Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30327 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30327 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Agrigento il 06/03/1976 avverso l’ordinanza del 08/01/2025 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, Sezione per il riesame, con ordinanza dell’8 gennaio 2025, ha rigettato la richiesta proposta avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento il 24 dicembre 2024 ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui ai capi 1 (81 comma secondo cod. pen., 4, 7 legge n. 895 del 1967), 2 (artt. 2 e 4 legge n. 895 del 1967), 3 (artt. 81, comma secondo, cod. pen., 2, 4 legge n. 895 del 1967), 4 (art. 23, comma 3 e 4, legge n. 110 del 1975), 5 (art. 648 cod. pen.).
NOME COGNOME è sottoposto a indagini per i reati in precedenza indicati a fronte della perquisizione effettuata il 21 dicembre del 2024 nel corso
della quale, in alcuni bidoni posizionati in prossimità del fondo di proprietà dello stesso, situato in INDIRIZZO di Agrigento, sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro munizioni e armi, anche da guerra e clandestine detenute senza titolo autorizzativo, nonché due cartucce calibro 7,62 occultate all’interno della abitazione -nel vano cucina- dello stesso indagato.
Il primo Giudice ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato in relazione ai reati di porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo, porto e detenzione illegale di esplosivi, porto e detenzione illegale di armi da guerra e detenzione illegale di armi clandestine, nonché di ricettazione.
Avverso tale provvedimento la difesa ha proposto riesame rilevando che il lugo in cui sono state rinvenute le armi e le modalità di conservazione delle stesse non consentivano di ritenere che le stesse fossero nella disponibilità dell’indagato.
Il giudice, all’esito dell’udienza, ha (v. p. 5 e ss.) confermato la riferibili all’indagato delle armi sequestrate sulla base di una pluralità di elementi indiziari: a) le armi sono state rinvenute in un’area attigua al terreno di contrada INDIRIZZO appartenente all’indagato (precisamente nella porzione del suo fondo a confine con il greto del fiume Akragas); b) le armi erano situate in prossimità di un varco creato sulla recinzione del fondo dell’indagato, con la predisposizione di un’agevolazione per l’accesso a un sentiero che ha condotto all’individuazione del sito ove le armi erano custodite; c) le armi erano conservate in due bidoni di foggia e colore in tutto analoghi a quelli presenti sul fondo dell’indagato; d) nell’abitazione cittadina dell’indagato sono stati rinvenuti due proiettili calibro 7,62.
Sotto altro profilo, poi, il giudice ha anche attribuito significativa rilevanza al fatto che il fondo era abitualmente frequentato dall’indagato e dai suoi familiari nel terrendo di contrada INDIRIZZO e che, al di là del passaggio vicino al greto del fiume, il punto in cui sono state rinvenute le armi, come descritto dai militari operanti, è isolato, impervio e difficilmente accessibile per cui sarebbe risultato estremamente difficile, se non sbarcando dal fiume, custodire le armi in tale luogo.
Il Tribunale, poi, con i riferimenti alla gravità dei fatti e alle frequentazion dell’indagato ha anche condiviso le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice sia in ordine alla qualificazione giuridica attribuita ai fatti sia quanto al sussistenza, attualità e consistenza delle esigenze cautelari (cfr. pagine 7 e 8 dell’ordinanza impugnata).
Avverso il provvedimento impugnato ha proposto ricorso per cassazione l’indagato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
5.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, 273, 292, comma 2, lett. c), 309, comma 9, cod. proc. pen, con riferimento all’inosservanza dell’obbligo di autonoma valutazione da parte del Giudice, rispetto al compendio indiziario sottoposto con la richiesta. Nel primo motivo la difesa’ rileva che il provvedimento applicativo della misura cautelare ha recepito pedissequamente le prospettazioni del Pubblico ministero contenute nella richiesta laddove, di contro, i gravi indizi di colpevolezza non emergerebbero. Nello specifico, inoltre, il ricorrente evidenzia che le armi sono state rinvenute fuori dall’abitazione dell’indagato, in un fondo raggiungibile da chiunque, in assenza di elementi per reputare il collegamento fra l’indagato e le armi oggetto d’indagine. Ciò anche considerato che l’indagato viene associato ad altro procedimento e ad altri indagati senza elementi dai quali ricavare l’operato collegamento con circuiti criminali.
5.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, 274, 292, comma 2, lett. c), c-bis, cod. proc. pen, con riferimento alle esigenze cautelari. Nel secondo motivo la difesa censura la conclusione del Tribunale quanto alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari evidenziando che il pericolo di inquinamento probatorio non sussisterebbe in quanto ogni rischio sotto questo profilo è stato neutralizzato con il sequestro delle armi operato dalla polizia giudiziaria e il compendio probatorio è ormai cristallizzato nel fascicolo d’indagine. Lo stesso varrebbe in merito al pericolo di reiterazione che il Tribunale avrebbe motivato sulla base di valutazioni apodittiche e congetturali che non specificano in cosa consista l’attualità del pericolo, requisito introdotto come essenziale dalla legge n. 47 del 2015. Nel caso di specie, infatti, non sarebbe stato considerato che il ricorrente è incensurato e non risulta che abbia assunto alcuna condotta attiva nel procedimento penale in questione per cui il giudice del riesame non ha valorizzato alcun atto o comportamento tale da giustificare l’adozione della massima misura afflittiva.
5.3. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis tcod. proc. pen. e violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. in ordine alla richiesta di applicazione della misura con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto elettronico. Nel terzo motivo la difesa rileva che l’ordinanza . impugnata fa riferimento al collegamento di COGNOMEcon la posizione di soggetti indagati per diversi reati di associazione a delinquere, in un procedimento penale al quale, però, il ricorrente è estraneo, risultando que indagato soltanto per reati inerenti alla detenzione di armi. A ben vedere, inol non sono neanche indicati elementi specifici che giustifichino la valutazione
adeguatezza della misura cautelare più grave in esecuzione laddove il giudice della cautela avrebbe dovuto rendere una motivazione – seppure non analitica ma comunque necessaria quanto all’indicazione di specifici elementi – relativa all’operata valutazione di adeguatezza della detenzione carceraria. Invece, l’ordinanza impugnata si limita a considerare la prognosi di recidiva specifica e l’entità della pena irroganda, elementi sufficienti a giustificare la misura cautelare più grave in esecuzione, senza valutare, in alcuna parte, l’eventuale idoneità degli arresti domicíliari, anche presidiati dal congegno elettronico di controllo a distanza, operando una mera valutazione astratta e fondata solo sulla gravità della condotta.
In data 17 aprile 2025 sono pervenute le conclusioni con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, 273, 292, comma 2, lett. c), 309, comma 9, cod. proc. pen, con riferimento all’inosservanza dell’obbligo di autonoma valutazione da parte del giudice, rispetto al compendio indiziario sottoposto con la richiesta.
La doglianza è infondata
2.1. La giurisprudenza di questa Corte in tema di motivazione delle ordinanze cautelari, successivamente all’introduzione delle modifiche apportate dalla legge 16/4/2015, n. 47 all’art. 292, comma 1, lett. c) e all’art.309, comma 9, cod. proc. pen. ha ritenuto che la previsione dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza non abbia carattere innovativo, né miri ad introdurre un mero formalismo che imponga la riscrittura originale di ciascuna circostanza di fatto rilevante, ma che la norma abbia esplicitato la necessità che, dall’ordinanza, emerga l’effettiva valutazione della vicenda da parte del giudicante.
L’aggettivo autonoma è riferito specificamente alla valutazione e non all’esposizione dei presupposti di fatto del provvedimento, sicché, rispett quest’ultima, anche dopo la riforma, è consentito il rinvio «per relationem» o per incorporazione – alla richiesta del pubblico ministero, mentre, dall’atto, dovrà emergere il giudizio critico del giudice sulle ragioni che giustificano l’applicazione della misura (tra le altre, Sez. 6, n. 30774 del 20/06/2018, P.m. in
proc. vizzì, Rv. 273658 – 01; Sez. 2, n. 13838 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269970 – 01; Sez. 1, n. 8323 del 15/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265951 – 01).
In altri termini, la necessità di autonoma valutazione da parte del giudice procedente è compatibile con un rinvio per relationem o per incorporazione della richiesta del Pubblico ministero che non si traduca in un mero recepimento del contenuto del provvedimento privo dell’imprescindibile rielaborazione critica (Sez. 2, n. 3289 del 14/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265807 – 01). Si tratta di necessità da reputarsi soddisfatta anche quando il giudice ripercorra, motivando per relationem, gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, purché dia conto del proprio esame critico dei predetti elementi e delle ragioni per cui egli li ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura (tra le altre, Sez. 3, n. 35296 del 14/04/2016, Elezi, Rv. 268113 – 01).
Ciò risulta avvenuto nel caso di specie, perché il giudice della misura genetica ha introdotto la sua ricostruzione degli elementi indiziari a carico, individuando il collegamento tra le armi rinvenute e l’indagato, considerando che l’area dove erano occultate le armi è attigua al terreno dell’indagato e, comunque, ricompresa tra il terreno di Mandracchia e una piccola particella confinante col fiume Akragas. Inoltre, il giudice ha valorizzato la circostanza che era stato allestito un vero e proprio passaggio tra il fondo dell’indagato e il luogo di occultamento delle armi e che, dal punto di passaggio al luogo di ritrovamento, era presente un sentiero che appariva battuto e che portava proprio al luogo di occultamento di armi e munizioni.
Infine, il giudice ha valorizzato anche il rinvenimento presso il terreno dell’indagato di un contenitore molto simile ai due utilizzati per custodire le armi e che, presso l’abitazione cittadina dell’indagato, erano state rinvenute due munizioni attestanti la detenzione illecita di munizioni, comunque giungendo a svolgere un conclusivo giudizio in base al quale reputare tali convergenti elementi conducenti verso la sussistenza della gravità indiziaria in ordine all’attività di custodia di un vero e proprio arsenale.
Non è, quindi, mancato un autonomo momento valutativo degli elementi rappresentati dall’accusa da parte del Giudice delle indagini preliminari, il quale si è limitato a richiamare gli elementi fattuali indicati dal pubblico ministero, dando poi conto delle ragioni per le quali essi integravano un quadro indiziar connotato dalla gravità richiesta ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen.
Ben poteva, dunque, il Tribunale, come ha fatto, integrare la motivazione posta a fondamento del provvedimento genetico con le ulteriori argomentazioni con le quali ha fornito adeguata e coerente risposta alle deduzioni difens prospettate con la richiesta di riesame.
Del resto, è noto che l’ordinanza del Tribunale del riesame di conferma del provvedimento cautelare non richiede, a pena di nullità, l’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari in quanto tale requisito è previsto dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l’equidistanza tra l’organo requirente che ha formulato la richiesta e l’organo giudicante (tra le altre, Sez. 6, n. 1016 del 22/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278122 – 01, che in motivazione ha precisato che, con riferimento ai provvedimenti cautelari diversi dall’ordinanza genetica ex art. 292, cod. proc. pen., possono farsi valere unicamente i vizi della motivazione o la motivazione assente o apparente).
Allo stesso modo, riguarda solo l’ordinanza genetica la nullità prevista dall’art. 292, comma 2, lett. c-bis) cod. proc. pen. per omessa considerazione degli elementi forniti dalla difesa.
2.2. Del pari infondate sono le censure in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.
La motivazione del provvedimento impugnato, infatti, con i riferimenti alle modalità di conservazione delle armi (occultate in due bidoni nel fondo attiguo a quello di proprietà del ricorrente, in un punto immediatamente e facilmente raggiungibile solo dalla proprietà dell’indagato, anche in virtù dell’apertura della recinzione e del frigorifero posto a mo’ di gradino), al reperimento di due cartucce nell’abitazione del ricorrente e, anche, di un barile del medesimo colorce e con caratteristiche analoghe a quelle degli altri due in un magazzino nei pressi dell’abitazione rurale (cfr. pagine da 4 a 6 del provvedimento impugnato), risulta logica e coerente e, avendo fornito ampia risposta RIle censure esposte nell’atto di riesame, non è sindacabile in questa sede.
Nel secondo e terzo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, 274, 275 e 292, comma 2, lett. c), c-bis, cod. proc. pen, con riferimento alle esigenze cautelari. e alla richiesta di sostituzione della misura con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto elettronico.
Le doglianze sono manifestamente infondate.
3.1. È noto che in materia di provvedimenti cautelari, il controllo di legittimità, oltre a non investire la revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende oggetto di indagini (ivi compreso lo spessore degli indizi), n investe neppure la rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure, trattandosi apprezzamenti di merito, restando circoscritto all’esame del contenuto dell’at impugnato per verificare la correttezza delle ragioni giuridiche che lo han
determinato e della qualificazione giuridica attribuita ai fatti, nonché l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni del provvedimento (Sez. Un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885).
In tale prospettiva, si osserva che la motivazione offerta non è manifestamente illogica, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica quanto alla convergenza dei plurimi indizi valorizzati, né contraddittoria o incompatibile con gli atti del processo.
Le esigenze cautelari ex art. 274 lett. c) cod. proc. pen. debbono reputarsi, anzi, addirittura conclamate, alla luce dei profili fattuali di cui il Tribunale ha dato conto, non senza aggiungere come i medesimi valgano senz’altro ad integrare il richiesto requisito della “concretezza”, da interpretarsi correttamente alla luce di quanto emerge dai passaggi argomentativi della motivazione della sentenza n. 20769 del 28 aprile 2016 delle Sezioni Unite di questa Corte, laddove si è evidenziato come gli “indici rivelatori” da prendere in esame, ai fini della verifica della reale sussistenza del requisito in questione – come pure di quello, formalmente distinto, della “attualità” – sono da individuarsi nelle “specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato”, così ancorandosi ad un giudizio prognostico che il Tribunale del riesame, lungi dall’aver eluso, ha puntualmente eseguito.
Altrettanto dicasi per i profili di critica che investono la pretesa violazione dei principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dei quali quello del “minor sacrificio necessario” non è altro che la declinazione, che si risolvono nell’astratta enunciazione dei principi medesimi, del tutto avulsa da qualsivoglia doveroso confronto con la realtà della presente vicenda processuale.
In questo caso, infatti, la descritta condotta consistita nel rinvenimento di un vero e proprio arsenale (cfr. pag, 8 e seguenti dell’ordinanza impugnata), in uno alla personalità dell’indagato (indicato come gravato da precedenti, anche se non specifici, per furto e abuso edilizio, denunciato in data 23 novembre 2024 per riciclaggio, perché trovato in possesso della somma di 120.000€ in contanti mentre viaggiava in auto in compagnia di NOME COGNOME sottoposto a fermo per delitto emesso dalla DDA di Palermo, nonché soggetto in contatto con NOME COGNOME e NOME COGNOME destinatari di provvedimento di fermo, sulla base di elementi indiziari raccolti in altro procedimento pendente dinanzi alla Procura della Repubblica DDA presso il Tribunale di Palermo), valgono a significare all’evidenza – così come opinato dal Tribunale – l’inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari, pure se disposta con il controllo a distanza a evitare il pericolo di recidiva per fatti commessi proprio in luoghi prossimi a quelli di dimora dell’indagato (cfr. pag. 9 e seguenti del provvedimento impugnato).
2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 maggio 2025
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Il Consigli e stensore
Il Presidente