, altresì, dell’ulteriore pacifico principio secondo cui il contenuto di intercettazioni, da cui emergano chiari (e credibili) elementi d’accusa nei confronti di un terzo soggetto, può costituire, anche in sede di giudizio sulla responsabilità, fonte probatoria diretta ed esclusiva della colpevolezza di questi o avere natura indiziaria (richiedendo, ma solo nel caso in cui si sia nell’ambito del detto giudizio sulla responsabilità, i requisiti d gravità, precisione e concordanza, in conformità del disposto dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.). Insomma, è palesemente erroneo, a maggior ragione in questa sede cautelare, sostenere che l’intercettazione (da cui emerga il chiaro coinvolgimento in un delitto di taluno) abbisogni, dunque, di riscontri ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.: fatto salvo, naturalmente, il dovere per il giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (Sez. 3, n. 10683 del 07/11/2023, dep. 2024, Rv. 286150-04; Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 07/02/2020, Rv. 278611-02; Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, Rv. 278314-02).
Pertanto, da un lato erra parte ricorrente quando richiede, in diritto, la
sussistenza di riscontri niente affatto necessari, all’uopo, dall’altro lato, nulla l stessa parte ha evidenziato circa l’erroneità e/o la falsità (e le relative ragioni) delle parole con cui NOME COGNOME ha coinvolto il fratello, per giunta con riferimenti a fatti specifici.
Consegue, a quanto detto, l’esito in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in data 27/9/2024
Il Co sigliere estensore
Il Presidente