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Custodia cautelare: inammissibile il ricorso vago

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro l’ordinanza che confermava la sua custodia cautelare in carcere per reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha stabilito che l’appello era generico e non contestava specificamente le motivazioni del Tribunale della Libertà, che aveva ritenuto la misura carceraria l’unica idonea a fronteggiare le esigenze cautelari, respingendo la richiesta di arresti domiciliari per mancanza di presupposti concreti.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia cautelare in carcere: quando il ricorso è inammissibile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46226/2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi contro le misure cautelari. In particolare, la Suprema Corte ha ribadito che un ricorso contro l’applicazione della custodia cautelare in carcere deve confrontarsi specificamente con le motivazioni del provvedimento impugnato, pena l’inammissibilità. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni dietro la decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino straniero accusato di far parte di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90) e di spaccio continuato (art. 73 d.P.R. 309/90). Sulla base di queste accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

L’indagato, arrestato nel suo paese d’origine a fini di estradizione, aveva impugnato l’ordinanza davanti al Tribunale della Libertà di Milano, che però aveva confermato la misura. La difesa ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che l’ordinanza fosse manifestamente illogica nel ritenere il carcere l’unica misura adeguata, evidenziando che i fatti risalivano al periodo 2019-2020 e che, successivamente, l’interessato si era iscritto con profitto all’università.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla custodia cautelare in carcere

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della scelta tra carcere e altre misure, ma ha focalizzato la sua attenzione sulla struttura del ricorso stesso. Ha stabilito che il ricorso non si confrontava adeguatamente con le argomentazioni espresse nell’ordinanza del Tribunale della Libertà, limitandosi a una critica generica senza evidenziare specifiche illogicità nel ragionamento dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Cassazione sono cruciali per comprendere i limiti dell’impugnazione in materia di misure cautelari.

1. Mancanza di un confronto specifico: Il ricorso non contestava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma si limitava a criticare la valutazione sulle esigenze cautelari in modo generico. Secondo la Corte, un ricorso è inammissibile se non affronta punto per punto le ragioni addotte dal giudice precedente.

2. Valutazione delle esigenze cautelari: Il Tribunale aveva adeguatamente motivato la scelta della custodia cautelare in carcere. Aveva considerato che il gruppo criminale di riferimento avesse capi della stessa nazionalità dell’indagato e che l’allontanamento dal territorio italiano potesse rappresentare una precisa strategia operativa del gruppo (una sorta di “turnazione”) per depistare le indagini. La permanenza all’estero, quindi, non era stata ritenuta un elemento idoneo a far venir meno il pericolo di reiterazione del reato.

3. Inadeguatezza della richiesta di arresti domiciliari: La richiesta di sostituire il carcere con gli arresti domiciliari era stata giudicata inaccoglibile perché la persona indicata come ospitante non era stata chiaramente identificata e, soprattutto, non si era assunta l’impegno di vigilare sull’indagato, ma solo di prestare un’eventuale assistenza sanitaria. Questa vaghezza ha reso la proposta inidonea a garantire il controllo necessario.

4. Irrilevanza del confronto con altri coindagati: Il Tribunale aveva anche spiegato analiticamente perché la situazione dell’indagato non fosse paragonabile a quella di altri coindagati ammessi agli arresti domiciliari, rendendo tale argomento difensivo inefficace.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: un’impugnazione, per essere efficace, non può limitarsi a una critica generica. È necessario che il ricorrente individui e contesti le specifiche lacune o illogicità nel ragionamento del giudice che ha emesso il provvedimento. Nel campo delle misure cautelari, e in particolare della custodia cautelare in carcere, dove è in gioco la libertà personale prima di una condanna, la motivazione del giudice deve essere solida. Tuttavia, per metterla in discussione davanti alla Cassazione, è indispensabile un ricorso altrettanto preciso e argomentato, che demolisca, sul piano logico-giuridico, le fondamenta della decisione impugnata. In assenza di ciò, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Perché il ricorso contro la custodia cautelare è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si confrontava in modo specifico con le argomentazioni contenute nell’ordinanza impugnata, né evidenziava manifeste illogicità nel suo ragionamento, risultando quindi generico.

La permanenza all’estero e la frequenza universitaria possono escludere la necessità del carcere?
No, in questo caso specifico i giudici hanno ritenuto che tali circostanze non fossero sufficienti. La permanenza all’estero è stata interpretata come una possibile modalità operativa dell’associazione criminale per eludere le indagini, e quindi non idonea a ridurre il pericolo di reiterazione del reato.

Quali sono i requisiti per una valida richiesta di arresti domiciliari in sostituzione del carcere?
La richiesta deve essere concreta e dettagliata. Secondo la sentenza, è necessario che la persona disposta a ospitare l’indagato sia chiaramente identificata e che si impegni formalmente a vigilare sul rispetto delle prescrizioni imposte dalla misura, non essendo sufficiente una generica disponibilità all’assistenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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