Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37218 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37218 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA (CUI CODICE_FISCALE)
avverso l’ordinanza del 16/05/2025 del Tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, per manifesta infondatezza.
RITENUTO IN FATTO
Nei confronti di NOME è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere per il delitto di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, e 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, per avere detenuto e ceduto, in concorso con il proprio fratello NOME, sostanze stupefacenti del tipo cocaina e hashish, parte delle quali rinvenute in loro possesso, nella misura di oltre tre chilogrammi per ognuna, in
occasione di una perquisizione domiciliare, mentre per il resto dedotte dalla documentazione sequestrata nella loro disponibilità nella medesima occasione.
Attraverso il proprio difensore, NOME impugna l’ordinanza del Tribunale di Milano in epigrafe indicata, che ha respinto l’istanza di riesame da lui avanzata, confermando la misura cautelare.
Egli deduce, in sintesi, che il Tribunale si sarebbe limitato a valorizzare un messaggio telefonico vocale, da lui inviato a tale NOME ad agosto del 2024, dal contenuto sì indiziante, ma risalente a tre mesi prima del rinvenimento di tali sostanze e della contabilità, e quindi non riferibile agli specifici reati per cui indagato: rispetto ai quali, dunque, non sussisterebbe a suo carico un quadro di gravità indiziaria, non essendovi altri elementi per ritenere che egli frequentasse abitualmente l’abitazione del proprio fratello, presso la quale droga e documentazione sono stati rinvenuti.
Ha depositato la propria requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso, per manifesta infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. Il ricorso è inammissibile.
La difesa ricorrente si limita a censurare la valutazione del messaggio vocale “autoindiziante” compiuta dal Tribunale, ma oblitera completamente le plurime ed eloquenti risultanze investigative ulteriori specificamente illustrate dall’ordinanza impugnata, ovvero: la reiterata indicazione di “NOME” nella contabilità dello “spaccio”, senza che siano emersi altri soggetti in esso coinvolti ed aventi il medesimo prenome; la riferibilità di tale documentazione ad attività risalente già all’agosto precedente; gli esiti del monitoraggio del dispositivo gps del telefono del ricorrente e dei relativi tabulati del traffico, oltre a numerose foto archiviate su tale apparecchio, che ne attestavano l’abituale presenza presso la casa del fratello; i messaggi telefonici tra loro, in particolare quello del 27 luglio in cui quest’ultimo dà ad NOME le istruzioni dettagliate sull’occultamento della droga e dei soldi in casa; i riferimenti a lui effettuati nelle chat tra suo fratello NOME e tale “NOME“, soggetto indicato anche nella contabilità rinvenuta nella casa (vds., più ampiamente, pagg. 2-4, ord.).
Peraltro, il Tribunale, replicando alle relative deduzioni difensive, rileva, con logica stringente, la non decisività sia dell’assenza di intercettazioni significative, essendo state queste disposte dopo il rinvenimento della droga, e quindi quando i
soggetti erano già allertati; sia del fatto che NOME non avesse un proprio mazzo di chiavi di quella casa, osservando come fosse più prudente per lui, che operava “sul terreno”, non avere addosso nulla che potesse ricollegarlo al luogo utilizzato come deposito dello stupefacente.
A tutto questo il ricorso non oppone alcuna osservazione critica, rivelandosi perciò generico.
Nella parte, poi, in cui deduce un difetto di correlazione tra gravi indizi di colpevolezza e fatti oggetto d’addebito, l’impugnazione è manifestamente infondata: sia dal punto di vista formale, perché l’incolpazione non è limitata alla condotta di novembre, ma attiene anche a quella precedente e concomitante con il messaggio dal ricorrente inviato a COGNOME; ma anche da quello “sostanziale”, perché si tratta di fatti omogenei e susseguitisi in un periodo di tempo piuttosto breve (appena tre mesi) e non si è in presenza di una “imputazione” in senso proprio.
Versandosi ancora nella fase investigativa, infatti, l’addebito si presenta fisiologicamente fluido ed il dato di riferimento per la difesa, al di là dell descrizione del fatto contenuta o meno in un determinato capo d’incolpazione, è rappresentato esclusivamente dalle risultanze investigative poste a fondamento della misura, così come evidenziate nell’ordinanza .
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.